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DEFICIT PRIMARIO NELLA RELAZIONE INTERPERSONALE

La prospettiva del deficit primario nella relazione interpersonale elaborata da Hobson (1990, 1993), sostiene che i bambini con autismo non siano in grado di percepire le espressioni delle emozioni di chi si prende cura di loro. L'autore ritiene che i bambini autistici falliscano in questa competenza che si acquisisce attraverso l'esperienza in relazioni con gli altri e che quindi non imparino a riconoscere e a manifestare gli stati mentali ed emotivi osservando gli adulti e condividendo con loro tali pensieri ed emozioni.

Il bambino nasce con una sorta di deficit a livello biologico di non riuscire a capire l'altro; c'è poca capacità imitativa, che significa anche non riuscire a introiettare il tipo di emozione. Il disturbo è innato.

Hobson (1990, 1993) ha proposto l'ipotesi che il deficit sociale nell'autismo potrebbe essere dovuto al fallimento del meccanismo della relazione.

interpersonale. L'autore sostiene che fin dalla nascita i bambini siano coinvolti in relazioni di reciprocità con gli altri, rese possibili dalla capacità dei bambini stessi di percepire le espressioni delle emozioni di chi si prende cura di loro (tali vissuti emotionali sarebbero percepiti "direttamente" dai bambini e sarebbero alla base della loro possibilità di utilizzare le espressioni facciali dell'adulto per comprendere la natura degli eventi nuovi); è attraverso i primi rapporti che questi riconoscono che le altre persone hanno un proprio orientamento nei confronti del mondo e che le situazioni possono essere percepite e vissute diversamente. In particolare, l'autore ipotizza che la conoscenza e la comprensione delle persone si acquisiscono attraverso l'esperienza di relazioni con gli altri e che quindi il bambino impara a riconoscere e a manifestare gli stati mentali ed emotivi, osservando gli adulti e condividendo con loro.

tali pensieri ed emozioni. La capacità degli esseri umani di comprendere e intuire gli stati emozionali delle persone sembrerebbe strettamente collegata a un meccanismo innato che permette e favorisce i contatti relazionali con le persone; nell'autismo si sarebbe perso un aspetto fondamentale di ciò che è biologicamente determinato per avere una coordinazione intersoggettiva con gli altri, per acquisire il sapere sulle altre persone e comprenderne gli stati mentali. Hobson sostiene che sia la produzione di richieste gestuali, sia il riferimento sociale, sarebbero all'origine della capacità di interpretare la realtà dal punto di vista degli altri e di attuare giochi di finzione; il fatto che il bambino autistico non sia in grado di comprendere gli stati mentali e di attuare giochi di finzione sarebbe la conseguenza dell'incapacità di comprendere e rispondere alle emozioni degli altri. Tale mancanza di attenzione verso le persone e verso

Il loro mondo interiore di rappresentazioni è parte dell'incapacità specifica dell'autismo di instaurare rapporti e di identificarsi con gli altri, oltre che di riconoscere l'intenzionalità della comunicazione.

Hobson ha suggerito che le persone con autismo siano deficitarie nello sviluppare le più alte funzioni cognitive: difficoltà strettamente collegata alla loro incapacità di coinvolgimento non soltanto nei confronti delle altre persone, ma anche nei confronti di sé stessi in quanto individui; alla base di tali carenze e di tali deficit ci sarebbero appunto un'estrema carenza e un'assoluta atipicità a carico dell'abilità di relazionarsi a livello interpersonale.

DEFICIT DELLE FUNZIONI ESECUTIVE PROGRAMMATORIE

Le ipotesi di un deficit delle funzioni esecutive programmatorie, di monitoraggio dell'azione e delle sue conseguenze, avvicina l'autismo alle sindromi dei lobi frontali.

