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La chiusura dell'esercizio è per convenzione al 31/12 (il periodo amministrativo coincide in genere con l'anno solare), ma ogni impresa può decidere liberamente quando redigere il bilancio a seconda di esigenze individuali o di settore.
Oltre al bilancio annuale, molte imprese presentano bilanci infrannuali, meno corposi del bilancio annuale ma che ripropongono gli schemi per informare in modo più rigoroso e tempestivo soci e stakeholder. È il caso delle relazioni trimestrali e semestrali pubblicate nelle properties delle SPA.
Sebbene in fase di redazione del bilancio l'impresa si trovi idealmente alla data di chiusura dell'esercizio, nella realtà la vita aziendale continua perché le operazioni aziendali in ipotesi di funzionamento sono un flusso continuo, e vi saranno sempre situazioni con processi iniziati ma non ancora finiti. Ad esempio, a gennaio vengono acquistate materie che producono nell'immediato un costo di 1000.
materie prime che subiranno un ciclo tecnico-trasformativo per divenire prodotti finiti che una volta venduti produrranno un ricavo di vendita di 1200.
Il problema sorge nel momento in cui alla data di chiusura dell'esercizio sono stati sostenuti costi senza aver registrato ricavi: supponendo che l'acquisto di materie prime sia stata l'unica operazione condotta nel corso dell'esercizio, in quell'esercizio il risultato reddituale sarà pari a -1000, mentre l'anno successivo si avranno solo ricavi del valore di 1200.
Una misurazione del genere ha senso? Dipende dal criterio che guida l'impresa nell'attribuzione di costi e ricavi tra un esercizio e l'altro. Si potrebbe ragionare unicamente per entrate e uscite di cassa senza CE e SP, sebbene questa non sia stata la scelta adottata dai legislatori dell'economia avanzata per il mondo delle imprese.
'Il problema è trovare un criterio che indichi: questo è un
ricavato di quell'esercizio, questo è un costo di quell'esercizio. Oltre ai processi in corso d'anno, un altro problema riguarda i beni a utilità ripetuta, beni il cui acquisto rappresenta un costo di natura diversa rispetto al costo sostenuto per l'acquisto di materie prime, energia o fattori produttivi consumati subito/utilizzati interamente nel periodo amministrativo considerato. È giusto che il costo di quel bene gravi tutto su un unico esercizio se viene poi utilizzato per più anni apportando vantaggi economici prolungati? Non si tratterebbe di una rappresentazione ragionevole della variazione della ricchezza, o quanto meno non lo sarebbe secondo il principio che guida l'attribuzione dei costi e dei ricavi al CE nel nostro ordinamento: il principio di competenza. Il principio di competenza è un principio di coerenza logica tra tutti i valori positivi e negativi che compongono il CE. Precisa che in bilancio vaconsiderato il valore di ciò che è stato prodotto e venduto in un dato esercizio (ricavi), e il valore di tutti e soltanto i fattori produttivi impiegati in quell'esercizio per produrre ricavi (costi correlativi ai ricavi). Un ricavo è di competenza di un esercizio quando il processo produttivo è terminato e quel bene è stato venduto/quando lo scambio è avvenuto e il bene è stato consegnato, indipendentemente dall'emissione di fattura (se la fattura è stata emessa, in SP vi sarà la voce crediti verso clienti, se non fosse stata emessa potremmo trovare la voce fattura da emettere). Il fatto che i ricavi vengano iscritti dopo l'emissione di fattura è una convenzione adottata per semplificare le rilevazioni. N.B. I costi da considerare, cioè quelli correlati ai ricavi, non si riferiscono a tutti gli acquisti effettuati nel corso dell'esercizio ma solo a quelli delle risorse effettivamente.consumate > per iscrivere in bilancio un costo, bisognavedere se il fattore produttivo acquistato è stato consumato e ha prodotto un ricavo.Non tutti i costi e i ricavi creano problemi di competenza. Ad es. i costi per l’energia, così come quelli per salari e stipendi,sono sempre di competenza dell’esercizio considerato. 6Ma nel caso dei beni a utilità ripetuta/beni durevoli (impianti e brevetti) e dei processi in corso d’anno dei beniimmagazzinabili (materie prime acquistate ma prodotti finiti non ancora venduti) è necessario apportare le debitecorrezioni in bilancio alla data di chiusura dell’esercizio.Secondo il principio di competenza, una rilevazione di questo tipo sui processi a cavallo d’anno sarebbe errata.L’impresa deve trovare il modo di bilanciare i costi nel CE dell’esercizio 1 per poi trasferirli al CE dell’esercizio 2,periodo amministrativo nel quale quei costi produrranno ricavi >
Nell'esercizio 1 i costi relativi all'acquisto di materie prime hanno prodotto output che si sono rivelati invenduti e vanno per questo bilanciati attraverso l'inserimento della voce "rimanenze finali" come componente positivo di reddito, rimanenze finali che nell'esercizio 2 saranno iscritte come rimanenze iniziali tra i componenti negativi di reddito, per poi essere a loro volta bilanciate attraverso i ricavi di vendita.
In bilancio vanno quindi apportate le correzioni necessarie per garantire il rispetto del principio di competenza considerando in quale esercizio sia stato consumato un fattore produttivo per produrre un ricavo.
