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L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AZIENDE DI CONSUMO FAMILIARE
All’interno delle aziende di consumo familiare, il soggetto istituzionale e il soggetto economico in senso am-
pio sono l’insieme dei membri della famiglia più gli eventuali lavoratori stabili, mentre il soggetto economico
in senso stretto abbiamo stabilito essere i genitori e altri membri adulti strettamente legati al nucleo familiare.
Questo perché i parenti sono da considerarsi portatori di interessi non istituzionali, a meno che non si con-
figurano gruppi economici di aziende familiari (vedremo più avanti).
La governance dell’azienda familiare si presenta in un articolato insieme di decisioni complesse per il loro
significato non solo economico. Ad esempio deve esserci una distribuzione degli impegni di studio e lavoro
tra tutti i membri della famiglia in grado di assumerli. Chi svolge lavoro all’esterno, chi domestico, ma in sin-
tesi si devono compiere scelte in merito ai livelli di consumo e di risparmio, nonché scegliere le modalità con
cui esso debba essere impiegato, tenendo conto degli eventuali rischi, della normativa fiscale ecc… Si pren-
dono anche decisioni in merito al patrimonio da assegnare ai figli nel momento in cui si costituiscono nuove
famiglie.
Le prerogative di governo economico spettano al soggetto economico in senso stretto e proprio per le di-
mensioni di tale soggetto non si costituiscono assemblee all’interno dell’azienda di consumo familiare. Spes-
so il governo economico è delegato al capofamiglia per gli aspetti economici, per esempio alla persona a cui
è intestato il conto corrente bancario, anche se molte altre decisioni vengono prese in forma collegiale.
Abbiamo detto che l’azienda di consumo familiare è l’unica ad esercitare direttamente il governo economico
in quanto al suo interno le decisioni non si realizzano mediante l’attuazione di strutture e di procedure di co-
ordinamento. Il contemperamento degli interessi non è sempre agevole.
L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AZIENDE COMPOSTE PUBBLICHE
Nelle aziende composte pubbliche, sappiamo essere presenti istituti pubblici, tra cui i più importanti sono lo
Stato e le sue articolazioni. Abbiamo definito come soggetto istituzionale e soggetto economico in senso
ampio l’insieme dei cittadini compresi anche i lavoratori nel settore pubblico mentre il soggetto economico in
senso stretto sono tutti i cittadini maggiorenni titolari di diritti politici.
Il fine aziendale delle aziende composte pubbliche è il soddisfacimento dei bisogni pubblici di tutti i membri
della collettività e il soddisfacimento dei bisogni economici dei prestatori di lavoro attraverso la loro remuner-
azione. Anche nell’azienda composta pubblica si possono formare soggetti economici impropri soprattutto
quando diventa uno strumento delle organizzazioni politiche e dei prestatori di lavoro anziché strumento per
realizzare il bene comune della collettività. Essendo al contrario delle famiglia un istituto con un grande
quantitativo di membri, con interesse diversi da loro, risulta complesso esercitare il governo economico. Pro-
prio per il fatto che risulta difficoltoso, le prerogative di governo economico vengono esercitate in via indiretta
per mezzo di di organi collegiali formati da rappresentanti eletti dai cittadini. Tali organi tuttavia non sono solo
organi di governo economico anche perché svolgono prevalentemente compiti di tipo politico e quindi la dis-
tinzione e l’integrazione del ruolo politico ed economico si attua su 2 livelli: A livello della struttura complessi-
va dell’amministrazione pubblica, dove si configurano istituti di vario peso delle finalità economiche e
politiche e a livello di singoli istituti dell’amministrazione pubblica. Qui è importante distinguere gli organi
politici dagli organi della struttura amministrativa. I primi sono composti da persone elette dai cittadini ed es-
primono le proprie preferenze e a cui si richiede la capacità di interpretare le attese della collettività e di ri-
condurle ad un bene comune. I secondi sono i prestatori di lavoro di vari livelli ai quali si richiedono compe-
tenze professionali.
L’ASSETTO ISTITUZIONALE DELLE AZIENDE NON PROFIT
Infine negli istituti non profit il soggetto d’istituto e il soggetto economico in senso ampio possono configurar-
si in maniera differente a seconda della tipologia di ANP, ma in generale si configurano principalmente sotto
associati, lavoratori e donatori degli enti di beneficienza sia pubblici che privati. In realtà abbiamo detto per
convenzione che il soggetto economico in senso stretto è composto dall’insieme delle persone che si sono
associate per dare inizio all’attività dell’ANP, in riferimento alle ANP di autoproduzione sono solo gli associati
perché il loro interesse economico è quello di soddisfare i loro stessi bisogni. Le prerogative di governo eco-
nomico abbiamo detto vengono esercitate in via indiretta tramite gli amministratori degli associati e tendono
a complicarsi sopratutto quando coloro che forniscono i contributi non sono coloro che ricevono i benefici,
come per le filantropiche. E’ opportuno in situazioni di difficoltà affiancare agli organi di amministrazione e di
controllo un Consiglio di garanti, composto da persone che mettono in gioco la propria reputazione come
garanzia della correttezza e dell’equità della gestione.
LA DIMENSIONE AZIENDALE (Unità 11)
LA DIMENSIONE
Alcune combinazioni economiche le prendiamo in analisi nel dettaglio e sono la dimensione, l’estensione
verticale e l’estensione orizzontale.
