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L’EREDITÀ DEL PASSATO: PAOLO FERRARI

II.

1. La commedia a tesi

Il teatro borghese italiano vede le sue radici nella commedia del modenese Paolo Ferrari (1822-

1889): protagonista è la classe borghese in ascesa, senza però che ne venga dato un ritratto

polemico. Primo testo che si avvicina al teatro a tesi è la commedia Prosa (1858), il cui intento è

“ricondurre i giovani ad avere il coraggio di professare con orgoglio patriottico la via del dovere”.

Dramma a tesi poiché alla base c’è una teoria da dimostrare. Ferrari mira sempre ad un teatro

educativo che migliori e rafforzi i valori morali tradizionali: questo però comporta una limitazione

della capacità creativa.

A Ferrari è legato il primo grande successo di sala del Manzoni, Il ridicolo (1872); questo grazie

alla compattezza e all’efficace sviluppo drammatico ed inaspettato delle situazioni. Colpita è

l’abitudine del pettegolezzo che, se troppo alimentato, arriva a compromettere la rispettabilità

altrui: è la vicenda del marchese Federico di Braganza e della sua sposa, la cantante Emma, dal

passato irrequieto ma superato. La trama è rapida e logica e si svolge sui tradizionali espedienti

dell’equivoco e dell’intrigo, il linguaggio vivace colorito; manca tuttavia la profondità di azione e di

sincerità dei personaggi, i quali risultano delle macchiette. L’ambientazione è contemporanea ma

non vuole essere una riproduzione realistica del contesto. L’opera è rappresentativa del lavoro di

Ferrari in questi anni, caratterizzato dall’abitudine a procedere per stratificazioni (“ruminante”):

della commedia sono conservate due versioni. E’ Ferrari ad inaugurare la tendenza dell’autore a

seguire l’allestimento scenico: stretto è il rapporto con il capocomico Luigi Bellotti Bon.

24 gennaio 1874: la compagnia Bellotti Bon N.2 presenta a Milano Il cantoniere, scritto per una

recita di beneficenza tenutasi a Modena a favore degli alluvionati. E’ un enorme successo,

probabilmente a causa dell’incidenza del fatto di cronaca. Il 1 novembre 1877 viene invece messo

in scena Le due dame, commedia in tre atti debitrice degli schemi della commedia d Dumas figlio.

Contrapposte sono la virtuosa Rosalia e la frivola Gilberta: la società borghese disprezza la prima

e ammira la seconda, facendo ricadere i propri pregiudizi anche sui figli delle due donne, fino a che

le virtù interiori della prima non riescono a imporsi, garantendo ai suoi figli matrimoni onorevoli.

Benchè ispirato alla realtà del suo tempo, il teatro di Ferrari si distacca dal nuovo orientamento

drammatico, che procede per sfumature psicologiche: il suo realismo è un “realismo teatrale”.

2. Il circolo di casa Ferrari

Giunto a Milano sono molte le amicizie che Ferrari instaura in ambito professionale: in primo luogo

quelle legate all’Accademia Scientifico Letteraria, dove riceve l’incarico di professore di storia,

letteratura italiana ed estetica; a seguito verrà inserito in numerose Accademie filodrammatiche e

società culturali. Accesa è anche l’attività giornalistica, mentre dal 1883 al 1886 è direttore della

Compagnia Drammatica Nazionale. Presso la sua casa a Milano si riuniscono giovani letterati,

giornalisti, autori e drammaturghi: la “Consorteria delle Effe”. Particolarmente stretto è il legame

con gli ultimi: l’interesse non si limita a semplici consigli e suggerimenti, ma riguarda anche

l’ambito della promozione scenica.

Il caso più significativo è quello del rapporto con il giovane Giuseppe Giacosa, conoscenza che

diviene collaborazione nel momento in cui F. cura la realizzazione scenica de Il marito amante

della moglie (1876): la commedia, messa in scena dalla compagnia Pietriboni, ottiene un enorme

successo, che Giacosa riconosce essere dovuto alla modalità della messinscena: peculiarità di

Ferrari non è solo leggere il testo, ma saperlo recitare insieme agli attori.

Paladino della volontà degli attori di sottrarsi ad una resa approssimativa del testo, Ferrari diviene

così garante del teatro d’autore.

GEROLAMO ROVETTA

III.

1. “Momi” e la pittura d’ambiente

Gerolamo Rovetta (1851-1910), uno fra i drammaturghi più produttivi del tempo, incentra i propri

drammi sullo studio dell’ambiente borghese: ricordiamo La trilogia di Dorina (1889), I disonesti

(1892), La realtà (1895), Le due coscienze (1900). Intorno alla prima si sviluppa una vera e propria

battaglia per l’affermazione del vero in teatro e di fronte ad essa il pubblico si divide in fazioni

contrapposte. La storia presenta alcuni tratti del melodrame, ma è costruita con una tecnica

drammatica ben attenta al contesto sociale e alla psicologia dei personaggi. La si può definire, più

che commedia in tre atti, tre commedie in un atto: ogni atto ha uno sviluppo e un’ambientazione

propri. Salta all’occhio l’attenzione dell’autore alla pittura d’ambiente, tanto che i personaggi

risultano emanazione dell’ambiente stesso: puntuali notazioni sulle intonazioni, sui gesti, sulle

posizioni, sui costumi… Dopo il debutto milanese il copione viene ceduto alla compagnia di Virgilio

Talli e Ida Carloni; interessante è una lettera che Rovetta invia al primo, all’interno della quale

emerge da un lato la responsabilità dell’autore in merito alla distribuzione delle parti e alla

direzione delle prove, dall’altro quanto iniziasse a svilupparsi all’interno delle compagnie una certa

attenzione per il lavoro di concertazione.

