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A= P+C
Dove: A= attività 34
P= passività
C= capitale di proprietà
I componenti finanziari positivi insieme ai componenti economici positivi (o
rettifiche di costi) che prevengono dal prospetto del reddito, rappresentano, come si è
detto, le attività del capitale. Sommati tra loro, formano il capitale lordo di
funzionamento, cioè gli investimenti in essere al 31/12, che contribuiranno, nei
successivi esercizi, alla realizzazione dei ricavi aziendali.
I componenti finanziari negativi insieme ai componenti economici negativi (o
rettifiche di ricavi) che provengono dal prospetto del reddito, rappresentano le
passività del capitale. Sommati tra loro, formano una delle possibili modalità di
finanziamento del capitale lordo di funzionamento (passività o capitale di terzi).
Sottraendo dal capitale lordo di funzionamento le passività, si ottiene il capitale netto
di funzionamento, cioè l’altra modalità di finanziamento degli investimenti aziendali
(capitale di proprietà).
In formula si ha: C=A-P
Il capitale netto di funzionamento è formato dai conferimenti iniziali dei soci,
incrementati o diminuiti, del risultato del primo esercizio. 35
La valutazione dei processi in corso di svolgimento nel modello dei cicli conclusi
La determinazione del reddito di periodo si presenta tutt’altro che agevole, si
presuppone che chi la compie osservi non solo quanto già accaduto ma anche le
future dinamiche gestionali. Il risultato ottenuto è frutto di stime quindi connotato da
livelli, più o meno elevati, di soggettività, in quanto rispecchia essenzialmente la
personale visione maturata dal valutatore sui futuri contributi economici (costi/ricavi)
che deriveranno dai processi in corso di svolgimento.
Il modello dei cicli conclusi tenta di limitare l’influenza delle stime di calcolo del
reddito di periodo, dal momento che richiede di attribuire alle rimanenze i valori
effettivamente sostenuti/conseguiti, senza quindi considerare gli ulteriori costi e
ricavi che esse saranno in grado di generare nel futuro per effetto del completamento
delle lavorazioni e del trasferimento degli output.
La sola ricchezza che viene a palesarsi è quella ascrivibile ai cicli conclusi, mentre
per i cicli in corso di svolgimento, superiori esigenze di certezza sull’entità dei valori
ancora da consumare e conseguire, inducono a rinviarne la rilevazione nell’esercizio
in cui interviene il trasferimento degli output prodotti. Questo non vuole significare
che il modello dei cicli conclusi conduca a un reddito oggettivo.
Le stime, anche in esso sono rilevanti sia nella scomposizione dei costi sostenuti tra
le produzioni scambiate e ancora da scambiare, sia nella stessa valutazione degli
investimenti e delle obbligazioni in essere. Ciò, in quanto, se è vero che gli
investimenti e le obbligazioni in essere sono da valutare ai costi e ai ricavi che fino al
termine del periodo sono stati effettivamente sostenuti e conseguiti, è anche vero che
tali valori devono, prima di poter essere accettati, superare il vaglio delle dinamiche
gestionali future.
Si è detto che gli elementi attivi che compongono il capitale aziendale, hanno un
valore in quanto saranno in grado di generare nel futuro dei ricavi, ma se il valore
assegnato è pari al costo effettivamente sostenuto, non potrà essere recuperato
attraverso i ricavi futuri, quindi non possiede nessuna sostanza ed è detto fittizio,
perché privo dei requisiti necessari per assurgere a investimento. Dal prospetto del
capitale dovrà quindi essere trasferito, senza poter essere rinviato a periodi successivi,
nel prospetto del reddito. In tal modo si anticipa la rilevazione di una perdita in un
esercizio anteriore a quello in cui essa verrà effettivamente subita, attraverso il
conseguimento dei minori ricavi.
Il comportamento appena detto è quello che l’operatore non dovrebbe mai trascurare
nel momento in cui determina il reddito di periodo, che è quello della salvaguardia
dell’integrità del capitale. 36
Risulta, di fondamentale importanza che i valori delle rimanenze attive rinviate agli
esercizi futuri, si presentino ragionevoli, ossia siano pienamente recuperabili dai
relativi ricavi.
La salvaguardia dell’integrità del capitale deve orientare l’operatore anche nella
valutazione delle rimanenze passive, come pure in quella dei componenti finanziari
positivi e negativi del capitale.
Nel caso delle rimanenze passive, affinché i valori assegnati siano ragionevoli, è
necessario che riflettano i costi che dovranno sostenersi in futuro per l’acquisto o la
produzione del bene da consegnare al cliente.
Per i componenti finanziari positivi e negativi del capitale, i valori attribuiti si
presentano ragionevoli se esprimono le entrate e uscite monetarie che si avranno in
futuro.
Questo ci permette di esplicitare un concetto importante, che è quello della
ragionevolezza dei valori, che si scegli di attribuire alle attività e alle passività del
capitale aziendale, che deve sempre garantire la salvaguardia dell’integrità del
medesimo capitale. Soltanto quei valori che garantiscono il rispetto di tale condizione
possono ritenersi ragionevoli ed essere utilizzati a tal fine.
