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ECONOMIE DI SCALA
E’ una riduzione di costo medio unitario che si ottiene installando e utilizzando una capacità
produttiva maggiore.
Esempio: aula di università. Sia che ci siano 100 o 200 persone, alcuni elementi rimangono
invariati, come la lavagna e la cattedra (ne serve comunque solo 1 e quindi il costo è invariato);
bisogna raddoppiare solo lo spazio dei banchi; inoltre la superficie dell’aula non va raddoppiata,
aumenta solo un po’. La riduzione di costo (differenza di costo medio unitario) che si ottiene deriva
dal fatto di aver raddoppiato la capacità produttiva, quindi è un’economia di scala.
Le economie di scala derivano dal fatto che si installa una capacità produttiva più alta.
Calcolo delle EDS: richiede il confronto tra due diverse capacità produttive, ipotizzando per
entrambe lo stesso grado di utilizzo.
Il modo per ridurre il costo medio unitario deriva dal fatto che ci sono costi che non vengono
raddoppiati, anche se il numero di pezzi raddoppia.
Fonti delle economie di scala :
5 ragioni per cui al raddoppio della capacità produttiva alcuni costi non raddoppiano
1. indivisibilità di alcuni componenti: alcuni componenti non possono essere ridotti come
dimensioni al di sotto di una scala minima. Cioè alcune operazioni possono essere svolte
efficientemente solo con una certa dimensione. Ad esempio quando si comprano dei
macchinari, il loro costo non cambia, sia che vengano usati tanto o poco.
2. maggiore produttività degli input per effetto della specializzazione: al crescere della dimensione
aziendale si possono specializzare le risorse (sia umane sia tecniche). Le risorse specializzate
permettono di ottenere un risparmio di costi.
3. proprietà geometriche dei contenitori: riferito ad aziende che usano depositi per la propria
produzione. La capacità è proporzionale al volume, e non alla superficie, dei contenitori. I
contenitori hanno un costo; il costo del volume non cresce in modo proporzionale all’aumento
del volume del cubo. Più sono grande e ho capacità produttive elevate, più riesco a ottenere
risparmi di costo.
4. maggiore efficienza degli impianti di maggiori dimensioni: molti impianti presentano
miglioramenti di efficienza all’aumentare della propria potenza.
5. minori costi unitari di acquisto: legato al maggior potere contrattuale delle imprese di maggiori
dimensioni
ECONOMIE DI SATURAZIONE DELLA CAPACITA’ PRODUTTIVA
A parità di capacità produttiva, si distribuiscono i costi su un numero maggiore o inferiore di pezzi.
Riduzione/aumento di costo medio unitario derivante dall’aumento/riduzione del grado di
sfruttamento della capacità produttiva (a parità di CP).
Nel determinare l’economia di saturazione bisogna ragionare a parità di CP—> quanto si sta
sfruttando questa? Meno si sfrutta la CP, più alto sarà il costo unitario. I costi fissi non variano al
variare del numero di pezzi; i costi variabili variano al variare dei volumi di produzione.
Consiste nel: quanto riesco a sfruttare la mia capacità produttiva. Se ho sostenuto costi per
macchine che possono produrre 3000 pezzi all’anno e ne produco 3, aumenta il costo medio
unitario. Meno sfruttiamo la capacità produttiva, più alto sarà il costo medio unitario.
Un’economia di scala è una lettura orizzontale, l’economia di saturazione è una lettura verticale.
Aumentare i volumi di produzione richiede una attenta valutazione perché:
- installando una capacità produttiva più elevata si ottiene un’economia di scala
- però bisogna essere sicuri di riuscire a sfruttarla tutta (la capacità produttiva), perché se non si
riesce si va incontro a delle diseconomie di saturazione della capacità produttiva
ECONOMIE DI APPRENDIMENTO
Riduzione di costo medio unitario che si realizza per effetto dell’esperienza nella realizzazione di
una certa attività. Questa esperienza deriva dalla ripetizione continuativa di un’attività.
Le economie di apprendimento dipendono dal volume di produzione cumulata da parte di
un’impresa (ovvero dal volume di produzione di quel particolare bene realizzato da un’impresa
dall’inizio della sua attività).
Ma come si calcola?
Cx-C2x= economia di apprendimento. Se divido poi per Cx ottengo la percentuale. Questo
risparmio di costo si può calcolare solo ad ogni raddoppio della produzione.
L’economia di apprendimento deriva dal minor tempo che le persone impiegano per svolgere
un’attività.
ECONOMIE DI APPRENDIMENTO: risparmi di costi che derivano dall’esperienza. Per misurarla
si misura in termini di produzione cumulata. Il costo unitario decresce all’aumentare del volume di
produzione cumulato. Si può misurare il risparmio di costo ad ogni raddoppio del volume di
produzione. Questo calcolo si può fare solo ogni volta che raddoppia la produzione.
Da 200 a 160: risparmio pari al 20%. Questo risparmio è un’economia di apprendimento.
160-128=32:160=20%
Esercizio: sono avvenuti 3 raddoppi di produzione dal 2007 al 2011. Se il risparmio è del 20%, al
primo raddoppio si ha un costo di 272, al secondo raddoppio di 217, al terzo raddoppio di 174.
Bisogna calcolare il volume di produzione cumulata (non annua!!!).
