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Argomenti della lezione
Le fonti rituali sono quelle azioni che, in ambito drammatico, hanno riferimenti a
pratiche concrete del vivere quotidiano ateniese, dove si fa riferimento alle vicende
comuni della propria cultura. Ad esempio l’Edipo re di Sofocle inizia con un momento
rituale speculare ai reali riti che avvenivano ad Atene. In tal modo il dramma mette
davanti allo spettatore quella cultura mnemonica che non nasce per essere vista ma
praticata; ora il pubblico ora si ritrova ad osservarla. Nel teatro vengono spesso
esposti questi riti, compresi quelli funebri (ai quali, si pensa, siano legate alcune
ceramiche dipinte).
Nell’Odissea come poema omerico, i personaggi parlano in prima persona,
esattamente come accade nelle successive dinamiche della tragedia. Il discorso
diretto è infatti la componente centrale della forma tragica. Tali discorsi si sviluppano
su due fronti: quello retorico (atto al convincimento di una o più persone) e quello
emozionale. L’inizio dell’Odissea non avviene in ordine cronologico, ma quando il
viaggio è quasi terminato. Omero, sempre fecondi di termini tecnici e precisi, usa
quindi il metodo del racconto in prima persona come espediente narrativo per
recuperare la storia di Ulisse, che è quindi già avvenuta (eccetto il ritorno ad Itaca).
Una delle più grandi testimonianze teatrali classiche ci proviene dal Pronomos, un
vaso dipinto da raffigurazioni che raccontano delle prove di recitazione. Pronomos è il
nome del committente, raffigurato come l’auleta al centro del vaso. I musicisti, unici
professionisti nell’ambito teatrale, non erano premiati (solo i poeti erano riconosciuti
ufficialmente) e si pensa che questo ritrovamento significhi una qualche
autocelebrazione. Dalle immagini (che ritraggono un dramma satiresco) si vedono
figure prive di calzari per aumentare la statura degli attori e maschere che
richiamano una totale proporzionalità con il corpo umano.
Prossima Lezione Lo spazio scenico e nuovi elementi del teatro.
L . 5 – 18/10/2012 – Spazio scenico e nuovi espedienti
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Argomenti della lezione
Riguardo ai drammi siamo a conoscenza di numerose notizie storiche. Essi erano
densi di elementi teatrali e mitici religiosi e la proporzione dell’uomo era naturale
(privo, ad esempio, di coturni che lo rialzavano). L’ispirazione era considerata
avvenire per influsso diretto degli dei o delle muse, e permetteva all’artista la
testimonianza di eventi a cui non ha realmente assistito. Il teatro non si limita a
rappresentare i miti, ma è all’interno della celebrazione degli stessi. Una figura
fondamentale all’interno di questa dinamica è sempre l’Oracolo. Per quanto riguardo
l’aspetto agonistico, successivamente vennero premiati anche gli attori, mentre i
musici (ancora unici professionisti) non sono ufficialmente riconosciuti.
Come si articola lo spazio scenico? Attorno al 450 a. C. la schenè viene integrata da
due porte (paraschenia). Il corpo frontale che sta davanti al pubblico ha ora un rialzo,
che distingue la zona di azione degli attori, dividendo il loro ruolo rispetto a quello del
coro e dei musici, che rimangono nello spazio che diverrà della sola orchestra. Il
contenuto scenico inizia a distinguersi, con il coro che agisce assieme al pubblico e
non è più il centro della rappresentazione: il dramma ora esplode di fronte ai conflitti
dei personaggi. Mentre in Eschilo l’azione drammatica non è fra personaggi ma tra
situazioni, per evidenziare questo passaggio risultano necessari nuovi espedienti
scenici.
Aristofane, scrittore di commedie, si occupa delle motivazioni culturali di questo
punto di passaggio, le quali porteranno anche Aristotele a scrivere la Poetica. Il
filosofo vuole insegnare ai giovani di modo che si riesca a ritornare a comporre opere
grandiose come facevano gli antichi, poiché ora i drammatici sono privi di talento.
Aristofane, nelle Rane, riporta in vita sulla scena uno di questi personaggi, dovendo
scegliere tra Euripide o Eschilo (la scelta di Sofocle viene scartata in partenza, poiché
non avrebbe conflitto essendo un pensiero molto simile a quello di Eschilo).
Attraverso l’utilizzo scenico di una macchina che rappresenta un’enorme bilancia, i
versi dei tragici vengono pesati da Dioniso, si arriva alla conclusione che quelli di
Eschilo hanno più sostanza ed egli viene fatto rivivere. Questa scelta viene fatta di
fronte a due elementi distinti: l’abilità del poeta (come riusciva ad articolare gli
eventi nell’intreccio, ad esempio la trilogia dell’Orestea che segue un unico filo
conduttore) e i buoni consigli (ciò che il dramma comporta come conoscenza per la
collettività, un’attività pedagogica in contesto rituale che i drammaturghi attuali non
sono in grado di fare con reale efficacia).
Aristotele, ragionando sulla decadenza del teatro, si chiede quale sia il fine delle
grandi tragedie. Essa è la catarsi, la purgazione del terrore e della pietà facendo
vivere questi stessi sentimenti al pubblico, entrambi conflittuali e controindicati
nell’amministrazione della giustizia cittadina. Lo spettacolo deve essere uno
strumento rituale tramite il quale si raggiungono nozioni culturali.
