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Riccoboni vennero nominati da Luigi XV Comediens ordinaires du Roi, con un'assegnazione annua di

15mila livres. Dal 1716 uno statuto rigido aveva regolamentato la vita della Comedie Italienne che si

affiancò ufficialmente alla Comedie Française e all'Academie royale de Musique come istituzione di stato,

ottenendo per la Francia il diritto esclusivo di rappresentare i tipi della commedia dell'arte e la licenza di

introdurre negli spettacoli danze e musica. Nello stesso tempo le fu intimato di sottoporre i canovacci e le

commedie alla censura ecclesiastica e monarchica, oltre che agli obblighi derivanti dal calendario delle feste

cattoliche. Il primo articolo dello statuto impegnava la troupe al rispetto del pubblico; la disciplina della

compagnia era affidata al potere dittatoriale di Lelio. Tutti gli attori contribuivano a costituire il fondo di

dotazione della compagnia ricevendo compensi proporzionali a quanto versato, superando così le

consuetudini del teatro dell'arte che prevedeva la distribuzione degli incassi a seconda del rilievo delle parti.

Multe erano previste per coloro che si prestassero non puntuali alle prove, con conseguente denuncia scritta

al protecteur; le donne non avevano diritto di voto né di protesta. Riccoboni pare non fosse un grande attore,

ma certo fu un abile e colto dramaturg; fin dall'inizio fu per lui centrale la produzione di canovacci:

adattamenti da testi letterari italiani o rielaborazione della tradizione 600esca. Altre messinscene erano

attente a sviluppare una crescente presenza di effetti musicali e coreografici, ma anche a recuperare i toni

drammatici dentro schemi comici. Si tornò volentieri all'uso della macchineria,dei travestimenti e dei

raddoppiamenti delle parti, per non parlare dei titoli doppi a significare l'affiancamento dei fini pedagogici

alle ambizioni spettacolari. Si alternarono la forma coreutica e quella cantata, versi e prosa, italiano e

francese nei dialoghi e nei couplets, toni farseschi e drammatici. Gli allestimenti e la recitazione all'italiana

permettevano di combinare le diverse drammaturgie e di adattare con elasticità il repertorio al gusto di

spettatori indifferenti alle normative retoriche, inclini ad osservare gli intrecci con distacco e leggerezza

grazie anche al filtro della musica. Frequenti sono i ricorsi allo stile delle parodie: incisive quelle dedicate

alle opere di Voltaire, o quelle che presero di mira temi neoclassici, come la pastorale tragi-comique; si tratta

di una rilettura della tradizione che è metateatrale, e ne furono fautori Jean-Antoine Romagnesi e Biancolelli

jr. Tra 1730-50 questo tipo di drammaturgia si affermerà mettendosi sulla scia degli spettacoli di successo, a

sua volta riscuotendo incassi ragguardevoli. Gli attori della comedie italienne ebbero la spregiudicatezza di

suggerire un analogo sguardo disincantato anche sulla loro storia. Fu questa la ragione del successo

commerciale di Marivaux: il suo teatro, celebrando gli ultimi eredi di un'antica tradizione, ne rappresentava

il crepuscolo in una comunità ormai mutata. Nelle sue opere i ruoli della commedia dell'arte sopravvivono

all'interno di trame esili mosse da sentimenti altrettanto esili. L'Arlecchino Visentini ha il compito di

sgangherare la sintassi verbale e gestuale sostituendo alla voce irreale di Dominique Biancolelli quella fresca

di un ingenuo più umano, capace di produrre un numero di lazzi depurati delle componenti del basso

corporeo. Il maggior rilievo assegnato alla seconda amorosa, così come la maggiore profondità psicologica e

lo slittamento di funzione del primo amoroso, indicano che è in atto quella trasformazione drammaturgica

del mansionario attorico dell'arte di cui Goldoni prenderà coscienza verso la fine degli anni '40 e chiamerà

“riforma”. Più intensa che in passato apparve a Lelio la contraddizione tra il teatro scritto e lo spettacolo.

