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IL CINEMA CONTEMPORANEO
I media
• Si diffonde il nuovo linguaggio digitale, e la nuova grammatica del network. Questi
ridefiniscono i concetti di informazione e conoscenza. Cresce l’importanza dell’individuo,
ora in grado di agire nel “cyberspazio”.
• La rivoluzione digitale si afferma a fine anni 90, ed è guidata da quattro fenomeni: la
diffusione mondiale di un nuovo medium – Internet – dal 2000, la digitalizzazione di tutti i
tipi di informazione (la loro rappresentazione numerica in sequenze di 0 e 1),
potenziamento e semplificazione dei software (Facebook nel 2004) e lo sviluppo
tecnologico degli hard-ware (laptop, tablet…).
• L’esito di questi processi è la convergenza dei media. La disponibilità di un unico
linguaggio (la codifica digitale) per rappresentare informazioni di tipo diverso, permette un
livello di integrazione tra codici diversi.
• La nuova idea di medium è che nessun linguaggio aderisce a una soltanto di esse: posso
guardare un film non solo al cinema o in tv, ma anche sul computer, sul tablet, tecnologie
mobili e multifunzionali. I contenuti sono quindi liberi di migrare da un supporto all’altro, ne
consegue un fenomeno di rilocazione mediale.
• Nasce anche un nuovo spettatore, che può appropriarsi del contenuto, consumarlo nei
media environments che preferisce, organizzando in modo personalizzato i contenuti.
Prima ad esempio potevo vedere una serie tv in base ad appuntamenti fissi, ora posso
vederla in streaming.
• Le tre caratteristiche del nuovo consumatore sono la personalizzazione del consumo, la
competenza tecnologica e l’interattività. Il “ricettore” può diventare produttore di contenuti
(come con Youtube, che riunisce iniziative create dall’audience) e può interagire e
partecipare alla produzione di contenuti. I vecchi consumatori erano considerati soggetti
passivi, i nuovi sono soggetti attivi.
• C’è un dialogo tra i media, in cui ogni medium influenza un altro e viceversa, creando una
rete di intermedialità.
• I linguaggi associati ai singoli media subiscono fenomeni di fusione semantica e
riorganizzazione sintattica: ci sono linguaggi che accomunano più media, non c’è un modo
specifico in cui ogni linguaggio deve presentarsi, ma tutto è possibile.
Il cinema in discussione
• Nasce una riflessione ontologica sul cinema a causa del processo di perdita di identità dei
media. La discussione è causata da questo “allarmismo”: la rivoluzione digitale mette in
discussione alcune caratteristiche del cinema. Il ruolo del cinema (mezzo di
intrattenimento, dialogo con la realtà, testimone di processi storici) sembra essere
indebolito o in parte trasferito ad altri media.
• Un altro cambiamento è il passaggio da procedure analogiche (uso della pellicola) e
digitali. La procedura analogica è basata su un rapporto di dipendenza del dispositivo
cinematografico da una realtà effettiva posta davanti alla macchina da presa. Con il digitale
invece il cinema si trasforma in un’arte virtuale, una ripresa non impressa in fotogramma su
una striscia di pellicola, ma codificata in una sequenza numerica. Inoltre nasce anche la
possibilità di realizzare film dal computer.
• Il cinema si sottopone a una “deterritorializzazione” in cui si passa da cinema al
cinematografico, quindi un insieme di elementi ancora riferibili a un modo cinematografico
dell’immagine, ma non più dipendenti da un ambiente mediale specifico. Secondo la
posizione di Lev Manovich il cinema è stato un modello per i media, possiamo infatti notare
l’approccio cinematografico al mondo. La conseguenza è una seconda giovinezza del
cinema, non più visto come dispositivo specifico per produrre un film, ma come linguaggio
comune e familiare.
Esperienza, dispositivo, discorso
• L’idea di esperienza, data da un’audience creativa e performativa, è la moltiplicazione dei
luoghi e momenti in cui possiamo vedere un film. Questa non preclude il rinnovarsi di
un’esperienza pienamente cinematografica.
• L’idea del dispositivo nella relazione tra testo e spettatore è sottovalutata. Per dispositivo
intendiamo una specifica modalità di esposizione fondata sulla compresenza di un film e
uno spettatore fisicamente e psichicamente orientato a guardare una proiezione. Eppure il
cinema riesce ancora oggi a esercitare i suoi “compiti” di soddisfare lo spettatore, fargli
sperimentare mondi che non conosce, dargli un pensiero critico sul mondo contemporaneo.
• Il cinema dà un’esperienza diversa rispetto ai nuovi media. Alla leggerezza e
all’astrazione digitale si oppone il peso del cinema del suo durare, la densità dei suoi
racconti, la successione temporale: il cinema è un’esperienza partecipativa che mobilita le
facoltà psichiche, cognitive, corporee, emotive dello spettatore.
• Il cinema è parte del contemporaneo ma non vi appartiene fino in fondo, non vi si
confonde: c’è una leggera sfasatura tra i due che permette però al cinema di accogliere il
contemporaneo, metabolizzarne le caratteristiche. Rimane tuttavia l’unico mezzo in cui c’è
un rapporto attivo tra spettatore, immagine e realtà.
