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L'opera buffa esige subito una caratterizzazione forte dei personaggi, distinzione netta tra parti
maschili e femminili, fissa la coppia degli amorosi nel soprano e nel tenori, insidiata o aiutata dal
basso, perlopiù buffo. Il virtuosismo non è bandito, ma ampliato e modificato. L'esigenza di
realismo vocale si fa cosi forte che l'ultimo grande autore buffo, Rossini, mettendo al centro
personaggi femminili di grande iniziativa erotica come Rosina nel Barbiere di Siviglia, taglia le loro
parti vocali sul registro più centrale e virile, per rendere più appropriate le voci scure al pigi
aggressivo e determinato.
L'antagonista naturale del tenore diventa il baritono, evoluzione del settecentesco basso cantante. La
sua voce secondo Donizetti è centrale, scura, sempre naturale. Il baritono svetta anche nei ruoli del
malvagio, astuto e senza fede. Il basso si giova di questo nuovo ruolo del baritono e raggiunge
anch'esso parti protagoniste oltre che a continuare la antica parte cupa dell'innamorato vecchio e
rifiutato. La sua voce è meno profonda, in linea con il profilo dinamico dei suoi nuovi ruoli, molto
agitati a dispetto dell'età avanzata dei personaggi che li incarnano.
Con Verdi si precisa ulteriormente il profilo vocale del soprano che acquista potenza ma anche
dolcezza. Nell'Ottocento del resto, persino il tradizionale virtuosismo melismatico di questo registro
vocale è funzionalizzato alle esigenze espressive dei personaggi, ora a scene di pazzia, ora a
rafforzamento, ribadimento della determinazione, dell'ansia sentimentale del personaggio.
Il registro di soprano trova un antagonista tipico in quello più grave di mezzosoprano, una voce che
si adatta pure a ruoli sensuali, pieni di vitalità e dinamismo. Il contralto invece, ultimo erede
dell'ermafroditismo vocale dell'era belcantistica, esce dai ruoli di travestimento ed è bandito dai
ruoli seri maschili.
Il melodramma romantico consegna alla tradizione esecutiva una tavolozza vocale straordinaria,
variata e mossa, con grandi suddivisioni all'interno di ogni registro a seconda delle opere e dei ruoli.
Il realismo espressivo trova nella diversità delle voci un potente strumento di garanzia e verifica.
L'ultima stagione operistica dell'Ottocento, quella verista, è anche più radicale e orienta la vocalità
verso il parlato, le esclamazioni brutali e il grido.
La diversità e l'incompatibilità dell'opera del Novecento si evincono anche dai cambiamenti nella
tipologia e nell'uso delle voci, per le quali non varranno più che in minima parte le vecchie
categorie e i ruoli consolidati.
Capitolo V
Lo spettacolo operistico
L'organizzazione
L'opera inizia come esperimento di gruppi d'avanguardia intellettuale come Camerate dei Bardi e i
primi lavori di Emilio de Cavalieri e come spettacolo di corte- di questo, fino alla fine degli anni
trenta (600), l'opera presenta molti caratteri. Queste caratteristiche rimarranno in parte anche in
seguito, persino oggi. Tuttavia, già sul finire del terzo decennio del Seicento, l'opera deve rinnovarsi
drasticamente, perché deve provvedere con i propri mezzi al suo sostentamento.
Nasce una nuova dimensione commerciale che fa dell'opera il primo prodotto davvero popolare e
sociale e con essa si sviluppano, oltre a nuove figure professionali come quella dell'impresario,
anche nuovi profili di quelle tradizionali, dal cantante ai compositori, ai tecnici di scena. In
particolare i cantanti si organizzano subito in compagnie itineranti, in grado di muoversi da una città
all'altra e di assicurare cosi quella riproposizione dello stesso prodotto che diventava necessaria alla
sua sopravvivenza economica.
La dimensione pubblica dell'opera favorisce la sua permanenza nelle vicinanze dei centri del potere,
specie dopo la nascita dei teatri civili, in cui si riconoscevano un'intera comunità o perlomeno i suoi
ceti più abbienti. L'impresario è l'organizzatore dell'opera. Il sistema impresariale è parzialmente
messo in crisi a fine Ottocento, dal ruolo che assumono i grandi editori di musica, in primo luogo
Ricordi. Gli editori acquisiscono e gestiscono quella proprietà della partitura che da metà 800 i
diritti d'autore proteggono, ma che il compositore non riesce a difendere da copisti e falsari.
Nella storia dello spettacolo operistico la sostituzione delle novità con la riproposta di lavori di
successo è un evento che va di pari passo con la progressiva crescita del prestigio del compositore.
Capitolo VI
Come, quando, perché
Tra gli esperimenti che si vengono facendo nella seconda metà del Cinquecento intorno alla musica
e al canto, due sono le istanze che più delle altre portano verso il melodramma: il rilancio, nel canto,
del ruolo della parola e il recupero colto dell'antico teatro greco. Accanto a queste istanze
espressive, di sganciamento della parola e dei suoi effetti dal predominio di ragioni esclusivamente
melodiche, c'è anche un'esigenza più intellettuale di recupero delle antiche modalità esecutive della
tragedia classica, e sopratutto dalla greca.
