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Estratto del documento

Nell’ambiente infatti si possono verificare 3 tipi di cambiamenti: cambiamenti chiusi, limitati o

aperti, a seconda del loro discostarsi da dinamiche già presentatesi in passato. Le imprese più

soggette a incertezza sono quelle operanti in ambienti competitivi particolarmente dinamici.

L’ambiguità decisionale è la difficoltà di attribuire dei pesi (delle probabilità) a eventi futuri; è

una conseguenza dell’incertezza. Il sommarsi delle condizioni di incertezza e ambiguità

determina una maggiore avversione a intraprendere iniziative innovative. Incertezza e

ambiguità vanno di pari passo con il dinamismo ambientale. Al contrario la stabilità ambientale

produce un rafforzamento delle imprese esistenti. La flessibilità ex ante si manifesta ove

emerga la facoltà di assumere decisioni strategiche in via anticipata rispetto ai cambiamenti di

scenario attesi. La flessibilità ex post si qualifica come la possibilità di adattare i processi

decisionali alle evoluzioni di contesto. La combinazione di queste due forme di flessibilità

caratterizza imprese capaci di scommettere sugli andamenti futuri del mercato, e di intervenire

a revisione delle strategie adottate, una volta verificati eventuali errori commessi in sede di

pianificazione delle stesse. Capitolo 3, i confini dell’impresa.

Negli ultimi anni si è potuto riscontrare il passaggio da un capitalismo fondato sui mercati, a

uno fondato sulle 16 organizzazioni imprenditoriali. La gran parte della produzione, oggi, viene

svolta all’interno di grandi organizzazioni; i mercati hanno perso la funzione esclusiva di

mediazione dei rapporti tra gli individui, assumendo invece quella più limitata di favorire i

rapporti tra le organizzazioni. L’insieme delle combinazioni produttive che vanno

dall’acquisizione dell’input alla commercializzazione dell’output costituisce il processo

terminale settoriale. Sommando al processo terminale settoriale le combinazioni produttive di

carattere complementare otteniamo il sistema economico settoriale. Nella dottrina si

richiamano spesso i termini di make o buy per indicare le combinazioni produttive che sono

svolte rispettivamente all’interno o all’esterno dei confini dell’impresa. Vi sono diversi approcci

che concorrono a qualificare il confine: un punto essenziale dal quale partire è la

determinazione dell’osservatore rispetto al quale si intendono i concetti di interno al confine, o

esterno al confine. Secondo un approccio il confine dell’impresa si specifica nel punto in cui i

fattori della produzione perdono la loro natura di complesso organizzato e diventano mera

somma di fattori elementari. Oppure il confine viene tracciato secondo la discrezionalità

manageriale, ossia dove il controllo sui fattori elementari della produzione si modifica; finisce la

discrezionalità di un’organizzazione e inizia quella di un’altra. Quando una combinazione è

esterna all’impresa, il coordinamento avviene non per il mezzo dell’autorità ma per il

meccanismo dei prezzi, ossia mediante una transazione condotta sul mercato. Ultimo approccio

si incentra su vincoli e regole, il confine si traccia dove viene rilevata una variazione significativa

nelle regole; quando i fattori elementari della produzione sono soggetti a vincoli e regole che

non sono più espressione dell’impresa, ma di altre entità di contesto. Sintetizzando tutti questi

approcci allora, il confine, una volta determinato un soggetto osservatore, ha natura

tendenziale, non è una linea di demarcazione netta. Il confine tende a diluirsi nella fitta rete di

relazioni dell’impresa con l’ambiente, assumendo forme e contenuti evanescenti. Ecco 17

alcune proposizioni in materia di confini considerate valide dalla teoria ma poi confutate dalla

pratica: - se una combinazione produttiva concorre al vantaggio competitivo dell’impresa,

questa dovrebbe essere collocata necessariamente all’interno dei confini (ma non è necessario

se questa può essere più convenientemente acquisita all’esterno); - collocando alcune

combinazioni produttive all’esterno, l’impresa può economizzare sui costi di produzione (in

realtà vi è solamente un passaggio da make a buy); - attraverso lo svolgimento di combinazioni

produttive all’interno, l’impresa può eliminare il margine di profitto del fornitore (il fornitore in

realtà ha margine di profitto solo se possiede fattori difficilmente imitabili dai competitori); -

Attraverso il make l’impresa sarebbe in grado di limitare gli effetti connessi alla fluttuazione dei

prezzi (l’impresa potrebbe stipulare accordi di lungo termine). In realtà, secondo la dottrina

neo-istituzionale, il criterio di scelta ricade sull’analisi di due fattori principali: il differenziale tra

i benefici netti connessi allo svolgimento di una determinata combinazione produttiva in

un’impresa piuttosto che in un’altra; il differenziale tra i costi di organizzazione tipici

dell’impresa e i costi di transazione connessi all’uso del mercato. Le economie di scala sono

collegate al fenomeno di crescita dei costi meno che proporzionale rispetto all’incremento del

volume produttivo, con conseguente riduzione del costo unitario medio di produzione al

crescere della quantità prodotta. Ma le economie di scala hanno un carattere potenziale, in

quanto necessita di un’espansione della domanda per produrre ricavi. Le fonti che originano le

economie di scala sono i fattori una tantum, fattori indivisibili, legge dei grandi numeri per la

gestione delle scorte, meccanizzazione, aumento del potere di mercato, relazioni area-volumi

