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Capitolo X. Il Coro
Caratteri generali. L'elemento primigenio dello spettacolo doveva essere il coro. Gli attori si sarebbero aggiunti successivamente. L'evoluzione della tragedia gli fa assumere sempre meno importanza per la sua marginalità rispetto al ruolo scenico. Eschilo doveva disporre di un coro di dodici elementi mentre Sofocle quindici. Il costume poteva variare e spesso era rappresentativo della comunità rappresentata.
Articolazione e struttura interna del canto corale. Il coro eseguiva un canto d'ingresso, la parodo e successivamente canti destinati a separare gli episodi, stasimi. Partecipava anche al dialogo scenico tramite il corifeo attraverso trimetri giambici. Il canto era articolato in una strofe e antistrofe con la stessa struttura metrica. Durante la strofe i coreuti avrebbero volto i loro passi in una direzione, durante l'antistrofe in una direzione opposta. In alcune tragedie la coppia strofica appare preceduta da un proodo: scopo di
introdurre il canto con l'invocazione alla divinità e l'enunciazione del tema che verrà svolto. In altri casi può essere inserito tra la strofe e l'antistrofe un mesodo: scopo di raccordare a livello tematico e metrico-ritmico le strofi e le antistrofi. L'efimnio è invece una sorta di refrain posto a conclusione delle strofi e talvolta antistrofi. Il coro, oltre ad essere articolato in coppie strofiche, poteva anche eseguire canti astrofici, brani svincolati da responsione esterna (Euripide). Questo tipo di canto è soprattutto eseguito nei canti infraepisodici cioè quei canti che a differenza degli stasimi cadono all'interno di un episodio e non segnano interruzione: intermezzi corali. Essi sottolineano generalmente la partecipazione affettiva del coro perché perfettamente integrato nel ritmo dell'azione drammatica. A questa categoria di intermezzi corali appartengono anche le strofi a distanza, coppie di canti.separati dall'inserzione di una cospicua sezione di dialogo in trimetri e non hanno funzione divisoria. Possibilità di divisione interna al coro. Il coro è un'unità omogenea e compatta: i suoi membri sono anonimi perché nessuno di essi è concesso di intervenire nell'azione scenica a titolo individuale. In circostanze particolari il coro poteva però dividersi in due semicori ciascuno dei quali eseguiva parte del canto. Come nell'Aiace i marinai del coro appaiono divisi in due gruppi volti in due direzioni opposte alla ricerca dell'eroe scomparso. Vi è solo un caso sicuro nelle Supplici di Euripide in cui la divisione discende da un contrasto di opinioni e di atteggiamenti: Teseo ha mosso guerra a Tebe e un semicoro paventa un esito negativo dell'aspedizione con dubbi sulla giustizia degli dei e l'altro fiducioso nell'intervento divino. Coro secondario. In alcune tragedie compare un coro secondario la cuipresenza è quasi sempre di brevedurata. Il coro e l'azione scenica. Non si sa bene quale fosse l'incidenza del coro sullo svolgimento delle azioni nellatragedia. Ce ne sono alcune in cui questo ha un ruolo rilevante, come: Supplici di Eschilo, Eumenidi, Supplicidi Euridipide, Baccanti, Troadi. Nelle altre questo ha un ruolo meno importante, tranne quando si mettecontro la violenza o veemenza di un protagonista, come nel caso dell'Agamennone, dove i coreutireagiscono ad Egisto che ha rivendicato l'assassinio di Agamennone. Qui la funzione del coro è mettere in17cattiva luce Egisto. Si prepara così il terreno alla vendetta di Oreste, argomento della tragedia successiva.Nell'Edipo a Colono il coro ostacola Creonte nel tentativo di rapire Antigone e di trascinare via Edipo e lasua azione ha successo perché nel momento più critico accorrono in aiuto Teseo e i suoi uomini.Il consiglio, il conforto, la complicità. LaLa forma più usuale con cui il coro si esprime è quella dell'ammonimento o del conforto. In Sofocle il coro mantiene un atteggiamento più distaccato, mentre in Euripide questo è più integrato, con l'obiettivo di predisporre il pubblico a provare un analogo sentimento di benevolenza, partecipazione nei confronti del personaggio sofferente: una sorta di costruzione della prospettiva. (parodo)
La paura, la premonizione, la preghiera. Sono anche altre le funzioni che il poeta assegna al coro, soprattutto negli stasimi. Accompagnano l'azione scenica e ciascun coro ha una sua fisionomia e dà voce alle risonanze profonde dell'azione drammatica in conformità alle sue caratteristiche. Il coro prova paura per un pericolo reale e vicino oppure può attenderne altri e attesa per le sorti di luoghi lontani. Questo porta a rimandi e immagini di forte impatto emotivo ed è anche molto frequente l'uso della preghiera.
Cipossono essere anche premonizioni come nello stasimo dell'Agamennone.
Il coro spettatore ideale. Spesso si è anche pensato al coro come allo spettatore ideale, come un portavocedelle opinioni del poeta. Secondo Schlegel attraverso il coro il poeta si sarebbe fatto portavoce del comunespirito nazionale e della comunità intera. È probabile che le sue emozioni mostrate siano infatti lo specchiodei valori dominanti nel regime democratico dell'Atene del V secolo. Ma non si può parlare del coro comespettatore ideale, perché gli spettatori sono in grado di giudicare ciò che accade molto meglio. Egli non èneppure, quindi, il portavoce delle opinioni del poeta. Sebbene ci siano casi in cui il tragediografi parlanoattraverso il coro.