Iniziano a separarsi i tecnici dalla cittadinanza, esenti da tasse e servizio militare,
diventando una corporazione privilegiata. Agatone, di cui non ci sono pervenute
opere, riduce il coro a intermezzo. Esso non è più un elemento generativo e
personaggio molteplice, ma solo una fonte di piacere derivata dal canto. Altra novità
introdotta è la dilatazione del kommos (il canto del singolo derivato dal lamento
relativo alla propria morte). Prima esso era un richiamo funebre trasposto nella
stesura tragica, ma ora perde il proprio riferimento rituale e diviene un mero sfoggio
di virtù canore. Questo passaggio avvia le prime similarità con il melodramma
pre-rossiniano, dove anche gli interpreti verranno premiati. Il kommos diviene
proprietà del cantante, il quale identifica le parti a lui più consone e ne fa utilizzo
come meglio preferisce.
Prossima Lezione Approfondimento sulle differenti dinamiche e strutture della
tragedia.
L . 6 – 19/10/2012 – Le dinamiche della tragedia
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Argomenti della lezione
Come già detto, non ci sono pervenuti molti documenti riguardo alle fasi iniziali e di
decadenza del teatro greco. Possediamo solo conoscenze indiziarie, dove la tragedia
diviene ricostruibile ma non visibile. Abbiamo indizi grazie alle terrecotte (riguardo
alle proporzioni umani naturali, diversamente a ciò che avveniva nel teatro romano),
indizi nelle lapidi (che testimoniano le vittorie dei tragici), testimonianze ad opera di
contemporanei (Aristotele e Platone spesso parlano del mondo teatrale presente ai
loro occhi) e indizi legislativi (gli esoneri dalle tasse per gli attori professionisti). Per
quanto riguarda i monumenti essi non ci forniscono alcun dato riguardo allo
svolgimento delle opere tragiche; mentre le opere sono conosciute le dinamiche
rimangono solo indiziarie. Sappiamo, ad esempio, che il mutamento tragico continua
a correre comunque su schemi fissi, dove l’elemento visivo tende a non trasformarsi.
È invece presenta la peripezia, il cambiamento di stato fra negativo e positivo (ad
esempio le differenti entrate di Anfossa, la regina nei Persiani). Inoltre la tragedia non
presenta quasi mai una didascalia esterna che ci informi dei movimenti degli attori o
del coro. Il teatro non è dunque da confondere con lo spettacolo stesso, è piuttosto
una conoscenza indiziaria dei suoi svolgimenti.
Ogni tragedia inizia con un prologo che fornisce spiegazioni sull’antefatto (può essere
un narratore onnisciente, un dio, un personaggio o un insieme di personaggi).
Talvolta è il coro che fornisce l’antefatto, ma la sua entrata (parodo) con il primo
canto, di sfondo filosofico, è sempre successiva. Dopo di questo, il coro (solitamente
formato dagli anziani delle città) diviene personaggio. Segue l’evento drammatico, un
nuovo stasimo corale, un episodio, un altro stasimo e l’episodio centrale (con la
presenza dei tre attori, la grande innovazione sofoclea). Qui inizia il conflitto fra i
personaggi, basato spesso su un dialogo fatto di rapide battute sentenziose
composte da un solo verso, collocate in punti chiave del conflitto (sticomitia).
Successivamente avviene il kommos di espansione emozionale, legato alla morte o al
presagio di essa. Può essere presente un capovolgimento retorico, dove un
personaggio dimostra il contrario di ciò che era stato precedentemente dichiarato.
Altri personaggi ricorrenti sono le ancelle, sempre mute. Riguardo alla forma si sa che
le tragedie non prevedevano pause e si svolgevano continuativamente. Tra i temi
ricorrenti è l’invidia degli dei, quando essi vengono sfidati dagli esseri umani, e la
loro successiva vendetta.
Prossima Lezione Conclusione del teatro greco.
L . 7 – 23/10/2012 – Aristotele pt. 1
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Argomenti della lezione
Nel periodo bizantino ad Eschilo vengono attribuite caratteristiche innovative in
realtà a lui successive, come l’uso di calzari e maschere per aumentare le proporzioni
del corpo umano. Questo accade perché nel teatro romano il tragico diviene
l’inventore di ogni dinamica teatrale e non solo il direttore dell’azione. In realtà il
poeta si limita a disseminare solo indizio riguardo all’evento scenico.
Nel teatro (letteralmente “luogo in cui si vede”) esiste una categoria di personaggi il
cui ruolo è esclusivamente quello di sottolineare verbalmente un evento visivo. In
altre occasioni si trovano invece personaggi muti, dove la scrittura estesa al silenzio
conferma il suo carattere scenico. Bisogna ricordare che nel teatro venivano riportate
fedelmente le abitudini dei cittadini, come ad esempio il culto dell’oracolo, una parte
importantissima della quotidianità ateniese.
Aristotele scrive nel 335 a. C. e rispetto ad Eschilo (che scriveva nel 490 a.C.) molte
cose sono cambiate in ambito politico e storico. L’autonomia delle poleis greche
viene spezzata da un condottiero macedone di nome Alessandro Magno. In una città
ora meno orgogliosa e padrona della propria storia, le dinamiche puramente
spettacolari iniziando ad acquisire più importanza. Aristotele nelle sue opere agisce a
livello della forma teatrale, in un teatro indipendente dalle contingenze.
L’introduzione della catarsi ne è un esempio, dove la lettura del testo diviene
sufficiente a purgare l’animo da quei pensieri di pietà e terrore che mettono in
pericolo la giustizia. Bisogna ricordare che la lettura muta non era praticata in nessun
modo, era sempre ad alta vo