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–PUNTO VENDITA
Cosa significa segmentare il mercato? Significa mappare, suddividere in gruppi di (potenziali)
consumatori, ben identificati ma all’interno omogenei. Questi gruppi devono possedere:
-diverse caratteristiche
-un diverso comportamento d’acquisto
-bisogni diversi
Al fine di raggruppare i consumatori in segmenti che differiscono chiaramente l’uno dall’altro, ma
che, allo stesso tempo, mostrino una grande omogeneità all’interno dello stesso gruppo. Per far si
che l’azienda sia in grado di servire in maniera efficace ed efficiente, e con il giusto prodotto, i
segmenti individuati, selezionati, pur in presenza di un mercato vasto ed eterogeneo.
Per individuare correttamente i segmenti di mercato su cui operare e conseguentemente
sviluppare opportune strategie di marketing, l’azienda deve svolgere un’approfondita analisi del
consumatore. Le basi (o
criteri) di segmentazione:
-geografiche
-socio- demografiche: età, sesso, reddito, occupazione, titolo di studio, livello di istruzione, numero
di componenti in famiglia, religione: classe sociale, stato di vita.
-psicografiche
-comportamentali: momento di svago, momento di istruzione… sono i vantaggi ricercati (qualità
prezzo) atteggiamento (positivo, negativo) consapevolezza (informato, disinformato) fedeltà alla
marca. Ci sono clienti fedelissimi, fedeli tiepidi, fedeli mutevoli (spaziano nel marcato) e incostanti (
che cambiano). Più un bene è di largo consumo e costa poco e più è
difficile fidelizzare il cliente, mentre se costa di più si tende ad essere fedeli al prodotto (es.
automibile).
Dopo di che si sceglie il targhet. Riguarda la valutazione dell’attrattività di ciascun segmento e la
successiva selazione di quello/quelli da servire. Per scegliere correttamente il targhet oltre a una
profonda comprensione del consumatore, è necessario analizzare l’ambiente competitivo per
comprendere il livello di differenziazione esistente sul mercato e come agiscono i competitor.
Il posizionamento del prodotto risponde a 3 domande:
-chi sono i consumatori cui mi rivolgo?
-qual è l’insieme dei bisogni che il prodotto soddisfa?
-perché il mio prodotto è la scelta migliore per soddisfare quei bisogni.
A seconda dei segmenti a cui sono interessate le imprese produttrici possono scegliere fra le
seguenti tipologie di marketing:
-marketing di massa
-marketing segmentato o differenziato
-marketing concentrato su un solo segmento
-marketing di nicchia (specifico targhet di mercato).
Una strategia di marketing è composta da diversi elementi collegati tra di loro:
prodotto/mercato,
prezzo (quali prezzi per quei prodotti? Con quali sconti? Con quali offerte promozionali?),
distribuzione: quale canale (ingresso, dettaglio, franchising), con quale rete
comunicazione: quali canali (strumenti), con quale strategia (pull:pressione sul cliente, push:
pressione sul rivenditore).
L’ORGANIZZAZIONE, il braccio della realtà aziendale. È un area funzionale che si
occupa della messa in ordine e della gestione del personale, quindi in poche parole definisce in
modo chiaro ed esplicito chi fa cosa e come va fatto. Il compito dell’organizzazione è di dividere le
attività e assegnare i compiti (tramite un processo di specializzazione) e poi riaggregandoli
coordinandoli. Quindi la funzione organizzazione e gestione delle risorse umane ha il ruolo di
occuparsi della risorsa lavoro che sempre più assume un ruolo critico all’interno del sistema
aziendale , al pari delle risorse tecnologiche e finanziarie; infatti il vantaggio competitivo di
un’azienda è costruito anche e soprattutto sulle persone che ne fanno parte.
Capiamo innanzitutto l’EVOLUZIONE. Nella storia del management i principi per organizzare
azioni, strumenti e risorse hanno subito notevoli mutamenti, il pensiero organizzativo si è evoluto.
1- partiamo da una scuola classica, o scientific management o TAYLORISMO, sviluppatasi alla fine
‘800 inizi ‘900, ha come obbiettivo una maggiore razionalizzazione dell’organizzazione del lavoro. I
principi cardine di tale scuola possono essere così riassunti:
-il lavoro esecutivo deve avere compiti semplici e ripetitivi;
-il lavoro direzionale deve essere specializzato per funzioni;
-la divisione del lavoro deve essere netta sia a livello orizzontale che verticale;
-il coordinamento avviene su base gerarchica.
Tale scuola di pensiero pone l’attenzione più sull’organizzazione del lavoro esecutivo che su
quello direzionale, e al fine di garantire la massima efficienza all’interno dell’azienda, dichiara
l’esistenza di principi universalmente validi, trascurando gli aspetti pscico-sociologici.
2- la situazione cambia agli inizi degli anni ’30, quando si inizia a considerare l’essere umano come
tale e non come macchina da lavoro. Subentra la SCUOLA COMPORTAMENTISTA, che pone
l’accento sugli aspetti sociologici e psicologici del lavoro. I principali filoni che caratterizzano tale
teoria sono la SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE (sottolinea l’importanza dei gruppi informali) e
la SCUOLA MOTIVAZIONALE (che analizza la motivazione individuale e invita l’azienda a
stimolare il lavoratore. Iniziano inoltre ad esserci i primi scioperi. Inizia ad affermarsi il contrasto tra
proprietà e dipendente. Negli anni ’50 l’Italia è stracciata dal dopoguerra e si afferma l’INDIRIZZO
delle scelte del MANAGMENT, dove qualunque decisione che deve essere presa deve avvenire
dopo un processo decisorio ben ponderato, in questo processo si inseriscono i MANEGER.