Riccoboni giudicò alcune delle opere dei letterati insufficiente a coprire i costi dell'allestimento. Tuttavia,

l'ambizione letteraria dell'attore-drammaturgo era tale che la produzione corrente non poteva soddisfarlo;

commedie e canovacci non bastavano a garantirgli quella gloria di riformatore che sognava di conseguire

con la tragedia fin dai tempi dell'alleanza con il Maffei. In Riccoboni riaffiora il conflitto tra la pratica

artigianale del teatro e l'ambizione di entrare nel parnaso dei letterati e nel paradiso dei buoni cristiani. I

successi artistici apparivano a Lelio troppo instabili per il suo orizzonte culturale colmo di gelosie; dal 1729

non fu più capocomico, permettendo agli attori di adeguarsi del tutto ai gusti del pubblico parigino. Intanto

alcuni cambiamenti si erano verificati nella troupe italiana: negli anni '30 un provvedimento amministrativo

aveva tolto ai comediens italiens il controllo della gestione finanziaria della loro attività, e molte morti

segnarono la fine di una generazione. Allo sviluppo di un genere coreutico della comedie italienne

contribuirono Jean-Baptiste Dehesse e Francesco Riccoboni, coreografo e e cantante della Serva padrona e

del Prince de Salerne; un altro attore rilevante in questo campo fu Carlo Antonio Veronese. Si consolidava il

carattere familistico e conservativo dell'arte che concentrava molteplici responsabilità nel capofamiglia. La

morte di Riccoboni padre, Rosa Giovanna Benozzi, Carlo Veronese e Giuseppe Balletti fissarono uno

spartiacque generazionale. Più che una messa in mora del repertorio dell'arte si trattò di una sua nuova

declinazione dettata dalle richieste del pubblico abilmente sfruttate dai Favart con la ripresa della linea

parodica applicata alle opere liriche di maggior successo. L'abilità nel canto e nel balletto divenne

prerogativa essenziale del teatro des italiens, penalizzando la recitazione; nello stesso tempo gli attori si

specializzarono in due compagnie: una per le pieces francesi e una per quelle italiane. Nemmeno l'arrivo, nel

1762, di Goldoni riuscì a sollevare le sorti di quel teatro.

Nel 1685 Massimiliano II Emanuele, in occasione del suo matrimonio con Maria Antonia, figlia

dell'imperatore Leopoldo I, aveva chiamato da Venezia la compagnia di Giovanni Nanini che rimase a

Monaco fino al 1686 per poi proseguire a Norimberga, Augusta, Praga, Sassonia e Varsavia. In parallelo,

dopo il carnevale passato a Venezia fu attiva a Monaco la compagnia di Francesco Calderoni che meritò la

stima di Luigi Riccoboni. A Vienna compare nel 1697 la compagnia di Nanini, che vi rimase fino al 1708.

Nel carnevale del 1699 è segnalato in città Francesco Calderoni, reduce da un biennio nei Paesi Bassi.

Tommaso Ristori dirigerà altri spettacoli teatrali nella Prussia orientale, a Varsavia e Dresda; nel 1731 i suoi

attori partirono da lì su ordine di Federico-Augusto I di Sassonia per recitare a Mosca intermezzi in

occasione delle feste seguite all'incoronazione della zarina Anna Ioannovna, dopo le quali tornarono in

Polonia. Nel 1734 la Ioannovna chiamò la compagnia di Gaetano Sacco, mentre l'anno dopo incaricò il

violinista e attore Pietro Mira di reclutare una compagnia, tra cui figuravano Carlo Bertinazzi e Giovanna

Maria Casanova. In questa fase il repertorio dell'arte fu valorizzato, ma condizionato da adattamenti destinati

a spettacoli musicali. Perciò fu affidato ad Andrea Bertoldi l'incarico di restaurare una compagnia che nel