Si tratta di stime, scritture di assestamento prodotte da valutazioni compiute alla data di chiusura dell'esercizio, che si rendono necessarie perché si sta artificiosamente suddividendo la vita d'impresa (un continuum di processi) in tanti esercizi e si deve trovare un modo per attribuire correttamente a ogni esercizio i
valori comuni riferiti a più periodi. Nel CE non rientrano propriamente gli acquisti, ma i consumi: scrivendo le rimanenze finali a correzione dei costi d'acquisto dei beni che non sono stati consumati/venduti nell'esercizio 1, il risultato delle operazioni di acquisto e vendita nel lungo periodo sarà sempre 200, ma quel 200 verrà attribuito per competenza all'esercizio 2, nel quale saranno generati ricavi grazie al consumo delle materie prime acquistate l'anno precedente. Le dovute accortezze vanno adottate anche nel caso di beni a durata pluriennale, consumati per più anni per produrre ricavi/beni che rilasciano la loro utilità per più anni deteriorandosi progressivamente e diminuendo di anno in anno il loro valore. Il costo sostenuto per l'acquisto di un bene a utilità ripetuta deve essere distribuito tra gli esercizi della sua vita utile attraverso il cosiddetto processo di ammortamento: in CE va inserita una
La quota di costo (definita quota di ammortamento) che esprime il consumo annuo di quel bene finalizzato alla produzione di ricavi, considerando quanto abbia contribuito alla produzione dei ricavi nell'esercizio di riferimento; contemporaneamente in SP va ridotto di anno in anno il valore del bene per un importo pari alla stessa quota di ammortamento, iscrivendone il valore al netto della quota di ammortamento.
A livello contabile i conti mobilitati (oltre ai costi relativi alla quota di ammortamento in CE) possono prevedere un fondo ammortamento (come incremento di passività a destra) o un decremento della voce impianti (come decremento di attività a destra).
In genere si ricorre a quote di ammortamento costanti dopo aver definito in via ipotetica la durata massima di utilizzo di un bene a utilità ripetuta (ad esempio, un costo di 1000 può essere ripartito su una quota annua di 100 per 10 anni).
Ancora una volta nel CE i costi/i componenti negativi di reddito non sono
determinati da ciò che è stato acquistato, ma dagli input che sono stati consumati nel corso dell'esercizio.
Un altro esempio di questa tipologia di valutazioni riguarda il costo del lavoro. Simile alla quota di ammortamento è il TFR (liquidazione, terza componente del costo del lavoro, oltre ai costi per salari e stipendi e ai costi per i contributi): si tratta di una retribuzione differita, consegnata interamente al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro ma maturata di anno in anno. Va quindi inserita come quota TFR tra i costi di competenza annua in CE, e in contropartita come debito per TFR in conto patrimoniale (o fondo TFR a incremento di passività a dx).
Di fatto sono tre le tipologie di valori che vanno rilevati in CE e concorrono alla determinazione del risultato reddituale: valori certi → risultanti da operazioni esterne/negoziazioni e certificati da documenti oggettivi (es. bolle di acquisto e fatture di vendita, contratti di lavoro per contributi,
salari e stipendi, ecc.)valori stimati → risultanti da stime soggettive che potrebbero avere in seguito un riscontro oggettivo (es.o l’importo di IRES e IRAP a carico dell’impresa/le imposte sul reddito della società e sul reddito delle attività produttive/la tassazione sull’utile correlata ai ricavi d’esercizio viene stimata internamente alla fine dell’anno ma può essere accertata e validata dall’Agenzia delle entrate entro 5 anni dalla data di pagamento)valori congetturati → risultanti da valutazioni arbitrarie che non avranno mai un riscontro oggettivo da parteo di terzi (es. ipotesi della durata e del costo annuo dei beni a utilità ripetuta nei processi di ammortamento)Per ridurre il margine di soggettività alla base dell’utile, quindi del patrimonio netto a remunerazione dei conferenti dicapitale di rischio, nel Codice civile sono stati definiti principi contabili e regole stringenti che tutte le
imprese sono chiamate a rispettare. Segue l'indicazione delle principali classi di componenti negativi e positivi di reddito che costituiscono il contenuto del CE. Tra i costi/input/componenti negativi di reddito si distinguono: - Rimanenze iniziali -> beni ereditati dalle rimanenze finali dell'esercizio precedente perché invenduti, cioè non consumati per produrre ricavi e per questo reimmessi nella gestione dell'esercizio di riferimento - Costi di acquisto -> di materie prime e servizi (utenze e consulenze, manutenzioni e riparazioni, spese di trasporto, spese per promozioni e campagne pubblicitarie, ecc.). Sono costi relativi ai beni ad uso immediato, in contrapposizione ai beni a utilità ripetuta che durano per più esercizi (impianti, macchinari e brevetti) indicati in CE con le rispettive quote di ammortamento e in SP nella colonna delle attività, con valore decrescente di anno in anno - Quote di ammortamento -> costo delbene a utilità ripetuta, che esprime quanto quel bene è stato consumato per produrre ricavi nell’esercizio di riferimento > in SP può essere sottratto direttamente dal valore dell’immobilizzazione (indicata sempre al netto all’attivo di SP) o può essere cumulato contabilmente nel Fondoammortamento.