LE SCELTE DI STRUTTURA DEI COSTI
Quanti pezzi dobbiamo vendere per essere sicuri di non chiudere in perdita?—> break even point.
COSTI FISSI= costi che dato un certo intervallo di produzione, se produco un pezzo in più, il costo
rimane fisso. Non direttamente e strettamente correlato al volume di produzione e vendita. Es.
manodopera indiretta, manutenzioni e riparazioni, affitti, quote di ammortamento, pubblicità, spese
di marketing, spese generali. All’aumentare dei volumi di vendita, i costi fissi restano invariati
(schema con linea orizzontale). Il costo fisso totale però resta fisso in un certo volume di
produzione, non per sempre e all’infinito.
COSTI VARIABILI= direttamente correlati al volume di produzione e vendita. Es. provvigioni di
vendita, consumi di materie prime, lavorazioni esterne, manodopera diretta. All’aumentare del
volume di produzione, aumenta il costo (schema con retta verso l’alto).
Il costo fisso totale è la somma di costi variabili e costi fissi.
Per rispondere alla domanda iniziale, bisogna incrociare la retta dei costi con quella dei ricavi.
Utile=0
Ricavi totali - costi totali=0
—> così si chiude in pareggio
Relazione ipotizzata: più vendo e maggiore sarà il ricavo di vendita. Relazione effettiva: nella realtà
i ricavi totali non hanno questo andamento regolare e direttamente proporzionale come ipotizzato,
perché andando avanti si fanno degli sconti.
Ricavi totali incrociano i costi totali: il punto di incrocio è utile=0. In questo punto i ricavi totali
sono uguali ai costi totali— si chiama PUNTO DI PAREGGIO. E’ la quantità che bisogna vendere
per essere sicuri di non chiudere in perdita, ma di avere un reddito netto uguale a zero.
Area della perdita (viola): i costi totali sono superiori ai ricavi totali. Più si riduce il volume di
vendita, più si allarga l’area della perdita.
Dall’altra parte c’è l’area dell’utile (verde); ogni pezzo in più venduto vedrà l’allargarsi dell’area
dell’utile.
Come calcolare il punto di pareggio (break even point=BEP)?
Il punto di partenza è R=CT (costi totali); vanno scomposti i ricavi e costi in termini di quantità
per prezzo. R=CV(costi variabili)+CF(costi fissi). (Ru*QP)=(CVu*QP)+CF—> i costi fissi non si
possono scomporre in quantità*prezzo.
(Ru*QP)-(CVu*QP)=CF
QP*(Ru-CVu)=CF
QP=CF/(Ru-CVu)—> la quantità prodotta è il punto di pareggio. La quantità di pareggio è uguale ai
costi fissi diviso ricavi unitari meno costo variabile unitario—> chiamato margine di contribuzione
unitario (MDCu).
QP=CF/(Ru-CVu)
Quindi BEP=CF/MDCu
Esempio: 120.000/(5-2)= 120.000/3= 40.000—> volume di pareggio
RISCHIO OPERATIVO: probabilità più o meno elevata di avere risultati molto positivi o molto
negativi. Dipende da quante consumazioni devo vendere. Più basso è, più è probabile che mi
collochi nell’area dell’utile.
STRUTTURA DEI COSTI: se siamo in due aziende con lo stesso punto di pareggio, ma strutture di
costi diverse. Nell’azienda A si hanno costi fissi molto bassi, però su ogni prodotto che vende
sostiene un costo variabile unitario più alto. Nell’azienda B si hanno costi fissi più alti, e quindi
costi variabili più bassi. Nell’azienda A, se non arrivo al punto di pareggio minimizzo la perdita; al
contempo però l’utile è minore che nell’azienda B nel caso di superamento del punto di pareggio.
Scegliere una o l’altra dipende da quanto siamo sicuri delle stime che abbiamo fatto.
Questo è chiamato GRADO DI ELASTICITA’ OPERATIVA. L’azienda A è più flessibile
dell’azienda B (che è operativamente rigida). Un’azienda è più rigida quando se sto a sinistra o a
destra del punto di pareggio, l’area dell’utile o della perdita è molto grande.
A parità del punto di pareggio, bisogna assicurarsi che sia una stima realistica. Se non lo è, è meglio
avere una struttura flessibile.
Calcolo economie di scala:
impianto A, impianto B
calcolare costo medio unitario dei due impianti e confrontarli
C.M.U: totale costi/produzione effettiva
E.D.S= C.M.U (A) - C.M.U (B)
Calcolo economie di apprendimento:
(Cx-C2x)/Cx
Calcolo punto di pareggio:
costi fissi/margine di contribuzione unitario
Ricavi totali= costi totali—> qui l’utile sarà 0
Punto di pareggio= costi fissi/(ricavo unitario-costo variabile unitario)
Calcolo grado di rischio operativo:
- vicinanza del break even point—> più vicino è, meno l’azienda sarà rischiosa
- grado di elasticità dell’azienda
Un’azienda con più costi fissi, è più rigida.
Più flessibile o più rigida—> si parla di grado di elasticità. Questo è più basso nell’azienda più
rigida e più alto nell’azienda più flessibile.
Il grado di elasticità si calcola: costi variabili totali/costi fissi totali—> questi vanno calcolati nel
break even point
la quantità è quella del punto di pareggio!!!
per calcolare i costi variabili totali bisogna moltiplicare il break even point per i costi variabili
unitari
i costi fissi non vanno