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Le piastrinopenie e le loro cause

Le piastrinopenie possono essere dovute a diminuita produzione o maturazione (basti pensare alla deficienza di trombopoietina, il principale fattore di crescita e maturazione per la piastrinopoiesi) oppure ad aumentata distruzione o perdita. Queste ultime sono facilmente dimostrabili perché l'emivita delle piastrine marcate è diminuita mentre a livello midollare il numero dei megacariociti tende ad aumentare per un meccanismo di compenso da liberazione di trombopoietina. I principali meccanismi di distruzione sono di carattere immuni o tossici.

La trombocitopenia autoimmune o porpora trombocitopenica autoimmune, ad esempio, è dovuta a una risposta immune di tipo anticorpale contro gli antigeni piastrinici. Se gli autoanticorpi sono in grado di fissare il complemento, questo viene attivato e si ha la lisi delle piastrine; se invece gli autoanticorpi sono incompleti, e cioè incapaci di attivare il complemento, allora essi si legano alla membrana plasmatica.

piastrinica e per opsonizzazione stimolano la fagocitosi da parte di macrofagi, epatici e splenici soprattutto. Da qui l'eventuale splenomegalia e l'effetto benefico dell'asplenectomia. Può anche accadere che la piastrinopenia sia provocata da farmaci. In questo caso il farmaco agisce da aptene e si lega direttamente a una proteina piastrinica inducendo una risposta immune o si lega ad una proteina plasmatica inducendo la formazione di anticorpi. In questo secondo caso alla piastrina si lega direttamente l'immunocomplesso originato. Per ultimo, si può avere piastrinopenia da alterata distribuzione nell'organismo. Si tratta di una falsa piastrinopenia visto che le piastrine vengono normalmente prodotte e sono normali nella funzione, non vengono distrutte, né perdute per emorragia. Funzionalmente tuttavia queste sono vere piastrinopenie visto che le piastrine non si trovano nella giusta quantità dove esse necessitano.

3) La coagulazione è

L'attivazione sequenziale a cascata di una serie di proteasi plasmatiche è un processo fondamentale per la coagulazione del sangue. I fattori della coagulazione sono proteine che circolano nel sangue o sono legate a cellule in forma inattiva. Quando vengono attivate, molte di esse mostrano un'azione proteasica. La loro sintesi avviene a livello epatico e per alcune proteine necessita della vitamina K, in una delle sue due forme. La vitamina K1 si ritrova nei cibi, mentre la vitamina K2 viene sintetizzata dai batteri intestinali.

I fattori della coagulazione agiscono in sequenza nell'ambito di due sistemi: il sistema intrinseco, che inizia con l'attivazione del fattore XII di Hageman e i cui componenti sono presenti tutti nel sangue; il sistema estrinseco, al quale partecipano componenti di derivazione esterna al sangue, provenienti dal tessuto danneggiato, che inizia con l'attivazione del fattore VII.

Entrambi i sistemi si concludono con l'attivazione del fattore X, che agisce sulla protrombina formando la trombina, la quale a sua volta converte il fibrinogeno in fibrina, dando origine alla formazione del coagulo.

Quale a sua volta catalizza la trasformazione del fibrinogeno in monomeri di fibrina. Per finire, questi ultimi vengono polimerizzati e stabilizzati dal fattore XIII attivato.

La coagulazione viene controllata attraverso due principali meccanismi. Il primo è rappresentato dalla fibrinolisi, un processo proteasico che permette l'eliminazione del coagulo e che comprende diversi componenti:

  • Il plasminogeno, il substrato da cui origina la plasmina che degrada progressivamente la fibrina in vari frammenti. Si formano così fibrinopeptidi che, immessi in circolo, hanno azione chemiotattica per macrofagi, neutrofili e altri leucociti.
  • Gli attivatori del plasminogeno.
  • Gli inibitori degli attivatori del plasminogeno (PAI-1 e PAI-2).

L'altro sistema di controllo è costituito dagli specifici inibitori delle serin-proteasi della coagulazione, chiamati serpine. La più importante tra queste è l'antitrombina III (AT-III), che agisce soprattutto sulla trombina.

Nella sua azione sulla trombina, però, l'AT-III da sola risulta poco efficiente e lenta; mentre legata all'eparina eventualmente presente nel sangue, è in grado di inattivare rapidamente il sito attivo della trombina. Detto questo possiamo descrivere le varie malattie dipendenti da alterazioni della coagulazione.
  1. Deficienze genetiche della sintesi delle proteine coagulative. La sintesi delle proteine della coagulazione è controllata da geni non associati tra loro, per lo più localizzati in cromosomi diversi. Pertanto le eventuali deficienze si presentano isolate e solo raramente associate. Eccetto che nel caso del fattore VIII e del fattore IX i cui geni sono situati all'estremo telomerico del braccio lungo del cromosoma X, gli altri geni si ritrovano su cromosomi autosomici.
  2. L'emofilia A è la più comune malattia emorragica genetica ed è caratterizzata dalla deficienza del fattore VIII, deficienza che può essere...

Completa o parziale. In alcuni casi, la proteina F.VIII può essere presente in concentrazioni normali, ma ciononostante risulta inattiva per mutazioni in siti cruciali per la sua funzione. L'emofilia A, che clinicamente è indistinguibile dall'emofilia B, viene trasmessa dal cromosoma X come carattere recessivo, per cui nella femmina eterozigote non si manifesta la malattia, che però viene trasmessa al 50% della prole.