Negli anni 80 del XVI secolo a Firenze un gruppo di intellettuali aveva cominciato a riunirsi in casa
del conte Giovanni Bardi discutendo della musica vocale dell'antica Grecia, il cui pregio teatrale, si
pensava, doveva essere dipeso proprio dall'esecuzione a voce sola. Il canto degli antichi diventa
quindi il modello di un canto che non tradisce ne dissimula gli affetti e la perspicuità delle parole e,
in sostanza, resta vicino ai moti istintivi dell'animo umano, non allontanandosi da essi per eccessi di
artificiosità, come invece accadeva alla polifonia.
Il ritorno alla classicità e la novità musicale puntano dunque nella stessa direzione: valorizzazione
della parola, sfruttamento delle emozioni suggerite dalla musica. Il luogo di incontro di parole e
musica è, inevitabilmente il teatro. La musica riesce a rappresentare le passioni e sentimenti solo in
quanto si appropri ed esalti le virtù della parola.
Caratteristiche delle scenografie del primo teatro musicale sono, fin da subito, la sontuosità e la
complessità dell'apparato che deve dare vita a figure astratte, divinità e situazioni mitiche. L'opera
nasce come ricerca espressiva in territori limite, quasi per esplorare la manifestazione dei moti del
cuore in stati e animi non comuni, in esseri superiori, colti in momenti supremi e solenni.
Capitolo VII
L'opera barocca
Nata come teatro e festa di corte, caratterizzata dalla magnificenza delle scene e condizionata dalla
festosità delle occasioni che la propiziano, verso la fine del terzo decennio del Seicento l'opera
sbarca in una repubblica, a Venezia, città di grande vivacità teatrale. Da Venezia la passione e
l'impresa commerciale dell'opera si diffondono un po' in tutte le città.
I cambiamenti nella destinazione e nella collocazione sociologica del teatro musicale comportano
importanti mutamenti nella sua forma e nei suoi contenuti. Per rispondere alle nuove esigenze i
soggetti otre che nel mito o nel mondo pastorale, cominciarono ad essere cercati più o meno
direttamente nell'epica classica e nella storiografia. Nasce da qui la predilezione per l'estremo,
l'eccessivo nei gesti, negli atteggiamenti, nei sentimenti, nella scenografia, che saranno poi una
caratteristica stabile dell'opera lirica fino a tutto l'Ottocento.
Il melodramma della prima età barocca punta tutte le sue carte ancora sulla recitazione. Musica e
canto non deprimono la poesia e il testo letterario è al centro, per chiarezza di dizione e rispetto
della parola, delle attenzioni del compositore. Il recitativo si alza spesso verso ariosi favoriti da
giunzioni di rime che rallentano e riordinano il flusso dei versi sciolti, la declamazione lascia posto
a cavate e a melismi che richiedono un sostegno orchestrale più robusto.
Successivamente la stilizzazione virtuosistica del canto e il rinforzo orchestrale si fanno più vistosi
e finiscono se non per travolgere, certo, spesso, per compromettere il senso e la sua percezione. Le
arie crescono di numero e tendono a dilatarsi attraverso ripetizioni, ritornelli e interventi
strumentali.
Poi comincia a farsi sempre più difficile la convivenza tra i due istituti fondanti del melodramma,
aria e recitativo. Il recitativo si presenta in misure metriche sempre meno ritmizzate da rime e versi
regolati e l'aria tende a chiudersi in un suo recinto formale.
Capitolo VIII
L'opera seria
Il melodramma secentesco rispondeva per più aspetti , linguistici, compositivi e scenografici al
gusto barocco. Per di più, la vicenda teatrale si era via via infittita di arie in cui i cantanti potevano
fare sfoggio della loro bravura, con canti sempre più ornati.
Nel Settecento però, tanta varietà e tanto disordine finiscono per non essere più compatibili con il
razionalismo che si afferma nella cultura e nel gusto e si provvede separando nettamente il comico
dal serio, potando gli eccessi del meraviglioso tematico e scenico, posizionando meglio le arie
dentro le scene.
Il melodramma metastasiano
è Apostolo Zeno il primo a riformare il melodramma, disponendo le arie a fine scena, giustificando
con la posizione il loro specifico ruolo drammaturgico di chiusura e contemplazione dell'accaduto.
Mentre l'aria si definisce in forme simmetriche e chiuse, il recitativo, specie quello secco perde i
residui contatti con le forme solistiche e si assimila più decisamente al dialogo tragico in versi
sciolti. Il melodramma era chiamato anche ad adempiere alla funzione di far rivivere la tragedia
classica in forma conveniente all'ideologia settecentesca. La forma congrua doveva venire da un
rinnovato incontro ed equilibrio tra il linguaggio verbale e quello musicale, con il secondo non solo
incaricato di potenziare il primo, ma anche di anticipare fin da subito quegli sviluppi sereni che solo
in conclusione le parole rendevano espliciti nel lieto fine.
Lo spettatore settecentesco traeva diletto da un dramma che, dopo aver complicato le trame della
vita narrata e aver minacciato la rottura di equilibri ed equità, ristabiliva infine un ordine e una
giustizia che la regolarità delle musiche e dei profili melodici annunciava fin dal primo istante.
L'aria di Metastasio è perlopiù una riflessione sull'evento, di cui racchiude il senso in un'immagine,
in un valore. La sua funzionalità è di conseguenza spesso sganciata dall'evento specifico che la
precede ed essa diventa cosi riciclabile e ricollocabile liberamente, persino in opere diverse. L'aria
metastasiana è già predisposta dal testo per le