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Gli emergenti asiatici si sono caratterizzati da ampie trasformazioni strutturali simili a quelle

sperimentate dal Giappone durante la sua fase di “intensa industrializzazione”, riconducibili a wild

geese Flying pattern (ovvero il pattern delle oche volanti). Tale processo è descritto da una precisa

sequenza temporale di cambiamenti strutturali nel corso del processo di industrializzazione che si

sviluppano lungo 3 dimensioni:

1. Intra-industriale: riguarda il ciclo del prodotto all’interno di un’economia che ha

avviato il processo di crescita. Si passa dalla importazione del prodotto alla sua

produzione domestica (contemporanea alla riduzione dell’import) per giungere alla

fase di esportazione, con possibilità di acquisire lo status di esportatore netto;

2. Inter-industriale: riguarda la sequenza della nascita e dello sviluppo di diverse

industrie all’interno dell’economia che ha avviato la crescita secondo un WGFP. La

sequenza, moving up the product ladder, muove dalla produzione di:

a. Beni di consumo verso la produzione di beni capitali;

b. Beni semplici verso la produzione di beni sofisticati.

3. Internazionale: riguarda la divisione internazionale del lavoro e la collocazione di

industrie diverse tra aree avanzate ed emergenti, che sfruttano processi di

adozione di tecnologia di frontiera e di learning by doing.

Man mano che il tempo trascorre si passa da un’industrializzazione che viene prima concentrata

sul piano della produzione più semplice, passando successivamente a beni che richiedono know-

how e tecnologie più complesse. Ciò caratterizza non solo il Giappone negli anni ‘50 ma anche gli

emergenti asiatici.

Man mano che il tempo passa, a seguito di politiche, che vengono adottate da tali paesi si ha uno

spostamento dei vantaggi comparati, e quindi della competitività, con una nuova e diversa

divisione internazionale del lavoro.

o INTERVENTO DEL GOVERNO

Il governo può svolgere un ruolo attivo nello sviluppo, attraverso il processo wild gees Flying

pattern in quanto può consentire:

Diversificazione industriale;

 Industrial upgrading, ovvero man mano che il tempo passa ci si sposta verso

 produzioni che hanno una maggiore qualità.

Attraverso: 1. L’eliminazione/riduzione di elevati costi di transazione, fallimenti di coordinamento,

esternalità negative:

Mediante la creazione di infrastrutture materiali e legali, supporti logistici e

 anche mantenimento di cambio reale deprezzato (Krugman), purché

attuato da economia a reddito medio-basso;

2. Creazione di condizioni favorevoli al conseguimento di un vantaggio comparato

(altrimenti latente):

Mediante definizione di specifiche politiche industriali (targeted industrial

 policies) e attuazione di politiche di protezione, anche temporanee.

In tal modo diventa possibile far emergere i vantaggi comparati latenti (legati alle dotazioni fattoriali

esistenti nel momento in cui viene avviato l’intervento) che ai prezzi e alle condizioni di business

esistenti non si potrebbero esplicare. Si tratta quindi di quei vantaggi comparati che ci sono

all’interno di un’economia ma che non possono esprimersi senza gli interventi dei punti 1 e 2.

A.15

B.1. (3 punti). All’interno dei paesi emergenti le imprese multinazionali non hanno alcun incentivo

a effettuare Investimenti Diretti Esteri nel settore dei servizi.

FALSO.

Gli investimenti diretti esteri entrano ed escono dal paese, quindi si parla di

:

Investimenti diretti esteri in entrata : si tratta di un processo di multinazionalizzazione

 passiva;

Investimenti diretti esteri in uscita : si tratta di un processo di multinazionalizzazione attiva.

 Se considerassimo insieme Hong

Kong e la Cina, quest’ultimo

sarebbe il paese con il più elevato

valore di IDE, ma Hong Kong viene

considerata ancora oggi una

regione amministrativa speciale.

La più grande economia, che ancora oggi riceve il più grande flusso di investimenti diretti

esteri è rappresentata dagli USA ma seguono poi 5 paesi emergenti (Cina, Russia, Hong

Kong (Cina), Brasile, Singapore).

Perché entrano tanti investimenti diretti esteri all’interno delle economie emergenti?

I flussi di FDIs all’interno delle economie emergenti sono dovuti alla realizzazione di:

Questi tre punti rappresentano

anche le tipologie di IDE che ci

possono essere.

1. Resource seeking FDIs (si cercano risorse naturali): ci sono molte economie

emergenti che sono ricche di risorse naturali;

2. Market-seeking FDI (HFDI): si tratta degli investimenti diretti

esteri orizzontali;

3. Efficiency-seeking FDI (VFDI): si tratta degli investimenti diretti esterni verticali.

A.3 (8 punti) Commentate il significato della seguente tabella che presenta il valore delle

esportazioni, del valore aggiunto unitario e del valore aggiunto complessivo con riferimento a due

categorie di prodotti high-tech fabbricati in Cina, alla luce delle informazioni contenute nel grafico

successivo.

In seguito discutete la seguente affermazione: “ La creazione di reti di produzione globale (global

production networks) ha consentito di delocalizzare in paesi come la Cina lo svolgimento di

operazioni a basso valore aggiunto ”.