- Euripide. La sua forte teologia appare nelle vesti del coro più volte nell'Orestea con l'inno a Zeus.
- Sofocle. Antigone. Il primo stasimo prende le mosse dalla notizia
Dell'azione con cui la giovane eroina contravviene all'editto di Creonte e seppellisce Polinice e il canto da un lato celebra l'ambigua grandezza dell'uomo, dall'altro è pronto a servirsi di quella intelligenza per fini meno nobili. Si è voluto leggere in questo la preoccupazione del poeta per l'insidioso processo di crescita di Atene negli anni che coincidono con il disegno imperialistico di Pericle e con il nascente movimento sofistico.
Euripide. Andromaca. Riflessione che la bigamia è la rovina della casa. In questo caso si può parlare di un poeta che si sostituisce al coro ma questa identificazione non è assolutamente una norma. Iporchemi. Parole a cui si riferiscono i canti di Sofocle intonati nel momento in cui il protagonista si è liberato da un pericolo, ma nonostante questo la catastrofe è vicina creano l'ironia tragica come in Aiace e Trachinie.
Il canto corale come raccordo tra passato e presente.
Spesso il coro integra momenti del passato al presente se sono utili ad illuminare sugli eventi. In questo senso esso può configurarsi come momento di approfondimento, di snodo dei passi più cruciali della tragedia. Il ruolo del coro secondo Aristotele. La nuova lirica del tardo Euripide. In un passo della Poetica Aristotele si sofferma sul ruolo del coro: ''lo si deve considerare come uno degli attori facente parte del tutto e partecipe dell'azione: non come in Euripide, ma come in Sofocle. Nei poeti posteriori poi le parti cantate sono in relazione con l'intreccio della tragedia cui appartengono non più che con quello di un'altra tragedia''. Aristotele condanna così la tendenza di comporre canti corali avulsi dall'intreccio scenico e a iniziare questa prassi sarebbe stato Agatone. CAPITOLO XI. IL PROLOGO Problemi di definizione. Il prologo è compreso tra l'inizio del dramma e l'entrata del coro: quest'ultima,laparodo, comporta di norma il passaggio dalla recitazione al canto e ciò segna lo sviluppo del ritmodrammatico.
Prologhi a una due o tre scene. Si può distinguere il prologo in base al numero di scene in cui viene organizzato. Per scena si intende la delimitazione data dagli ingressi e dalle uscite degli attori. In Eschilo e Sofocle sono una o tre, mentre in Euripide due.
Il prologo in Eschilo. La dimensione preferita da Eschilo per i suoi prologhi è quella della rhesis. La funzione del prologo eschileo è sostanzialmente quella di esporre l'antefatto prossimo della tragedia e fornire allo spettatore i dati necessari perché l'azione possa avere inizio, sebbene questa lo abbia effettivamente solo dopo la parodo.
Il prologo in Sofocle. I primi prologhi delle tragedie di Sofocle (Aiace, Antigone, Edipo re) sembrano condividere con Eschilo la tendenza ad una informazione sommaria sugli eventi a monte della storia iniziata. In queste quattro tragedie
vi è un confronto tra il prologo e la parodo, che costituisce l'introduzione del dramma. Una caratteristica distintiva di Sofocle è la sua abilità nel presentare i protagonisti dei suoi drammi evidenziando fin dalle prime battute i tratti fondamentali della loro personalità. Un elemento essenziale per farci immergere nelle vicende e negli eroi è il dialogo. La sostituzione del dialogo al posto della rhesis nel prologo crea un effetto di maggiore naturalezza e una caratterizzazione più vivace. Nel teatro di Euripide, il tipo di prologo più comune è quello composto da due scene, e la prima scena viene chiamata rhesis prosologica. In Euripide, questa rhesis tende ad essere ipertrofica, quasi eccessivamente retorica, almeno secondo i nostri occhi. Euripide ha la tendenza ad anticipare l'esito finale della vicenda rappresentata, soprattutto quando i personaggi sono in scena.Un dio) permette di creare complicità con il pubblico e a far concentrare l'attenzione di quest'ultimo verso l'intreccio, l'originalità del disegno scenico fatto dall'autore e a caricare i colpi di scena per ravvivare di continuo l'emozione degli spettatori. Euripide inoltre è il padre di una nuova forma di prologo: l'impiego della monodia in forma di lamento soprattutto a formare l'ultima parte del prologo.
CAIPTOLO XII. LA PARODO.
L'ingresso del coro. La parodo è il primo canto che il coro esegue nel corso della tragedia al momento del suo ingresso nell'orchestra e questo avviene di norma alla fine del prologo. Le uniche eccezioni in cui la parodo è assente è nel caso delle Supplici e del Reso. Il coro può entrare perché attirato dalla novità o interpellato o altro.
Gli anapesti di marcia. In alcune tragedie il canto è preceduto da una sezione anapestica destinata a
ritmare l'incedere dei coreuti al loro ingresso: resi probabilmente in recitativo o dal solo corifeo. La parodo in forma chiusa. In Eschilo e in Sofocle la parodo forma una unità a sé