1738 giunse a Dresda per poi passare a Varsavia. Nel 1751 a Dresda giunsero altri attori, tra questi Cesare

D'Arbes, interprete di commedie goldoniane e autore di Li tre fratelli somiglianti. Il servitore di due padroni

fu rappresentato nel 1753 al teatro regio di Dresda con D'Arbes (Pantalone), Bertoldi jr (Truffaldino),

Zanetta Casanova (Clarice, ribattezzata Rosaura) e Paola Falchi (Smeraldina, ribattezzata Colombina). Nel

1755 arrivarono a corte Pietro e Teresa Gandini con testi dello scrittore ridotti in forma di canovacci

rielaborati secondo le tecniche attoriali della Bastona, D'Arbes e Gandini. Nel 1756 Dresda è occupata da

Federico II di Prussia e la corte si trasferisce a Varsavia; la compagnia viene sciolta quell'anno provocando il

progressivo esodo degli attori e lasciando memorie e nostalgie durevoli. Negli anni seguenti la commedia

dell'arte conobbe un progressivo declino anche a nord-est. Dall'Italia si continuò a importare l'opera buffa.

Goldoni era allora più noto in Europa come librettista che come commediografo. A Parigi, dove vive e

lavora dal 1762, è chiamato a servire committenti che vogliono da lui un teatro diverso da quello che era

venuto teorizzando a Venezia: un adeguato restauro di quel teatro all'antica, secondo i modi richiesti dai

francesi che continuavano a pretendere dagli italiani improvvisazioni comiche, canto e musica, ma

soprattutto quelle maschere che lo scrittore aveva dichiarato di voler riformare. Goldoni era chiamato a

replicare le favole di Arlecchino, Colombina e Pantalone, a comporre opere buffe o parodie assecondando un

mestiere che non aveva mai dismesso. Egli tenne viva, anche negli anni ruggenti delle sue commedie più

complesse e ammodernate, l'officina dell'improvvisazione perché questo richiedeva e richiederà il mercato

teatrale. La sua oscillazione tra i due modi di produzione era stata continua ed era dettata da uno spirito

empirico assai vicino alla vocazione teatrale dei suoi primi anni. A favorire una drammaturgia meticciata di

recitazione improvvisa e canto, erano intervenuti fattori organizzativi. Nel 1762 gli attori della comedie

italienne avevano comprato dall'Accademie royale de musique l'esclusiva per la rappresentazione di opere

cantate e danzate determinando la fusione con l'Opera comique. La compagnia della comedie italienne era

passata da una struttura capocomicale a una societaria; il repertorio era stato adeguato, nella lingua e nelle

forme drammaturgiche, alla domanda del pubblico. Gli attori, i ballerini e i cantanti parigini erano più restii

di quelli veneziani ad abbandonare gli antichi meccanismi di recitazione: a questi ultimi Goldoni si adeguò.

Egli poteva anche mettere a frutto la conoscenza delle caratteristiche del Pantalone Collalto che aveva avuto

con sé dieci anni prima: l'attore divenne presto protagonista del cartellone al fianco di Bertinazzi. A

differenza di Goldoni, che celò i fossili della recitazione, Gozzi invece volle far emergere le tracce del

lavoro degli attori – il successo della sua opera in assenza del rivale è da ricondurre al contributo della

compagnia di Antonio Sacco. L'omogeneità di quella compagnia, determinata da stretti legami familiari di

molti componenti, favorì il successo delle opere, affidate a un insieme rodato. Per Gozzi la funzione dei

comici guidati da Sacco fu benefica quanto quella della compagnia Medebach per Goldoni. I due

capocomici disponevano di tecniche derivanti dal linguaggio recitativo dell'arte. Se

Dettagli
A.A. 2014-2015
31 pagine
21 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca.serani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Drammaturgia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Ferrone Siro.