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L'altra origine è l'astinenza dei capitalisti. Sia il lavoro che il capitale contribuiscono alla
produzione del valore. Il salario remunera chi impiega il proprio lavoro fisico nella produzione,
mentre il profitto remunera l'astinenza di chi ha anticipato il capitale.
Qualunque sia l’interpretazione, si ritiene comunemente che Mill non sia un filosofo morale molto
sistematico. In modo particolare, come sostiene Brink, la teoria morale di Mill è generalmente
ritenuta molto incoerente, almeno in due modi. Innanzitutto è considerata altamente incoerente la
sua versione di utilitarismo, perché è la sua dottrina dei “piaceri più alti” che sembra anti-edonista.
Il secondo motivo è che, la sua forte difesa della libertà individuale sembra incoerente con la sua
difesa dell’utilitarismo, per la semplice ragione che l’utilitarismo non può adattarsi ai diritti morali e
politici. Secondo Brink è più semplice ammettere che egli accetti una versione massimizzata e
familiare dell’utilitarismo dell’atto, secondo cui un atto è giusto o obbligatorio nel caso in cui le sue
conseguenze per il benessere umano siano almeno altrettanto buone come ogni altro atto disponibile
all’agente.
Un altro problema è legato alle opinioni valutative di Mill e al loro effetto sul suo utilitarismo. Di
solito si pensa che Mill assuma una concezione soggettiva della felicità o del benessere, in cui il
benessere o la felicità di una persona consistono in modo importante da alcuni dei suoi stati
psicologici contingenti. Quando introduce l'utilitarismo, sembra chiaramente sostenere l'edonismo e
l’affermazione che la felicità consiste in piacevoli stati o sensazioni mentali. Tuttavia, egli fa anche
affermazioni che sembrano implicare una teoria del soddisfacimento del desiderio o della
soddisfazione delle preferenze, che fa dipendere la felicità di una persona da ciò che vuole e
consiste nella soddisfazione dei suoi desideri o preferenze. Nell’Utilitarismo, collega il valore più
alto con le preferenze dei giudici competenti, e prende il desiderio come una prova di desiderabilità
o di valore.
Al contrario, Mill ha una teoria oggettiva della felicità o del benessere, se afferma che la felicità o il
benessere consistono nel possesso di certi tratti caratteriali, nell'esercizio di certe capacità e nello
sviluppo di certe relazioni con gli altri e nel mondo, e che il valore di questi tratti, attività e
relazioni, sono indipendenti dalla quantità di piacere che producono. Una lettura di alcuni dei testi
di Mill suggerisce un'interpretazione oggettiva della sua concezione della felicità. Perché la sua
versione dell'utilitarismo si basa su una concezione della felicità appropriata per gli esseri
progressivi, in cui l'esercizio delle proprie facoltà superiori sembra essere una componente
dominante.
L’edonismo afferma che il piacere è il bene e che il dolore è il male, implica, inoltre, che lo stato
mentale del piacere è l’unica cosa che ha un valore intrinseco. Ne consegue che, le azioni, le attività
e così via, possono avere solo valore intrinseco e che il loro valore dipende interamente dalla
quantità di piacere che producono. Un’attività è più preziosa di un’altra se e solo se produce una
maggiore quantità di piacere rispetto ad un’altra. Risulta quindi (sostiene Brink) che, gli
inseguimenti intellettuali, come notò Bentham, non sono intrinsecamente più preziosi degli
inseguimenti voluttuosi. Nel difendere il valore dei piaceri più alti, Mill, nel II capitolo
dell’Utilitarismo, respinge queste affermazioni edonistiche. Egli concorda sul fatto che i primi
producono una maggiore quantità di piacere, e quindi sono estrinsecamente più preziosi, ma insiste
anche sul fatto che il maggior valore dei piaceri intellettuali può e dovrebbe essere messo su un
piano più sicuro. Egli è convinto che nella natura umana, la capacità di nutrire sentimenti più nobili
è il più delle volte una pianta molto tenera, che muore facilmente, uccisa non soltanto da influenze
ostili, ma anche solo dalla mancanza di sostentamento. Gli uomini perdono le loro aspirazioni più
alte, così come perdono i loro gusti intellettuali, perché non hanno tempo per dedicarvisi, o perché
l’ambiente sociale li ha inseriti in quella determinata posizione, o vi si trovano a causa della loro
occupazione. Pertanto è facile concedersi ai piaceri inferiori, non perché deliberatamente gli uomini
li preferiscano, ma perché sono gli unici di cui riescono a godere, o gli unici a cui hanno accesso. È
indubbio, poi, secondo Mill, che l’essere fornito di scarse capacità di godimento ha maggiori
probabilità di appagarle pienamente; mentre un essere altamente dotato sentirà sempre come
imperfetta qualsiasi felicità possa inseguire.
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