3- abbiamo negli anni’60 la ripresa economica, succede però che all’esterno la fame era passata,
grazie al cd. Boom economico. Inoltre il tasso di scolarizzazione sta aumentando, arrivando alla
licenza media, fino ad arrivare al famoso ’68 con LA CONTESTAZIONE, dove è presente la
contrapposizione tra destra e sinistra (politicamente) e dal punto di vista sociale, operai e
imprenditori. Siamo nel periodo delle BRIGATE ROSSE.
4-A partire dagli anni ’70 si sviluppa l’APPROCCIO SISTEMICO O CONTINGENCY, che fa
dipendere la scelta delle variabili organizzative da una serie di fattori contingenti, in modo che le
scelte organizzative siano coerenti con fattori come la strategia competitiva, la tecnologia… Tale
approccio considera l’azienda come un sistema aperto ai condizionamenti ambientali, dove gli
elementi che la compongono sono strettamente interrelati: ad ogni cambiamento dell’ambiente
esterno corrisponde una variazione o un adattamento della struttura organizzativa, portando così
ad un processo di riorganizzazione. In anni precedenti, vari filoni di studio hanno dato risalto a temi
disparati di organizzazione aziendale, senza costruire veri e propri nuovi “modelli”. L’approccio
contingency è la grande contestazione che si porta in azienda, attribuendo garanzie ulteriori ai
lavoratori.
5-negli anni ’80 si ebbe un ulteriore evoluzione, è la c.d. fase degli HIPPY, DI MEDIASET. Si da un
grande peso al MANAGER, meno peso alla sostanza (natura dell’output) e si cerca di capire se
per poter portare a casa un output è meglio fabbricarlo all’interno o all’esterno. La dicotomia è
quella del MACK ORBICKE. La pubblicità televisiva diventa il massico appile sul custumer
(sottovalutando la qualità del prodotto). Si ebbe a questo punto uno SCONTRO: le nostre
azienda, a natura famigliare non ben strutturata, senza avere una vera innovazione, si trovano
davanti a una realtà industriale completamente diversa, il GIAPPONE (con toyota, sony, onda,
mitshubisci). Questa realtà ha massacrato la nostra azienda perché in tempi brevissimi immetteva
nel mercato molti prodotti simili ma diversi tra loro, il cd. TIME TO MARKET. Questo portò difficoltà
alle nostre aziende e ai punti di forza delle nostre aziende.
6-negli anni ’90 si ebbe una crisi, più strutturata di quella di oggi:
-avevamo sovrastrutture a più livelli (quindi non ci eravamo sganciati completamente dal concetto
taylorista);
-si allungavano i tempi di risposta de mercato;
-le aziende pensano al cd. BUSINESS PROGEST INGENERING (subentra l’approccio per
processi, rendendo più flessibile l’azienda);
-l’intervento fu di dare alla LINE più responsabilità, più deleghe, più autonomia per risolvere i
problemi , la cd. LINE PRODUCTION.
7- OGGI abbiamo delle aziende con strutture rigide, gerarchiche e ancora radicate. Negli ultimi
anni le nostre imprese stanno applicando la LINE PRODUCTION.
L’ORGANIZZAZIONE è la modalità dell’azienda. Le variabili organizzative sono modalità di
organizzazione del fattore lavoro, tese ad influenzare positivamente il comportamento dei soggetti
aziendali verso la generazione dei risultati auspicati. Le tipologie delle variabili organizzative sono:
-LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA (esplicata da una fotografia, l’ORGANIGRAMMA);
-I MECCANISMI OPERATIVI;
-LO STILE DI DIREZIONE (modus operandi dell’azienda).
–LA CULTURA AZIENDALE (sistema di principi e valori in un sistema aziendale ).
LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA, variabile definita per due aspetti:
-divisione del lavoro (approccio molto tayloristico);
-coordinare le attività e dei soggetti .
le caratteristiche di questi due aspetti sono: la specializzazione, il coordinamento (fatto dal cotch,
punto cardine)e il decentramento decisionale (essere in grado di affidare a ciascun soggetto un
autonomia decisionale anche minima). In pratica si tratta di formalizzare la struttura, divisa in tre
elementi: -gli organi dell’azienda;
-funzioni assegnate agli organi;
-le relazioni che si istituiscono fra gli organi nello svolgimento delle funzioni assegnate.
Nonostante ogni azienda abbia una propria struttura organizzativa a seconda di tali caratteri,
è possibile individuare alcuni schemi-base di struttura organizzativa e senza pretese di
completezza, possiamo dividere le macro strutture:
a. STRUTTURA PLURIFUNZIONALE
b. STRUTTURA MULTIDIVISIONALE
c. STRUTTURA A MATRICE
d. STRUTTURA IBRIDA
La STRUTTURA PLURIFUNZIONALE è caratterizzata dalla presenza di tre livelli base:
-il vertice aziendale, che ha il compito di gestire l’azienda nel suo insieme ;
-le direzioni funzionali, ciascuna delle quali che si preoccupa della gestione di una specifica
funzione; - le unità operative, con compiti tipicamente esecutivi.
La struttura semplice ha dei punti di FORZA e punti di DEBOLEZZA.
I PUNTI DI FORZA di tale struttura si riscontrano:
-nella possibilità di praticare economie di scala all’interno delle unità funzionali (efficienza);
- nello sviluppo di conoscenze e capacità tecniche approf