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Il corpo frammentato (vale come sopra sopra)
Se esiste ancora un corpo del dramma è un corpo frammentato. Adorno non può fare l'autopsia del dramma
moderno e contemporaneo per la semplice ragione che questo corpo, in realtà è ancora vivo, smembrato,
sospeso nel vuoto.
La presenza dell'autore rapsodo (e che te lo dico a fare...)
A teatro secondo la tradizione l'autore si deve eclissare completamente davanti ai suoi personaggi. Essere
assente. Nel romanzo, al contrario, l'autore è onnisciente. Egli si assume apertamente la responsabilità del
racconto o delega questo compito a un narratore che deciderà la successione dell'azione, delle descrizioni e
dei dialoghi.
La poetica del teatro, da Aristotele a Hegel, aveva bandito il rapsodo, a lui era stata attribuita un'idea di
mescolanza, di ibridazione e impurità, incompatibili con la tragedia. Ora non possiamo che constatare che il
rapsodo è tornato con forza.
Il post(o) del dramma
di Piersandra Di Matteo
Drammaturgie del dopo-dramma
Il dopo-dramma, non vuol dire affatto teatro senza testo, perché la crisi della forma dramma non ha implicato
la crisi della scrittura o della parola semplicemente perché il dramma ha rinunciato alle sue codificazioni
precedenti.
Due exempla
(lascia stare)
Emma Dante attraverso lo specchio: postdrammatico vs drammatico
di Anna Barsotti
mPalermu
(pag. 27) Si tratta di una performance originata da una sorta di drammaturgia collettiva, ma sotto la guida
vulcanica e torturante d'una mammasantissima sanguigna (Emma Dante?) con la pretesa per se e per gli altri
della testimonianza e del martirio. Ognuno del gruppo apporta la propria specificità, sulla scorta d'un
rapporto arte-vita tutt'altro che mimetico, talvolta rovesciato. “Persone” e non personaggi.
(pag.28) Il motivo di inversione del conflitto (postdrammativo vs drammatico) è dovuto ad una strategia di
pratica scenica dove il risultato, e processo appunto, di costruzione non sono già previsti né contenuti nel
testo drammatico, ma scaturiscono anche dalle improvvisazioni non del tutto libere dei compagni, perché,
provocate da un “ritmo”, nella loro trasfigurazione non soltanto corporea in “persone”, “fantasmi” o “idioti”
anziché personaggi.
L'intervento della creatrice-capo si colloca principalmente all'inizio e alla fine di tale processo, preceduto ad
ogni modo dalla formazione pratica delle persone attoriche: training, azioni fisiche e vocali, giochi, etc.
Tracce post-drammatiche della genesi degli spettacoli riguardano l'ambito della musicalizzazione: la musica
e il canto, registrati o dal vivo, fanno parte del processo preparatorio, siano utilizzati o scartati nella forma
esecutiva; in molti casi possono essere visti come delle didascalie sono delle azioni. Il suono non si limita a
connotare il parlato, ma interagisce con esso.
(pag. 29) Altro motivo di ribaltamento del conflitto riguarda l'ambigua necessità che (ri)porta al testo una
teatrante come la Dante, laddova la strategia di lavoro sembrerebbe negarlo.
La drammaturgia scritta sembra però non riuscire a comprendere la ricchezza dei segni della presentazione
scenica. Anche nelle varie versioni spettacolari emergono tratti che virano verso il drammatico.
Soprattutto in Carnezzeria il passaggio da copione a libro sembra portare all'estremo un processo di
drammatizzazione che porta l'autrice verso la narratività (che contrasta non poco con la discontinuità dello
spettacolo) nonché chiarire il “personaggio” a livello psicologico, mentre questi non sono altro che “persone”
sceniche.
Teatro della necessità/Teatro della disperazione nel tempo del postdrammatico: il caso Scimone-
Sframeli
di Dario Tomasello
(pag.32) Nell'ambito teatrale italiano stiamo assistendo ad un ritorno al testo come evento centrale di una
generazione sempre più consistente di drammaturghi, che però sottraggono ai registi il ruolo di alfieri della
svolta postdrammatica.
Il carattere di de-gerarchizzazione, implicato fortemente nella stessa nozione di postdrammatico, attraversa
infatti, anche nella dimensione testuale, i processi compositivi del teatro contemporaneo.
In particolare nel teatro di Spiro Scimone e Francesco Sframeli c'è il senso di una misura centrifuga, del
linguaggio che ha le sue radici in una sicilianità vissuta non esattamente dentro la tradizione, ma in una
posizione liminare, lungo i bordi.
Aspettando Godot
Segna l'incontro tra Beckett e il teatro popolare (il testo è tradotto in messinese).
Sul supporto già collaudato della solitudine e del disadattamento, l'autore dispiega i motivi della miseria,
della fame e dei conflitti sociali.
I messinesi non concludono mai un discorso, lo girano in lungo e in largo per paura di essere zittiti dai boati
della terra, si crea quindi una condizione di perenne attesa, che però non è né il fine né il mezzo per i
personaggi di Scimone e Sframeli.
(pag.34) I personaggi di Aspettando Godot, sembrano dei personaggi verghiani, in attesa di un immaginario
segno della provvidenza, che sperano nel cambiamento della propria esistenza.
La crisi del dialogo è il momento in cui la conversazione diventa un momento di scambio inefficace.