I caratteri del cinema contemporaneo
• Il digitale causa cambiamenti che si percuotono sul piano della forma filmica. Il digitale
però non è l’elemento caratterizzante del cinema contemporaneo, ma solo un mezzo a cui
si deve aggiungere la capacità del cinema di essere contemporaneo e di raccontare e
elaborare l’universo sociale che lo circonda, tramite usi particolari grazie alle potenzialità
tecnologiche e digitali.
• Nasce un dibattito internazionale che vede scontrarsi due modelli di esperienza e
rappresentazione della realtà: uno segnato dalla tecnologia, l’altro che prevede un ritorno
della storia. Si ripercuote nella scissione di una cittadinanza digitale e una cittadinanza
effettiva, tra dimensione virtuale e reale. Si sviluppano due modi di produzione: uno che
enfatizza il ruolo della tecnologia, l’altro che riafferma un contatto immediato con la realtà,
quindi un realismo basato sul principio dell’attrazione e un altro sui principi dell’attenzione.
In entrambi i casi lo scopo è afferrare un reale autentico, contemporaneo.
Società digitale
• Si diffonde il cinema supereroico (Spider-Man, Iron Man, Superman) a evidenziare il ruolo
che ha assunto la tecnologia: quello di modellare, agli occhi dello spettatore, una vera e
propria esperienza digitale. La logica del blockbuster è ora quella di creare mondi e
esperienze in cui la progettazione informatica ha un ruolo di permanente trasformazione
della realtà. In questi film l’archetipo è il passaggio da una condizione di vita normale e
quotidiana a una “super” (ampliamento delle facoltà ordinarie grazie a protesi,
travestimenti, modificazioni genetiche). La digitalizzazione ha il ruolo di potenziare la realtà
e crearne un suo doppio virtuale. Si accentua la dimensione attrazionale, a discapito della
concretezza, della consequenzialità narrativa. Protagonista di questo cinema è uno
sguardo digitale, in cui l’identificazione dello spettatore. Rispetto alla continuità queesto è
un regime di postcontinuità.
• Il contrasto tra vita analogica e digitale è tema di Oblivion di Joseph Kosinski: l’ultimo
abitante della Terra, Jack Harper, è nostalgico nell’immaginare di dover lasciare il pianeta.
Ha ricordi visivi che si accendono in modo intermittente (ricorda la preapocalisse a New
York, una donna, una felicità vaga) e ricordi tattili in forma di archivio analogico (in un
angolo che solo lui conosce c’è la musica in LP , le fotografie, oggetti veri e concreti). A un
passato di concretezza e calore si contrappone un nuovo mondo dove tutto è messo in
discussione, anche l’originalità e l’identità della sua persona (scoprirà di essere “nessuno,
un clone infinitamente ripetuto). I temi sono l’animazione digitale della realtà, l’autenticità
dell’esperienza e della memoria, l’analisi di un reale tecnologico che “elimina” l’umano.
• David Lynch in L’impero della mente mostra apertamente che il film è stato girato in
digitale, quindi vuole sfruttare la risorsa estetica dell’immagine digitale, che rappresenta un
filtro, un medium, un veicolo dello sguardo, quindi un modo nuovo di guardare. Nell’estetica
digitale si mischiano realtà, allucinazione, sogno ecc. Nel piano stilistico dell’estetica
digitale abbiamo in alcuni film la coabitazione di diversi formati di immagine che svalutano
la profondità e la prospettiva. Il linguaggio nuovo è aperto e deformato, più fragile per
quanto riguarda i criteri di spazio e tempo. Il cinema contemporaneo sembra essere in
grado di elaborare un discorso che testimonia questo aggiornamento tecnologico e
esprimere un pensiero legato a questa società digitale.
Di fronte alla realtà
• Accanto al cinema digitale si sviluppa un movimento parallelo e opposto, analogico: vuole
riaffermare il legame tra cinema e realtà, un cinema che testimonia la concretezza e
l’immanenza del reale. Una sorta di realismo attivo che vuole far sentire la realtà e renderci
sensibili nei suoi confronti. Questo realismo è inaugurato dallo shock storico dell’attentato
alle Torri gemelle. Molti registi danesi firmano il manifesto
Dogma95, movimento che mira alla ricerca della realtà. Si diffonde un cinema
dell’accadere, come quello di Dancer in the Dark di Lars von Trier, dove la videocamera
insegue l’azione, passando da un’angolazione a un’altra, a inquadrature vuote e confuse,
tagli che rendono la dinamica dell’accadere, del presente. Non si tratta di riprese amatoriali
o improvvisate, ma della tecnologia con il preciso ruolo di essere reale, impressionare lo
spettatore.
• Nasce il CCC, Contemporary Contemplative Cinema, lontano dai modelli classici si
concentra nell’incontro tra lo sguardo e la realtà. Figura emblematica è quella di Gus Van
Sant, influenzato dal regista ungherese Béla Tarr nella tetralogia della morte – Gerry,
Elephant, Last Days, Paranoid Park. In Gerry la rappresentazione vuole cogliere
intensivamente lo scorrere del tempo e i corpi in movimento. I due Gerry protagonisti
camminano, corrono, si dividono, si ritrovano. L’altro corpo presente è quello della natura
(vento, sabbia, nuvole). Il film è un’avventura del corpo in movimento nel te