In questo modello il disturbo neuropsicologico di base (dal quale secondariamente deriverebbe il deficit di teoria della mente) intralcerebbe l'organizzazione e la percezione dell'esperienza interumana come insieme strutturato e coerente di comportamenti orientati ad uno scopo (non essere in grado di pianificare le azioni e renderle automatiche). Disorganizzazione a livello mentale per raggiungere uno scopo: ragazzi con autismo con rigidità comportamentale e affrontano la situazione alla stessa maniera. Viene intaccata la seconda parte della diade, ovvero i comportamenti. Un disturbo a livello delle funzioni esecutive può essere alla base dei molti sintomi dell'autismo. Le funzioni esecutive consistono in una serie di operazioni mediate dai lobi frontali, che consentono il controllo volontario del comportamento cognitivo e motorio; fra queste troviamo la capacità di programmare il compito intenzionale, l'inibizione delle risposte automatiche, ilfamiliare). In questo caso, il controllo volontario richiede un maggiore sforzo cognitivo e può essere influenzato da fattori come la motivazione, l'attenzione e la capacità di pianificazione. L'assetto mentale è quindi un processo complesso che coinvolge sia il controllo automatico che quello volontario. Entrambi sono importanti per il funzionamento efficace del nostro pensiero e delle nostre azioni. È interessante notare che l'assetto mentale può variare da individuo a individuo e può essere influenzato da fattori come l'età, l'esperienza e la personalità. Alcune persone possono essere più abili nel mantenere un assetto mentale flessibile, mentre altre possono essere più rigide nel loro modo di pensare e agire. In conclusione, l'assetto mentale è un processo fondamentale per il nostro funzionamento cognitivo e comportamentale. È importante sviluppare la capacità di mantenere un assetto mentale flessibile e adattabile, in modo da poter affrontare con successo le sfide e le novità che la vita ci presenta.conosciuta); questi processi assolvono allafunzione di assicurare il massimo di flessibilità al comportamento, che altrimenti sarebbe limitato ad attivitàstereotipate, e permettono di interrompere e correggere sequenze di azioni già avviate.Gran parte di questi fenomeni sono attribuiti all'attività di un sistema centrale il cui substrato riguarda soprattutto ilobi frontali (sistema che viene chiamato in modo diverso a seconda degli autori es. sistema operativo, sistemasupervisore, esecutivo centrale e processore centrale.I deficit delle funzioni di controllo si riscontrano in individui che hanno subito danni ai lobi frontali e riguardano unadisintegrazione del comportamento organizzato con ripetizione afinalistica di movimenti e parole, la difficoltà adinibire risposte note, la ripetizione inappropriata di precedenti pensieri o azioni, la ridotta capacità di pianificareazioni efficaci al raggiungimento di scopi personali.Alcuni aspettidell'autismo ricordano i deficit della funzione esecutiva che seguono un danno frontale. Il comportamento delle persone autistiche, infatti, appare spesso rigido ed inflessibile: molti bambini autistici sono angosciati ad ogni modificazione dell'ambiente e insistono a seguire la loro routine in maniera ossessiva, tendono a concentrare l'attenzione su aspetti minimali e a dar vita a comportamenti stereotipati, possono essere impulsivi e avere difficoltà a ritardare o inibire le risposte. Alcuni individui autistici possiedono ampia memoria meccanica, ma non accennano ad utilizzare in maniera funzionale questa capacità. Sembrano esistere, quindi, una serie di analogie a livello comportamentale fra deficit prefrontali e autismo. Questa ipotesi è stata testata in varie sperimentazioni nelle quali sono stati sottoposti soggetti autistici alle due prove classiche della funzione esecutiva: il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) e la Torre di Hanoi. Nel WCST aivengono presentati una serie di su cui vi sono delle configurazioni che variano per, e . Il compito consiste nel raggruppare i cartoncini in sulla base di una certa (es. secondo il colore); quando la regola è acquisita, viene cambiata e quando anche questa nuova regola viene appresa viene cambiata e così via fino a dividere i cartoncini in base a sei regole diverse. I soggetti normali possono imparare ad eseguire questo compito abbastanza agevolmente, mentre quelli con disturbi delle imparano di solito la prima regola, ma non sono capaci di sfuggirle e la maggior parte dei loro errori sono basate su di essa. Nella prova denominata i soggetti si trovano di fronte a tre aste verticali nelle quali sono collocati vari circolari di dimensione diverse. I soggetti sono invitati a riprodurre la configurazione che viene loro mostrata, spostando i dischi con il minor numero.

di mosse possibile: il compito richiede l'abilità di pianificare prima le conseguenze che si verranno a determinare ad ogni spostamento dei dischi. L'utilizzo di questi compiti con soggetti autistici con buone capacità (ad "alta funzionalità") ha dato riscontri univoci: adulti, adolescenti e bambini hanno mostrato costanti carenze a livello di funzioni esecutive.

In sintesi, da diversi studi sembrerebbe emergere una possibile spiegazione dell'autismo facendo riferimento ad una disfunzione a livello prefrontale, in grado di intaccare in maniera consistente le funzioni esecutive, ma tale ipotesi esplicativa necessita sicuramente di altre prove a sostegno. Come sottolinea la stessa Ozonoff, che ne è una delle sostenitrici più convinte, ci sarebbero dei limiti di spessore assolutamente non trascurabile che dovranno essere affrontati e chiariti: la maggior parte dei bambini con lesioni prefrontali precoci non risulta affetta anche da

autismo; alcune abilità che nei bambini autistici non risultano danneggiate, dovrebbero invece esserlo pensando rigidamente ad una lesione prefrontale; le disfunzioni cognitive del lobo frontale non sono specifiche dell'autismo, ma riguardano anche altre sindromi. Ozonoff ipotizza due possibili spiegazioni: la lesione frontale può essere considerata una condizione importante, ma non sufficiente, per lo sviluppo dell'autismo, forse perché affinché la sindrome si manifesti è necessaria la presenza di altri deficit cognitivi o disfunzioni neurologiche; la seconda spiegazione fa riferimento al concetto stesso di funzione esecutiva, nella cui definizione vengono compresi numerosi comportamenti di controllo (pianificare, organizzare, sostenere l'attenzione, auto-controllarsi, avere flessibilità cognitiva…), quindi è ragionevole pensare che nell'autismo solo un sottogruppo di queste abilità sia carente.

DEFICIT DI

COERENZA CENTRALE Il deficit di coerenza centrale (Frith 1989; Happé 2001) ipotizza una difficoltà nelle operazioni di "sintesi" e integrazione dell'informazione e delle sue componenti cognitive ed affettive, "prerequisito" anch'esso dello sviluppo di capacità di teoria della mente.
Dettagli
A.A. 2019-2020
31 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lauracapodimonte98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dell'educazione per l'handicap e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Cottini Lucio.