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Elephant, film del 2003 che vede alla regia Gus Van Sant, è ispirato a un

reale fatto di cronaca avvenuto nel liceo Columbine nello stato del

Colorado nel 1999, quando due studenti in cerca di divertimento

massacrarono 12 studenti e 1 professore, oltre che provocare diversi

feriti. Il massacro è tutt’oggi ricordato come uno dei massacri più feroci

avvenuti nelle scuole americane.

La pellicola di Van Sant è preceduta nel 2002 dal documentario di Michael

Moor che tratta dello stesso massacro. Moor si sofferma sul tema

dell’America violenta e sulla facilità di procurarsi armi da fuoco, Van Sant

invece con Elephant affronta questioni molto più complesse.

Van Sant è molto vago nella collocazione spazio temporale della trama:

l’ambientazione è anonima, un tipico liceo americano come tanti altri,

non ci sono elementi evidenti riconducibili al liceo Columbine; il massacro

avviene in un giorno qualunque, un giorno come tanti altri pieno di azioni

quotidiane dei ragazzi. Questi elementi sono la volontà del regista di

consegnare l’evento al nulla in cui si radica e di sottrarsi a spiegazioni di

stampo sociologico e psicologico, cosa che avviene in maniera dominante

nella ricostruzione del massacro. Tutti i personaggi principali vengono

presentati da un cartello dove ci viene indicato il loro nome. Ci troviamo

di fronte quindi a diverse tipologie di ragazzi: troviamo quello

appassionato di sport, la ragazza introversa un po' imbranata, le ragazze

“popolari” della scuola incentrate sul loro aspetto fisico e sul gossip

liceale, il ragazzo appassionato di fotografia, ecc. ecc., e infine i due autori

del massacro, che vengono descritti e rappresentati come due ragazzi

normali, senza evidenziare i loro problemi psichici. Solo successivamente

si va a indagare sul perché della loro orrida azione. Veniamo, quindi, posti

di fronte a delle possibili motivazioni, nessuna però indagata fino in

fondo. Il bullismo, videogiochi violenti, l’omosessualità, una famiglia non

molto presente nella vita dei ragazzi; motivazioni che comunque non

giustificano un gesto di questa portata, ma alimentano un ciclo molto più

complesso.

Notiamo anche una dura critica alla società americana: Van Sant

evidenzia e mette in scena la facilità di un cittadino americano di

procurarsi armi da fuoco, e la rappresenta in maniera del tutto normale,

come comprare comprare del pane per esempio.

Per quanto riguarda la produzione del film, il regista ha impiegato attori

non professionisti. Ragazzi normali che si sono presentati ai casting, e

scelti in base alla loro storia personale. Il film è quasi tutto improvvisato

dai ragazzi, non c’è una sceneggiatura di base, ma solo improvvisazione.

Tutto ciò per dare maggiore realismo alla storia. Viene parecchio utilizzata

la telecamera a mano, che permette al regista di seguire i personaggi

lasciati liveri a vagare e ripresi in lunghi piani sequenza.

Il film è organizzato su diversi schemi di replica modulare: è pieno di rime,

di richiami interni, di varianti di un’identica scena, che producono una

fitta rete di intrecci.

Ogni scena, che viene preceduta da un cartello con i nomi dei personaggi,

anticipa un’altra scena non per forza successiva a quella data. È un

sistema di rinvii, e solo l’incrocio tra i personaggi consente allo spettatore

di fissare dei punti di sincronia che permettono di riordinare gli eventi.

Il film viene dichiarato uno dei migliori film del Duemila dai critici del

Chaiers du Cinema. Si portò a casa nel 2003, quando venne presentato al

festival di Cannes, la Palma d’oro come miglior film e anche il premio al

miglior regista. Paranoid Park

Paranoid Park, dodicesimo film di Gus Van Sant, è tratto dal romanzo

omonimo di Blake Nelson. Il film viene realizzato dopo la parentesi della

trilogia della morte (Gerry, incentrato su due amici che si perdono nel

deserto, Elephant, sul massacro del liceo di Columbine in Colorado, e Last

Days, sulla morte del cantante dei Nirvana Kurt Cobain).

La pellicola viene ambientata a Portland in Oregon, città a lui molto cara

in cui vive da molti anni e dove diede inizio alla sua carriera

cinematografica.

Paranoid Park è il nome che gli abitanti di Portland danno a O’Bryant

Square, un parco della città frequentato dagli ultimi della società. Blake

nel suo romanzo lo fa diventare il luogo di aggregazione per gli amanti

dello skatebord.

Gus Van Sant per l’adattamento cinematografico del romanzo rimane

abbastanza fedele alla trama, cambia però la struttura temporale del

racconto.

Come in Elephant ci troviamo nuovamente di fronte al mondo

adolescenziale. Se nel romanzo l’incidente viene rivelato sin dall’inizio, il

regista aspetta quasi la metà del film per evidenziarci l’accaduto. Si tratta,

quindi, di un disordine temporale voluto rispetto a quanto accade nel

libro. Il film è segmentato in due: una prima parte vediamo il giovane

protagonista Alex alle prese con l’angoscia intento a raccontare i fatti

accaduti, e una seconda parte dove si tenta di colmare i vuoti del

racconto. Tuttavia non ci è dato sapere come finirà la storia, in quanto il

film termina lasciando lo spettatore con molti interrogativi in sospeso.

Il film, come nel romanzo, è raccontato il prima persona dal protagonista

Alex tramite una lettera, spinto a scriverla dall’amica Macy, in modo da

liverarsi dall’angoscia che lo pervade.

Dettagli
Publisher
A.A. 2016-2017
4 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Alee.Co di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Analisi del film e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Minuz Andrea.