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OM O OM OM OM
O
M M
Il rapporto BM /D rappresenta la propensione del pubblico a detenere scorte di
p
moneta legale rispetto ai depositi bancari, mentre il rapporto RB/D rappresenta
la misura delle scorte in base monetaria detenute dalle banche. Se si indicano
tali rapporti rispettivamente con p e b, la formula diventa:
OM = BM [(p+1)/(p+b)]
la quale indica che OM è direttamente proporzionale alla BM e ad un termine,
quello tra parentesi, che dipende dal livello della propensione di liquidità del
pubblico e delle banche. Questo termine è comunemente denominato moltipli-
catore e rappresenta un elemento importante negli interventi della Banca cen-
trale ai fini del controllo dell’offerta di moneta. Il processo di moltiplicazione si
mantiene stabile se non cambiano le propensioni per la liquidità del pubblico e
delle banche (quindi se i coefficienti p e b sono stabili). Inoltre sappiamo anche
che il livello p è influenzato principalmente dal rendimento degli impieghi al-
ternativi alla moneta legale (tasso di interesse sui depositi) e dall’efficienza dei
meccanismi operativi del sistema dei pagamenti (diffusione delle carte di credi-
to); mentre il coefficiente b dipende dal costo della detenzione delle riserve
bancarie.
Gli strumenti di controllo dell’offerta di base monetaria adottati dalla BCE so-
no due:
• le operazioni di mercato aperto, ossia operazioni di pronti contro termi-
ne (con effetti temporanei) in cui la banca è acquirente di titoli a pronti
quando vuole immettere BM e venditore quando la vuole ridurre; in altri
casi si tratta di operazioni di acquisto o vendita a titolo definitivo, che
comportano quindi una correzione permanente nella base monetaria;
• le operazioni su iniziativa delle controparti, ossia operazioni di finan-
ziamento marginale o di deposito marginale di durata overnight (con sca-
denza a 24 ore) e con frequenza a discrezione delle controparti; esse con-
sentono alle singole banche di risolvere rispettivamente momentanee ca-
renze/eccessi di BM evitando che gli squilibri si traducano in eccessiva
volatilità dei tassi interbancari.
Ogni banca deve poi garantire sistematicamente la propria capacità di far fronte
a tutte le richieste di pagamento delle controparti, detenendo scorte monetarie
adeguate rispetto alle previsioni di fabbisogno, e cioè di deficit di liquidità gene-
rati da temporanei surplus di uscite sulle entrate. Pertanto le scorte monetarie
detenute per motivi operativi costituiscono una parte delle RB considerate nel
moltiplicatore; l’altra parte di domanda di BM è data dalla riserva di liquidità
obbligatoria, ossia da un vincolo di riserva minima che le banche devono dete-
nere presso la BCN in una determinata percentuale delle passività, con durata
inferiore ai 2 anni. Storicamente la riserva obbligatoria è nata come strumento
di tutela dei depositanti, e poi ha avuto funzione diretta nello schema del con-
trollo monetario. Nello schema del SEBC, ha invece la funzione di creare una
domanda stabile di riserva bancaria.
4. La regolamentazione e la vigilanza del sistema finanzia-
rio
La classificazione degli strumenti di vigilanza più comunemente adottata si
basa sulla natura degli interventi e tiene conto delle finalità cui ogni strumento
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in primis si rivolge. Tale classificazione prevede quattro categorie di strumenti:
• la vigilanza strutturale, che si propone di determinare la configurazione
di mercato più idonea a produrre la migliore combinazione tra dimensio-
ne e mix produttivo dei singoli intermediari e alto grado di soddisfazione
per gli utilizzatori finali. Fondamentalmente, quindi, la vigilanza struttu-
rale si propone di regolare la struttura dell’offerta in un determinato mer-
cato con lo scopo di massimizzare la dialettica competitiva (con il vincolo
di non superare un accettabile livello di instabilità). A tal fine, gli stru-
menti di intervento significativi riguardano: l’entrata nel mercato;
l’assetto organizzativo degli intermediari operanti (operazioni di fusio-
ne, incorporazione, ecc.); la gamma delle attività che può svolgere ciascun
intermediario; gli interventi amministrativi su quantità e prezzi degli in-
termediari;
• la vigilanza prudenziale, costituita da strumenti che assumo la forma di
“criteri di gestione”, ai quali gli intermediari devono attenersi e che sono
finalizzati al controllo e alla delimitazione dei rischi. A differenza degli in-
terventi di natura strutturale, quelli di natura prudenziale evitano di con-
dizionare direttamente il mercato, esprimendo le regole su come si deve
operare nel mercato stesso: si tratta infatti regole oggettive e neutrali, tra-
sparenti e stabilite ex-ante, in modo da essere una forma di incenti-
vo/vincolo per gli intermediari. I principali strumenti di intervento sono:
i coefficienti di bilancio applicati agli intermediari; l’adeguatezza organiz-
zativa con riguardo alla dimensione delle risorse tecniche, manageriali e
professionali, alla presenza di strumenti operativi che consentano il ri-
spetto del principio di indipendenza organizzativa e gestionale, e ai requi-
siti di onorabilità, di competenza e di esperienza;
• la vigilanza informativa (fair play regulation), che comprende tutti gli
strumenti di comunicazione e d’informazione che possono contribuire a
ridurre le asimmetrie informative tipiche dell’attività finanziaria, dalle
quali derivano comportamenti che portano all’impoverimento degli
scambi e quindi al “fallimento del mercato”;
• la vigilanza protettiva, che comprende strumenti per gestire le situazioni
di crisi degli intermediari con l’esigenza di far fronte al principio fonda-
mentale della tutela del risparmiatore. La vigilanza protettiva si riferisce
principalmente a due ambiti di applicazione:
quello destinato alla prevenzione, mediante interventi interni ed
o esterni per evitare che situazioni aziendali di temporanea difficoltà
possano degenerare in uno stato di crisi grave non recuperabile (in-
terventi di rifinanziamento della Banca centrale per affrontare le si-
tuazioni di illiquidità delle banche);
quello che, quando la crisi è irreversibile, provvede alla messa in li-
o quidazione dell’intermediario.
