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II: IL TEATRO DEI REGISTI-ATTORI
-Guy Retore, regista e direttore del Theatre de l’est parisien, afferma : “Fin dalla lettura, è l’urgenza
di presentare la piece sulla scena che si impone prima di tutto”, ossia le parole di Visniec inducono
il bisogno di trasmettere al pubblico quanto recepito alla lettura del testo. A tal proposito sempre
Retore parla di “espansione” delle parole.
La chiave della drammaturgia di Visniec sta effettivamente nella poetica di precisione delle parole,
che costruiscono il dramma veicolando immagini e sensazioni.
-Pascal Papini cerca di spiegare la causa degli effetti delle drammaturgie di Visniec sui registi-
lettori che vi si rapportano, e lo fa confrontando i personaggi del drammaturgo con quelli della
tragedia classica: mentre questi ultimi oggettivano un destino, ossia sono eroi che combattono la
sorte attraverso valori come il dovere, la passione, i personaggi di Visniec hanno una
consapevolezza precaria e relativa di sé, la codardia è la loro regola. Il regista afferma che il teatro
di Visniec tratti dell’identità: la sua drammaturgia immerge il lettore in un flusso immaginario che
lo porta alla sua identità personale attraverso la condivisione delle problematiche identitarie
espresse, e ciò è reso possibile dall’utilizzo di un linguaggio drammatico che coinvolga la sua
percezione del reale , rendendo le esistenze designate dal testo contesti di esperienze analoghe a
quelle del vissuto.
-Christian Auger, attore, regista e direttore di compagnia, rileva nell’ossimoro la figura indicativa
del teatro di Visniec, non perché ricorra ocn frequenza ma perché lo spiega.
Visniec colloca i personaggi in situazioni aperte, e lì il loro agire improvvisa divagazioni
mnemoniche, dialoghi e percorsi emozionali e di senso. In tale processo la parola è l’autentica
protagonista dell’opera, mezzo espressivo tuttofare: definisce i personaggi in assenza di substrati
del vissuto; dà spessore alle loro azioni, che spesso non si sviluppano in vicenda; trasmette il
sentimento dell’autore. L’ossimoro sta proprio nell’accostamento di questo teatro semplice,
caratterizzato da contenuti non predeterminati da un intreccio, ad un linguaggio complesso, ad una
parola più che mai precisa.
-Il regista Jean-Pierre Beauredon ha documentato le fasi del suo avvicinamento alla piece La
vecchia signora che fabbricava 37 cocktails molotov al giorno (2008). Egli insiste soprattutto
sull’impressione che il testo susciti pensieri che già appartengono al lettore e che, una volta letti,
diventino decisamente suoi. In un secondo tempo, la lettura porta a rendersi conto della compattezza
estetica e letteraria dell’opera che ha determinato queste impressioni: un’opera di parole esatte,
chiare ma allo stesso tempo aperte a molteplici significati. Così il regista-lettore, nel porla
scenicamente in atto, si configura come un protrattore del suo processo compositivo, poiché
immette nel lavoro teatrale sul testo le integrazioni e gli sviluppi indotti dal preliminare rapporto di
condivisione col testo stesso. Lo spettacolo dunque traduce il testo nel linguaggio scenico del
regista e degli attori consentendo allo spettatore di leggerlo dal vivo.
Il teatro di Visniec si configura allora come un organismo verbale che comunica visioni e pensieri
sulla condizione umana e che i teatranti mettono in scena per esternare al pubblico l’assimilazione
dei suoi contenuti.
III: SUL SUOLO, SOTTO IL CIELO, NELLA GUERRA
Visniec nasce a Radauti, in Romania, nel 1956. Tra il 1976 e il 1980 decide di trasformare
Matei
l’innata passione per la letterature e la composizione poetica in una forma di “resistenza civile”
contro gli schemi e i modelli espressivi imposti dal regime di Ceausescu. Si schiera, quindi, con gli
intellettuali de “La generazione Ottanta”, contrapponendo alle forme letterarie dominanti una nuova
fondata sul micro-realismo quotidiano, ironico e provocatorio, che minava sia la rappresentazione
del reale ad opera della letteratura ufficiale sia il formalismo extra-rappresentativo delle concezioni
di avanguardia. Riesce a pubblicare un libro di poesie con cui ottiene un premio, ma il suo vero
interesse era focalizzato sul teatro, che era sottoposto ad una maggiore censura in quanto, come
osserverà Visniec stesso, “Il libro è letto in solitudine. Invece uno spettacolo che provochi
un’emozione collettiva in 400 spettatori e 30 attori può creare una rivolta subito!”.
Da questa concezione deriva l’individuazione di quelli che resteranno i compiti fondamentali della
sua drammaturgia: toccare qualcosa di universale che chiunque possa capire; rappresentare casi
particolari e concreti, che facciano passare i grandi temi attraverso il coinvolgimento emozionale
del pubblico.
vie attraverso le quali realizza questo suo teatro sono da un lato l’annullamento del dislivello
Le
esistente fra il teatro sperimentale e provocatorio immaginato dalla lettura di Beckett e Ionesco e le
concrete possibilità della scena rumena, poiché in Romania “Tu potevi leggere Kafka ma, come
autore, dovevi scrivere degli operai e della vittoria del partito comunista”.