Sino a non molti anni orsono buona parte delle esportazioni cinesi, soprattutto quelle

realizzate dal comparto high-tech, come consumer electron ics, erano riconducibili a vendite

su mercati esteri di prodotti che erano processed exports aventi le seguenti

caratteristiche:

Beni realizzati mediante l’assemblaggio di componenti per lo più importate (quindi

esterni all’economia cinese);

Beni prodotti da parte di società con almeno il 25% del capitale di proprietà straniera

(foreign invested enterprises, FIEs).

Le considerazioni fatte sopra permettono di affermare che tutte la maggior parte delle

esportazioni ha come oggetto prodotti che in realtà erano processed exports, ovvero frutto

di un processo di “processazione” riconducibile all’assemblaggio di prodotti che provenivano

da altre economie esterne a quelle cinesi. Molti di questi beni (process export) erano

prodotti da società che avevano almeno il 25% di capitale estero, non erano quindi

necessariamente società cinesi. Tutte le esportazioni che vertono su questa

“processazione”, che per lo più verte sulla fase di assemblaggio (ma non solo) di beni

intermedi sono attività che utilizzano beni intermedi di produzione estera, ovvero importati

da altri paesi.

Quindi le esportazioni rappresentano vendite su mercati esteri di beni, che in realtà sono

processati all’interno delle global value chains, che sono geograficamente disperse

all’interno dell’area del sud-est asiatico, e che sono assemblati in Cina.

Le componenti dei prodotti high-tech sono per lo più provenienti da paesi limitrofi alla Cina,

e ciò coerente col fatto che la gran parte degli input intermedi che vengono utilizzati

all’interno di queste processed exports sono di provenienza asiatica, come ad esempio il

Giappone, la Corea e Taiwan, e solo in parte limitata da USA e Germania.

La cosa interessate è che tali prodotti (high-tech) sono prodotti in Cina mediante lo

svolgimento di attività di assemblaggio e di test di qualità ma la retribuzione del lavoratore

cinese è pari al 2-3% del valore del prodotto finale.

Se fossimo ancora convinti che la retribuzione del lavoratore cinese sia pari al 2-3% del

valore del prodotto finale, si potrebbe pensare che la Cina, da tali investimenti diretti esteri,

guadagni poco.

Dalla tabella si può notare come il valore aggiunto che rimane dentro i confini cinesi è molto

basso rispetto al valore finale del bene, sembrerebbe che la Cina guadagni poco e che i

lavoratori siano sfruttati.

Sembra emergere quindi il ruolo svolto da imprese multinazionali, in grado di:

Veicolare know-how e risorse;

 Frammentare i processi produttivi in fasi che sono gestiti spesso su scala regionale

all’interno delle GVCs regionali;

Produrre beni finali high-tech all’interno di sistemi economici in cui la disponibilità di

competenze high-tech è limitata;

Contribuire in modo limitato alla creazione di valore aggiunto “locale”.

 Mediante lo svolgimento di vertical foreign direct investment in entrata.

Tuttavia così non è, perché le cose stanno cambiando: si stanno effettuando degli

investimenti diretti esteri che stanno alterando la natura dell’attività produttiva

geograficamente frammentata.

“ La creazione di reti di produzione globale (global production networks) ha consentito di

delocalizzare in paesi come la Cina lo svolgimento di operazioni a basso”

In Cina vi era un elevata quantità di forza lavoro (poco qualificata), ecco che questo paese è

stato soggetto ad elevati investimenti esteri di natura verticale, che sono labour intensive.

Man mano che tali investimenti vengono effettuati si generano le cosiddette global value

chain ( reti di produzione globale del valore ).

Ultimamente le multinazionali effettuano sempre investimenti diretti esteri verticali, ma

iniziano a fare anche investimenti diretti esteri orizzontali, perché il mercato cinese sta

iniziando ad essere più ricco, iniziando ad avere un ruolo importante anche dal punto di

vista dei consumatori finali; ecco che si stanno iniziando ad impiantare stabilimenti che

servono a realizzare il prodotto finale e a portarlo sul mercato domestico.

L’incidere della globalizzazione ha mutato radicalmente sia la natura dell’attività produttiva

che il tipo di relazioni commerciali ( second great unbundling ), facilitando la creazione di

global production networks o global supply chain (reti di produzione globale), al cui

centro si trova, nella regione del Far East, la Cina.

Le reti di produzione globale ( global production network o global supply chain ) sono il

risultato degli investimenti diretti esteri verticali e della crescente integrazione

commerciale. Questo evento ha due implicazioni importanti:

1. Il processo produttivo viene frammentato e disperso su base geografica;

2. Il processo produttivo frammentato viene tenuto insieme da una crescente

integrazione commerciale.

I paesi emergenti sono al centro di alcune global value chain , ciò permette di giustificare il

fatto che da alcuni anni a questa parte, gli emergenti iniziano a scambiare sempre più tra di

loro, ma buona parte di tale commercio è legato a scambi di produzioni intermedie, che

stanno dentro alle reti di produzione globale.

Un altro elemento molto importante è stata la presenza di una riduzione dei costi di

comunicazione, che consente di superare il vincolo della contiguità geografica e della

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Publisher
A.A. 2017-2018
115 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/11 Economia degli intermediari finanziari

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher anna221095 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia dei mercati emergenti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Lossani Marco Angelo.