In quest'ottica l'esperienza isolana si configura come consapevolezza estrema di una lancinante solitudine
come sentimento del limite.
Dispositivi dell'oralità
di Valentina Valentini
(pag. 37) Il nuovo medium per gli autori-attori-registi nati con la televisione è la scrittura, il libro, mentre il
medium per loro più familiare è la televisione. Questo significa che la dimensione dell'oralità, è
profondamente inscritta nella drammaturgia dello spettacolo e del testo letterario contemporanei.
(pag. 39) Il fenomeno di raccontare in scena una storia vera, piuttosto che una eredità del teatro epico, è una
situazione del tutto contemporanea, in quanto affiora in un momento in cui i confini disciplinari fra le arti
tendono a perdere i tratti distintivi. Ed è la perdita di questa specificità che favorisce un “ritorno all'origine”,
un'origine televisiva, non teatrale, in cui la televisione guardava al teatro, aspirava a rimediare, attualizzare,
in un medium differente, la funzione rituale del teatro, decaduta a causa del prevalere della funzione
spettacolare, della superficie vistosa.
Attraverso la performance dei narratori si recupera l'idea di un teatro premoderno e anti-spettacolare,
evidentemente “sviluppo dialettico della modernità”
Il problema del dramma nell'epoca del postdrammatico
di Lorenzo Mango
Leggi dal libro, (stranamente) è molto chiaro
Una prospettiva anglosassone sul postdrammatico: la ritestualizzazione del mondo (->molto
interessante!)
di Nicolas Ridout
Il teatro inglese ancora molto legato al teatro drammatico nel senso delle gerarchi di autore e attore.
Nonostante Lehmann affermi che con l'avvento delle nuove tecnologie si assista ad una fine della “galassia
Gutenberg”, Ridout ci ricorda che se è vero che il postdrammatico di Lehmann si riferisce ad una
sovrabbondanza di immagini visive, proprio a partire da google sarà più corretto parlare di una
ritestualizzazione del mondo. Il famoso network infatti funziona come una grande biblioteca online, ed è
quindi ancora basato su una comunicazione che avviene attraverso un testo.
Note personali molto veloci: non sono d'accordo al cento per cento con quanto dice Ridout, se da un lato
Lehmann si sbilancia troppo verso le immagini, lui lo fa troppo verso il testo. Il problema è che il testo si
riduce sempre di più ad una didascalia. Pensiamo a facebook e a quante volte leggiamo dei testi che però
sono sempre in compagnia di immagini, o anche ai giornali online, che tendono sempre più spesso a fornire
video e immagini solo accompagnate da brevi testi didascalici. Ricordiamoci che comunque i social network
(e google) sono dei mezzi relativamente “giovani” rispetto alla televisione che a modo suo ha “educato” tutta
la generazione post-guerra, e specialmente la generazione degli anni '80, che adesso sono le generazioni di
“adulti”, ossia della classe lavoratrice, che solo da poco tempo ha iniziato a confrontarsi con la generazione
2.0, fino ad ora minorenne e ancora in età scolastica.
D'altro canto è comunque interessante leggere il parere di un regista come Greenaway
(http://www.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/2013/04/09/news/greenaway_cinema_arte-56258952/) che
ancora ritiene il cinema un'arte troppo legata al testo.
Per una fisiologia del testo, ovvero il primato dell' actio (riassunto varie opinioni trattate nel testo)
di Gerardo Guccini
Differenza tra concetti anatomici che hanno a che fare con le strutture e le componenti (Adorno e Sarrazac) e
concetti fisiologici (De Marinis) che hanno a che fare con le dinamiche, relazioni e processi.
4. Oltra il Dramma. L'attore nello spazio del dramaturg
Strumenti, materie e soggetti del dramaturg
Per dramaturg si intende il fedele custode del testo, che crea alternative e apre porte che consentano all'attore
e al regista, a tutti i soggetti del lavoro teatrale, di sviluppare un immaginario organico al testo stesso.
È importante che non interferisca con il lavoro del regista tentando di sostituirsi alla sua figura, ma deve
aiutare il regista, guidarlo verso la giusta struttura della scena.
All'opera, con l'attore
Nel caso del lavoro con l'attore il dramaturg fornisce ad esso la griglia su cui poi continuare autonomamente
un lavoro di costruzione, essendo che gli attori tendono a muoversi con disagio nel magma delle intuizioni e
delle esperienze. Quando si lavora con un attore bisogna stare molto attenti alle fughe nell'immaginario
privato.
5. Seminari sulla realtà
Traiettorie verso l'esistente nella drammaturgia di Motus, Accademia degli Artefatti, Teatro delle Albe
a cura di Fabio Acca
I nomi delle formazioni indicate sopra, testimoniano come “testo” e “contemporaneità” siano invece attuali.
RIASSUNTO FINALE
Si apre quindi la sezione dei papers presentati al convegno. A partire dal rapporto tra drammaturgia e
messinscena così come è stato nuovamente (ri)definito da Lehmann stesso nel suo intervento citato sopra,
ciascun saggio approfondisce un problema specifico. Elemento comune a tutti rimane la centralità dei
conflitti che hanno caratterizzato il Novecento (in primis, e ovviamente, le due guerre mondiali) e il fatto che
l’attività teatrale contemporanea debba in qualche modo farsene eco, visto il suo (presupposto?) ruolo
sociale.
Marco de Marinis mette i