Con il termine ordinamento delle attività finanziarie si intende l’insieme delle
norme volte a disciplinare le attività e le istituzioni dell’intermediazione finan-
ziaria in un dato contesto politico-amministrativo che in genere coincide con lo
Stato, o con un contesto più ampio, come l’UE. In particolare, nel contesto ita-
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liano l’intermediazione finanziaria viene disciplinata per tipologie di attività, ad
ognuna delle quali corrisponde di fatto un ordinamento specifico:
• ordinamento delle attività bancarie e creditizie;
• disciplina dei mercati di strumenti finanziari;
• ordinamento delle attività di gestione dei servizi di investimento;
• ordinamento delle attività di gestione collettiva del risparmio;
• ordinamento dell’attività assicurativa.
1. La banca è definita come l’impresa che è autorizzata all’esercizio
dell’attività bancaria costituita dalla raccolta del risparmio e dall’esercizio
del credito in forma esclusiva. Le banche inoltre esercitano ogni altra attivi-
tà finanziaria in base alla propria disciplina, fatte salve le riserve di attività
previste dalla legge. Con questa esclusione sono esercitabili tutte le attività
ammesse al “mutuo riconoscimento”, e cioè quelle attività che le banche
possono esercitare direttamente o indirettamente in qualsiasi Paese comu-
nitario, in forza dell’autorizzazione ricevuta nel Paese di origine (ne sono un
es.: la raccolta dei depositi, le operazioni di prestito, il leasing finanziario,
ecc.). L’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria viene concessa
dalla Banca d’Italia quando ricorrono determinate condizioni:
• la forma di s.p.a. o di soc. cooperativa per azioni a responsabilità limi-
tata;
• il versamento del capitale minimo richiesto;
• la presentazione del programma concernente l’attività iniziale, con
l’atto costitutivo e lo statuto;
• i requisiti di onorabilità stabiliti per i soci;
• la struttura proprietaria che rispetti i presupposti dell’autorizzabilità;
• i requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti per i soggetti che
svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo.
I modelli organizzativi attraverso i quali viene esercitata l’attività bancaria
sono diversi. Tutti però si possono ricondurre a due modelli base:
• banca universale, ossia un ente creditizio che raccoglie fondi e concede
finanziamenti in ogni forma e con scadenze diverse, opera in tutti i set-
tori del mercato dei capitali e fornisce un’ampia gamma di servizi di
consulenza e d’intermediazione;
• gruppo plurifunzionale, ossia un sistema coordinato di società specia-
lizzate in determinati servizi creditizi e finanziari, governato da una so-
cietà capogruppo che svolge funzioni di pianificazione strategica.
2. La disciplina dei mercati di strumenti finanziari prevede principalmente la
distinzione tra mercati regolamentati e non. Uno dei cambiamenti più im-
portanti avvenuto nel corso degli anni Novanta nell’assetto dei mercati di
strumenti finanziari è stato quello dell’adozione sistematica di forme giuri-
diche, proprietarie e comportamentali di carattere privatistico. In termini
generali le motivazioni di tale cambiamento sono dovute:
• all’intensificazione della competizione sovranazionale sia tra interme-
diari finanziari che tra mercati;
• all’innovazione tecnologica che consente il passaggio dai mercati fisici
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a quelli telematici;
• alla rottura dei confini spaziali che consente ai mercati di competere,
come qualsiasi impresa, su fattori distintivi come la qualità e il costo
dei servizi offerti;
• all’adozione di una visione imprenditoriale in cui prevalgono autono-
mia gestionale ed autoregolamentazione.
Secondo una specifica normativa legislativa, l’organizzazione e la gestione
dei mercati regolamentati ha carattere d’impresa ed è esercitata da società
per azioni anche senza scopo di lucro. La normativa inoltre demanda alla
CONSOB il compito di determinare il capitale minimo delle società di ge-
stione e le attività connesse e strumentali che quest