L'EMOFILIA B è una malattia emorragica nella quale manca l'attività del fattore IX. Sia nell'emofilia A che nell'emofilia B, l'alterazione della sequenza coagulativa si manifesta per la mancata attivazione del fattore X e quindi per il blocco del sistema intrinseco. Risulta invece normalmente attivato il sistema estrinseco.

Deficienze acquisite della sintesi delle proteine coagulative. Sono malattie che nella maggior parte dei casi riguardano la cellula epatica e le sue capacità sintetiche.

Possono essere dovute allamancanza della vitamina K che, a sua volta, può essere dovuta sia a carenze alimentari sia adeficiente produzione della vit.K2 da parte della flora batterica intestinale, come si verifica nel corso4di prolungate terapie antibiotiche. La carenza di vitamina K rende inattivo l'enzima carbossilasiepatica, necessario per rendere funzionali i fattori coagulativi.In altre circostanze, le malattie emorragiche possono essere indotte da sostanze anticoagulanti.Nelle terapie anticoagulanti, si utilizzano soprattutto due classi di farmaci. I composti cumarinici(warfarina) che hanno azione antagonista alla vitamina K con la quale competono a livello dellacarbossilasi, inattivandola; l'eparina, un mucopolisaccaride carico negativamente, presente neigranuli dei mastociti e dei basofili, che si lega da una parte all'Antitrombina III circolante,potenziandone l'azione, e dall'altra alla membrana delle cellule endoteliali. Mentre

L'aspirina è un antiaggregante, WARFARINA E EPARINA SONO ANTICOAGULANTI.

Coagulazione intravascolare disseminata. È una sindrome caratterizzata da un quadro clinico-polimorfo e contraddittorio, con sintomi ora prevalentemente emorragici, ora trombotici, a seconda dei distretti considerati. Infatti, se prevale l'attivazione dei processi di coagulazione e appare modesta la produzione di plasmina, il quadro clinico prevalente sarà quello di una malattia trombotica disseminata; se invece prevale l'attività del sistema fibrinolitico, si manifestera una sindrome emorragica. Il paziente può arrivare a morte sia nell'uno che nell'altro caso.

Esistono numerose condizioni che scatenano questa sindrome. Tutte comunque hanno in comune un esteso danno tissutale ed endoteliale ed emolisi, con attivazione generalizzata del sistema della coagulazione e della fibrinolisi, con aumento del contenuto plasmatico sia di trombina che di plasmina.

In questa situazione, sia il fibrinogeno che la fibrina vanno incontro a digestione enzimatica. La diminuzione del fibrinogeno plasmatico e la presenza di fibrinopeptidi hanno valore patognomico per la diagnosi di tale sindrome.

TROMBOSI

La trombosi è un'inopportuna attivazione intravasale dell'emostasi che dà luogo alla formazione di una massa semisolida, detta trombo, costituita da cellule e fibrina. Il trombo, visualizzabile con TAC e ecografia, macroscopicamente presenta una testa, che è il punto di attacco all'endotelio danneggiato e che è costituita essenzialmente da piastrine e fibrina, un corpo, nelle vene prevalentemente rosso e nelle arterie prevalentemente piastrinico, ed una coda, costituita da fibrina e globuli rossi nei trombi venosi. Il trombo riduce o ostruisce del tutto il lume di un vaso, producendo nei tessuti da questo irrorati alterazioni cellulari di varia gravità, conseguenti all'anossia, fino alla necrosi.

flusso sanguigno. La trombosi può essere arteriosa e venosa. La trombosi arteriosa è legata soprattutto all'alta incidenza dell'aterosclerosi ed è la forma più grave. Basti pensare all'infarto del miocardio, trombosi delle arterie coronariche, e all'ictus cerebrale, trombosi delle arterie cerebrali. La trombosi venosa, invece, non presenta la gravità clinica di quella arteriosa, sia per la minore importanza nutritiva del sangue venoso sia per la facilità dello stabilirsi di circoli collaterali che evitano o rendono meno grave l'ischemia. La morte dell'individuo, tuttavia, può aversi in questi casi per la complicanza embolica. Il destino del trombo dipende dalla sua costituzione e dalla sede e va incontro ad almeno tre diversi destini. 1. Lisi con ripristino del flusso (riperfusione). 2. Occlusione definitiva con organizzazione in cicatrice. 3. Organizzazione con formazione di nuovi vasi che ricanalizzano il vaso e ripristinano il flusso sanguigno.flusso ematico. Le complicazioni principali della trombosi sono due:
  1. L'occlusione del vaso che provoca l'arresto totale o parziale dell'afflusso del sangue e quindi dell'ossigeno ai tessuti irrorati da quel vaso. Se quel vaso è funzionalmente terminale e non vi sono possibilità di attivare circoli collaterali, il tessuto va in necrosi (infarto). Se invece l'occlusione è parziale o vi sono circoli collaterali che parzialmente irrorano il tessuto, questo subisce danni più o meno gravi.
  2. L'embolia. Con tale termine si intende il distacco e/o la frammentazione del trombo con formazione di emboli. Questi potranno ostruire i vasi, in particolare quelli della microcircolazione, situati a distanza dalla sede di formazione del trombo, e provocare danni ai tessuti da questi irrorati.
Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, va detto che nella trombosi arteriosa assumono un ruolo molto più rilevante i farmaci.Gli antiaggreganti piastrinici sono farmaci utilizzati per prevenire la formazione di coaguli di sangue nelle arterie. Nella trombosi venosa, invece, il trattamento più efficace è l'eparina. La rimozione meccanica del trombo può essere effettuata mediante catetere.
Dettagli
A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze mediche MED/15 Malattie del sangue

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nunziagranieri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ematologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Cagliari o del prof La Nasa Giorgio.