Alcuni settori infatti si caratterizzano per la presenza di imprese di grandi dimensioni, mentre in altri con-
vivono sia aziende di grandi che piccole dimensioni. Diventa quindi necessario capire quando e perché le
grandi dimensioni sono necessarie per essere efficienti e competitivi.
Per definire le dimensioni d’impresa si utilizzano criteri differenti, riconducibili a due grandi categorie:
- Criteri strutturali, ossia il criterio che osserva un elemento della struttura dell’azienda come il Capitale in-
vestito, la capacità produttiva o il numero dei dipendenti
- Criteri operativi, ossia criteri che esprimono il livello dell’attività svolta, come il fatturato o il volume di pro-
duzione.
Esisterebbe un terzo criterio che però è particolare e non è applicabile a tutte le tipologie di aziende. Questo
criterio è il grado di capitalizzazione di borsa, utilizzato per le società quotate in Borsa ed è un indicatore
misurato dal prodotto tra il numero delle azioni dell’azienda in circolazione e il relativo valore di mercato.
Applicando i diversi criteri si distinguono sostanzialmente 3 dimensioni di aziende: Piccole, Medie e Grandi.
Vi sono però dei limiti nell’applicazione dei vari criteri, il primo riguarda il grado di capitalizzazione di borsa,
che come detto è applicabile solo a determinate società, cioè quelle quotate in Borsa. Inoltre alcuni criteri
come quelli della capacità produttiva e del volume di produzione sono significativi solo a livello di settore.
Nonostante questi limiti ve ne sono altri che sono però limiti della classificazione poiché si tratta di soglie
convenzionali, cioè soglie sulla base delle quali si determina se un’azienda è grande, media o piccola. Infine
si possono avere delle classificazioni relative rispetto al contesto e al criterio utilizzato.
Per comprendere meglio questa classificazione relativa si prende in esame i parametri europei che definis-
cono le dimensioni dell’impresa.
Vengono classificate piccole imprese ad esempio quelle con meno di 50 dipendenti, o che hanno un fatturato
o un attivo annuo inferiore ai 10 milioni di euro. Le imprese con meno di 250 dipendenti sono considerate di
media dimensione o se conseguono un fatturato annuo inferiore ai 50 milioni di euro o un totale attivo inferi-
ore a 43 milioni di euro. Oltre questi parametri sono considerate grandi imprese. Per tanto potrebbe capitare
ad esempio che un impresa abbia 260 dipendenti e che quindi secondo quest’analisi dovrebbe considerarsi
di grande dimensione, ma consegue un fatturato annuo di 40 milioni di euro, e quindi da considerarsi come
media impresa.
Si preferisce quindi di solito anziché classificare le dimensioni aziendali secondo criteri quantitativi, utilizzare
criteri qualitativi.
Un criterio qualitativo viene introdotto da Drucker che afferma che la piccola impresa è una realtà dove il
proprietario conosce tutti i suoi dipendenti e quindi riesce ad instaurare al meglio le relazioni con
esse e a soddisfare in modo equilibrato le loro richieste.
Sul piano organizzativo si valuta il cosiddetto accentramento decisionale, dove nella piccola impresa il pro-
prietario prende tutte o quasi le decisioni. Infine viene valutata la cosiddetta despecializzazione organizzativa
molto forte nelle aziende di medio-grande dimensione, dove viene costruito un modello di ripartizione dei
compiti, che prevede come abbiamo visto, l’assegnazione di poteri decisionali e funzioni direttive a diversi
organi. Nell’impresa individuale invece sappiamo che le decisioni fondamentali vengono prese dall’imprendi-
tore stesso.
LE IMPRESE LABOUR E CAPITAL INTENSIVE
Esiste poi un altro criterio qualitativo di classificazione delle aziende, che però non riguarda la dimensione
aziendale, ma riguarda la prevalenza del fattore capitale o del fattore lavoro all’interno della sua struttura
produttiva. Tuttavia il concetto di Capitale qui è diverso da quello che abbiamo sempre utilizzato. Qui capi-
tale è inteso come concetto di capitale fisso, ossia il capitale riferito a una specifica categoria di investimen-
to: le immobilizzazioni materiali.
Come si misura quindi la prevalenza di uno dei due fattori? Si confrontano i costi del capitale fisso con i costi
del lavoro all’interno della struttura dei costi dell’impresa. A primo impatto verrebbe da dire che sono più cos-
tose le immobilizzazioni materiali e quindi il capitale fisso. Vero, ma ricordiamo che si tratta di investimenti in
atto, intesi come Costi pluriennali. Quindi i costi che vengono confrontati sono quelli imputabili all’esercizio in
corso. In particolare il Costo del capitale fisso viene calcolato prendendo in considerazione le quote di am-
mortamento più il costo sostenuto per le manutenzioni e le relative svalutazioni, che ne diminuiscono l’utilità.
Si confronta quindi questo ammontare di costi d’esercizio che compongono il capitale fisso, con i costi d’es-
ercizio relativi al fattore del lavoro, ossia l’ammontare dei salari e degli stipendi maggiorati degli eventuali
oneri sociali.
Quindi, secondo quanto detto, un’azienda si definisce Capital Intensive, quando all’interno della struttura
dei cos