D’altra parte però, apprese elementi di tecnica teatrale anche dai teatri ufficiali, poiché nel
rappresentare i classici consentiti dal regime, i registi dell’epoca rendevano attraverso immagini,
gesti e intonazioni tutta una serie di allusioni e riferimenti alla politica e all’attualità, che altrimenti
sarebbero stati censurati.
Altre influenze saranno derivate dal dramma pirandelliano (si pensi a Ma mamma, ci raccontano al
secondo atto cosa è successo al primo e Lo spettatore condannato a morte) in cui si dimostra la
stessa consapevolezza del fatto che il teatro non è solo un luogo del rappresentare, ma uno spazio
vuoto, che può essere riempito con invenzioni performative che alimentino nel pubblico
consapevolezze culturali.
Infine da La stanza di Pinter deriverà l’ispirazione per La Porta, che diventa nel dramma di Visniec
la soglia tra un luogo di attesa, da cui i personaggi non riescono a staccarsi per codardia, e un luogo
di orrore. A rompere l’attesa sarà una coppia, uomo e donna, che apre uno spiraglio sul percorso di
evoluzione teatrale seguito dall’autore dicendo che la decisione di reagire deriva dal fatto che
“l’amore è impossibile in queste condizioni”, stesso messaggio che Visniec dirà, anni dopo, di aver
raccolto da una rappresentazione di Giulietta e Romeo nei tempi del regime, in cui era chiara
l’allusione al tema attuale dell’impossibilità di amare in una società totalitarista.
Le piece scritte da Visniec in lingua rumena sono spesso parabole moderne, ossia opere che
consentono allo spettatore di ricavare delle linee d’azione, e che pertanto hanno come protagonisti
personaggi in cui l’essenziale è il fare, e non ciò che hanno fatto o vissuto al di fuori della
situazione in cui li incontriamo. Così vediamo sin da subito la poetica tipica del teatro di Visniec dei
personaggi oggettivati. In queste parabole comportamenti concreti e sentimenti immediati si
intrecciano a problematiche universali di cui si rendono rappresentativi.
1987 la piece I cavalli alla finestra viene interdetta dalla Commissione della Cultura e dello
Nel
Spettacolo. A questo punto Visniec decide di espatriare in Francia.
L’incontro e in seguito l’adozione di una nuova lingua, modifica profondamente la sua scrittura. In
particolare, l’incontro con comportamenti e dinamiche di vita civile estranei a quelle del regime
totalitario rumeno, determina la caduta di alcune motivazioni che erano state alla base della
drammaturgia di Visniec: l’esigenza di nascondere i riferimenti all’attualità, la volontà di opporsi al
sistema politico dominante, ecc.
Al mutare del contesto, si associa dunque un cambiamento di argomenti: emerge la crisi di identità,
la rottura dell’armonia originaria, la relazione di coppia, le problematiche della composizione
drammatica e le forme di manipolazioni di massa.
A partire dal 1990 si susseguono debutti in lingua francese e rumena: in questa fase intermedia,
ancora non scrive in francese ma semplicemente traduce dal rumeno.
La scelta definitiva del francese rispecchierà invece non una necessità ma una decisione culturale e
di vita: invece di tornare in patria a seguire il passaggio della società rumena dal regime di
Ceasusescu alla libertà democratica, Visniec sceglie di diventare per il mondo occidentale ciò che
era stato per quello comunista: un rilevatore di comportamenti nascosti e logiche subliminali, di
problematiche universali. In Romania le degenerazioni di comportamenti umani apparivano
immediatamente imputabili al regime; nelle democrazie occidentali, esse si compiono a livello
individuale, rendendosi quindi accessibili attraverso una drammaturgia di argomenti interiori.
Indicativo a tal proposito è L’Uomo pattumiera o Il Teatro decomposto, una raccolta di ventiquattro
testi in cui dei personaggi oggettivati oscillano fra momenti di riflessività e consapevolezza e
momenti di narrazione allucinata, ad espressione di dati traumatici come la dissociazione
dell’individuo dalla collettività sociale e la frammentazione della psiche.
sintetizza i tratti salienti della fase romena e di quella francese connettendo la prima al
Visniec
“suolo”, ossia al mondo terrestre e contingente dell’opposizione politica, e la seconda al “cielo”
ossia alle problematiche fondamentali ed interiori dell’essere umano.
Eppure questo passaggio dal suolo al cielo, dalla terra alle stelle non deve essere preso alla lettera:
mentre opere come La storia degli orsi panda (1992-1993) testimoniano questo passaggio, altri
lavori come Nessuno ha il diritto di attraversare senza armi un campo di battaglia (1992) e La
Donna come campo di battaglia (1996, opera che integra le poetiche delle avanguardie drammatiche
con gli argomenti e gli sviluppi di un linguaggio realistico) dimostrano che il filone del suolo non è
interrotto, ma sviluppato in piece belliche o di satirica rivisitazione delle società comuniste (come
La storia del comunismo raccontata ai malati di mente, 1998).
notare a proposito di quest’ultima opera il fatto che tra i vari personaggi venga nominato
Da
anche il dittatore Stalin: questo elemento indica l’ampiezza del percorso compiuto dal
drammaturgo, che, partito dal rifiuto del realismo rappresentativo per lo sviluppo di identità e
situazioni immaginarie, è pervenuto all’elaborazione di un linguaggio che in qualche modo integra
le due modalità, in cui, senza alcuna soluzione di continuità, le allegorie e le metafore si mesc