(nell’ambito dei grandi impianti industriali, il costo cresce in funzione della superficie

dell’impianto, mentre la scala produttiva cresce in relazione al volume; dunque la crescita dei

costi di produzione per i grandi impianti industriali è meno che 18 proporzionale rispetto alla

variazione del volume produttivo). Le economie di apprendimento sono economie di scala

dinamica, sono collegate alla riduzione dei costi unitari di produzione per effetto della crescita

della produzione cumulata nel corso del tempo. Si raggiunge un’economie di scopo quando la

produzione congiunta di due o più beni implica un costo unitario complessivo inferiore a quello

che si verrebbe a sostenere nel caso di produzione disgiunta dei medesimi beni. Lo svolgimento

all’interno del confine dell’impresa di una determinata combinazione produttiva non

necessariamente genera solo benefici, ma anche costi addizionali rispetto a quelli tipici di

produzione. Questi costi sono denominati costi di organizzazione, e sono da considerare

ulteriori rispetto a quelli strettamente inerenti al processo produttivo. I costi di organizzazione

sono i costi di coordinamento, agenzia e influenza. I costi di coordinamento comprendono gli

sforzi connessi alla gestione delle interdipendenze che caratterizzano una determinata

combinazione produttiva rispetto alle altre aree. L’ampliarsi del confine fa perdere all’impresa il

carattere di specializzazione; i costi di coordinamento sono sempre più elevati all’aumentare

della saturazione delle capacità dei manager. I costi di agenzia sono legati ai potenziali conflitti

d’interesse che possono sorgere in presenza di attività che un manager deve affidare a un terzo

soggetto; sono in pratica i rischi dell’asimmetria informativa tipici del moral hazard, sono gli

sforzi che il delegano deve sostenere per controllare il delegato nello svolgimento di una

determinata attività. I costi di influenza sono invece legati alle attività di rent seeking, ossia a

tutti gli sforzi che i decisori d’impresa attuano nei confronti dei policy makers per promuovere

determinate azioni. Ciò causa un allentamento delle risorse dalle attività produttive, causando

un’inefficienza allocativa. D’altro canto, il ricorso al mercato può dar vita a costi addizionali

rispetto a quelli tipici di produzione. Si parla in questo caso di costi di transazione, e ci si

riferisce nello specifico ai costi derivanti dalla natura specifica del fattore, dalle quasi rendite, e

dalle attività di hold up. I fattori 19 della produzione che hanno natura specifica sono essenziali

in una determinata combinazione produttiva. La natura specifica di un particolare fattore lo

rende difficilmente utilizzabile in altre combinazioni produttive, se non incorrendo in costi assai

rilevanti o in sensibili perdite di benefici. L’impiego di fattori specifici da parte di un’impresa

nella produzione fa emergere le cd quasi rendite. Le quasi rendite sono misurate dalla

differenza tra il valore netto prodotto dai fattori elementari della produzione nelle

combinazioni correnti rispetto al valore netto producibile dagli stessi in usi alternativi. I

problemi dell’old up costringono l’impresa a impiegare fattori, distogliendoli dalle attività di

produzione, per difendere i vantaggi acquisiti, contro le controparti che cercano di appropriarsi

delle quasi rendite. Concludendo, una combinazione produttiva tenderà ad essere

convenientemente svolta all’interno di un’impresa, quando i costi dell’organizzazione sono

inferirono ai costi di transazione, e in aggiunta se i benefici netti offerti dalla combinazione per

l’impresa sono maggiori dei benefici netti potenzialmente generabili dalla stessa combinazione

per altre imprese. Bisogna però anche considerare che portare all’interno dei propri confini una

determinata combinazione produttiva, accresce il potere di mercato dell’impresa, il che gli

consente di acquisire potere contrattuale nei confronti delle altre entità di contesto. Inoltre i

manager dovrebbero includere nelle loro considerazioni anche i costi di adattamento; questi

comprendono gli sforzi che un’impresa deve sostenere ex post per variare il confine, passando

da una configurazione a un’altra. Nella scelta del confine i decisori dell’impresa devono

attentamente considerare non solo la convenienza iniziale, ma anche le implicazioni che una

certa configurazione del confine può esercitare sulla capacità dell’impresa a variarne la sua

estensione sul futuro. La produzione interna, anche se meno conveniente rispetto

all’alternativa di buy, può essere considerata lo stesso conveniente per adattare meglio le

caratteristiche del prodotto considerato al processo produttivo, o per garantirne un flusso che

risponda alle esigenze quali-quantitative dell’impresa. Con 20 riferimento agli aspetti finanziari,

l’integrazione di determinate combinazioni produttive nell’ambito dell’impresa genera

fabbisogni finanziari, spesso di natura durevole, connessi all’acquisizione dei fattori della

produzione. L’estensione

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Publisher
A.A. 2018-2019
28 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher teis di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e gestione delle imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof gatti Corrado.