Resta però a questo punto da comprendere come riuscire nella stima dei ricavi e dei
costi futuri dai quali dedurre i valori da attribuire, in chiusura di periodo,
rispettivamente alle rimanenze attive e passive; e, per questo, con la consapevolezza
che, nel modello dei cicli conclusi, tali valori potranno ammettersi soltanto nei casi in
cui si presentassero inferiori/superiori ai costi/ricavi originariamente
sostenuti/conseguiti, rivelando la presenza di perdite “presunte”.
A tal proposito la dottrina ha individuato già da tempo nei valori di presumibile
realizzo (diretto o indiretto), per le attività, e nei valori di presumibile estinzione, per
le passività, delle fondamentali misure di collaudo da impiegare nella valutazione.
Valore di presumibile realizzo diretto e indiretto
Valori di presumibile realizzo (diretto e indiretto) e valori di presumibile estinzione
La determinazione del valore di presumibile realizzo richiede dapprima la stima dei
ricavi che la rimanenza attiva genererà, una volta completata, all’atto dello scambio
dell’output. Dei suddetti ricavi va poi considerata soltanto una porzione, che è quella
che remunererà il costo di acquisto o di produzione già finanziariamente misurato e
da rinviare al futuro. In vista del calcolo della porzione dei ricavi, è importante la
funzione che la rimanenza svolge nell’economia dell’impresa. 37
Nel caso dei prodotti finiti e delle materie prima, per esempio, ci si trova di fronte a
beni che si prestano a differenti impieghi e che, per questo motivo, contribuiranno
alla generazione dei ricavi diversamente: i prodotti finiti attraverso la vendita diretta,
mentre le materie prime attraverso la vendita dei prodotti finiti che avranno concorso
a produrre.
Cosi, ai fini delle ricerca del valore da attribuire in chiusura di periodo alle rimanenze
di prodotti finiti, dopo aver stimato i ricavi che si otterranno dalla loro vendita, si
dovrà individuare la porzione di essi che si riferisce soltanto ai costi sostenuti per la
produzione delle medesime rimanenze.
Da un punto di vista operativo, questo comporta la determinazione del rapporto
esistente tra i costi sostenuti per la produzione dei prodotti finiti e i costi complessivi
della combinazione produttiva, e la sua successiva applicazione sui ricavi stimati.
Il valore che consegue dal calcolo prende la denominazione di valore di presumibile
realizzo diretto.
Analogo è il ragionamento da seguire per la valutazione delle rimanenze di materie
prime; vanno stimati i ricavi che si otterranno dalla dei prodotti finiti, a cui insieme
ad altri fattori, hanno concorso alla produzione. A ciò segue la determinazione del
rapporto esistente tra i loro costi e i costi totali della combinazione produttiva, e la
sua successiva applicazione sui ricavi stimati.
Il valore cosi calcolato è denominato valore di presumibile realizzo indiretto.
Il valore di presumibile realizzo diretto può essere impiegato per la valutazione delle
rimanenze di fattori e prodotti destinati alla vendita: si allude a merci, prodotti finiti e
semilavorati.
Talvolta esso è utilizzato anche per la valutazione di materie prime, prodotti in corso
di lavorazione e FFR, nei casi in cui non fossero più proficuamente utilizzabili nella
combinazione produttiva e si dovesse procedere alla loro vendita per stralcio.
Il valore di presumibile realizzo indiretto è impiegato per la valutazione di rimanenze
e prodotti destinati all’utilizzo nei processi produttivi e, quindi, all’approntamento dei
beni o prodotti finiti: si allude a materie prime, prodotti in corso di lavorazione e
FFR.
L’impiego del presumibile valore di realizzo è possibile anche per la valutazione dei
componenti finanziari positivi del capitale: è quanto accade per i crediti di
funzionamento e di finanziamento, con la differenza che in questi casi esso coincide
con le entrate che l’impresa dovrebbe avere al momento delle loro scadenze.
I valori indicati rappresenteranno, le misure massime che possono attribuirsi in
chiusura d’esercizio alle attività, oltrepassate le quali ogni altro valore diviene 38
irragionevole, non trovando fondamento alcuno nelle future dinamiche della gestione
e dei mercati.
Ciò significa che l’eventuale impiego che l’operatore facesse di valori superiore a
quelli di presumibile realizzo diretto e indiretto, lo porterebbe a consegnare agli
esercizi futuri, porzioni che i relativi ricavi non sarebbero in grado di recuperare.
Il ricorso a valori irragionevoli nei periodi anteriori a quello in cui intervengono gli
scambi determinerebbe un incremento del reddito e del capitale netto di
funzionamento (in particolare del capitale di risparmio) di quegli stessi periodi,
autorizzando implicitamente la proprietà a distribuirsi quote di ricchezza che non
potranno mai conseguirsi.
L’impiego di valori irragionevoli può seriamente compromettere l’integrità del
capitale, pregiudicando, a meno di ulteriori afflussi di risorse dall’esterno, la
continuazione dell’attività aziendale.
Nell’ipotesi di una gestione remunerativa, se è vero che il valore di presumibile
realizzo configura il valore massimo, il costo rappresenta, viceversa, il valore minimo
che il management si attende di ricavare dalla vendita.
Pertanto è possibile esporre una vera e propria fascia di valori ragionevoli la quale ha
come limite superiore il valore di presumibile realizzo e