Meticolosa è l’attenzione rivolta alla messinscena dei drammi successivi, in particolar modo La

realtà (1895). La tematica di distacca dall’usuale storia d’adulterio per affrontare il tema della

reputazione personale nell’ambito politico-sociale. Scarsissima è l’azione scenica, mentre tutto è

ricondotto alla resa dei conti con il passato, capace di condizionare il presente fino a distruggere il

personaggio. Il protagonista, che nel finale sceglie il suicidio, assurge così ad una complessità

quasi tragica. Presente all’interno del dramma anche un personaggio guida, il copista Marino: egli

sconta nella propria quotidianità la condanna di una società ipocrita.

La scena è organizzata su due piani di profondità, presupponendo anche un rimando al fuoriscena;

molto ampie sono le didascalie e meticolosa è l’attenzione per l’apparato costumistico: non a caso

la commedia si apre con una serie di Note per la rappresentazione. Si ricordi che al tempo non

esisteva ancora la figura del costumista e la scelta degli abiti era ricondotta al singolo attore.

Malgrado l’insoddisfazione di Rovetta la pièce si rivela un successo e viene giudicata “nata

dall’osservazione diretta delle cose” (si osservi come la critica sottolinei il carattere corale di

dramma d’ambiente, lasciando su un secondo piano il tormento del protagonista).

Le due coscienze debutta al Manzoni nel 1900: sulla scena il dibattito circa ciò che è bene e ciò

che è male, la messa a nudo dei pregiudizi della classe dirigente, cinica e gretta.

2. L’autore e il critico: il carteggio Rovetta – Mazzucchetti

E’ nell’ambiente del Manzoni che si presume sia nato lo stretto legame fra Rovetta e Mazzucchetti,

un duraturo rapporto di amicizia e di collaborazione professionale testimoniati da un carteggio

complessivo di oltre trecento documenti. Le prime lettere riguardano La trilogia di Dorina: la

preoccupazione di R. riguarda la circolazione del dramma e dunque la necessità di un’opera di

sostegno da parte del critico. Mazzucchetti diverrà a seguire tramite non solo con la stampa, ma

anche con i capocomici; egli segue le fasi compositive e partecipa alle prove delle commedie,

conduce ricerche storiche per conto dell’autore che – negli anni a cavallo fra i due secoli – decide

di darsi alla composizione di una serie di drammi storici. Si ricordi Romanticisimo (Torino,1901 –

Milano, 1903), destinato a diventare il maggior successo teatrale di Rovetta: è Mazzucchetti a

raccogliere i materiali necessari e a scegliere la compagnia di Tina Di Lorenzo e Flavio Andò. La

critica riconosce a Rovetta la capacità di trattare un argomento storico facendo emergere i dolori e

le gesta di uomini che vissero gli ultimi anni della dominazione austriaca nel Lombardo Veneto,

sapendo comunicare il senso di collettiva appartenenza alle radici di un passato ricco di glorie.

Romanticismo non è semplice dramma storico: è un quadro di vita che muove da ideali alti e li

mette in conflitto con la realtà personale e provata dei singoli, facendoli reagire con le psicologie

individuali. In merito ai personaggi: “i caratteri se non profondi, sono ben riusciti e simpatici, e dove

non simpatici indovinatissimi”.

MARCO PRAGA

IV.

1. Lo specchio critico della morale borghese

Nato a Milano nel 1862, Marco Praga è figlio dell’autore scapigliato Emilio, di cui rimane orfano a

tredici anni. Si avvicina alla drammaturgia frequentando gli ambienti del Manzoni; suo primo testo

recensito è l’atto unico L’amico (1886). Protagonista è il tema dell’adulterio, certamente non nuovo

nel panorama teatrale, ma inedito è l’approccio dell’autore: non vengono rappresentate le fasi della

storia, bensì le conseguenze psicologiche e i successivi risvolti. Rompendo con la tradizione della

commedia a tesi tramite l’atto unico, Praga propone un soggetto strettamente drammatico

arricchito di un ritmo vivace ed incalzante. Ma la maturità drammaturgica di Praga risale a Le

vergini (1889), commedia in quattro atti maturata a seguito della collaborazione con colleghi e

critici. La vicenda delle sorelle Tossi, Paolina, Selene e Ninì riserva un contenuto drammatico,

legato alla figlia maggiore Paolina – onesta e riservata – che però nasconde la vergogna di aver

subito in passato uno stupro: rivelato il proprio segreto al futuro sposo Dario, questi la respingerà,

coerente con i valori della società borghese. Due sono le stesure del dramma: la prima prevede la

confessione a seguito delle nozze, la seconda nei giorni precedenti (questo contribuisce a

sottolineare l’integrità morale della donna). Nonostante il gran successo della prima, pungente è la

critica nei confronti della pièce, probabilmente causa la quasi assente azione scenica.

Ma è proprio nella definizione dell’ambiente che risiede la novità della scrittura, poiché dall’insieme

dei particolari descrittivi deriva la forza evocativa di personaggi e si

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
7 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/05 Discipline dello spettacolo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher viola_fr di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Drammaturgia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Cambiaghi Mariagabriella.