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IL DIRITTO NELL’ETA’ MEDIEVALE E NELL’ETA’ MODERNA

La società medievale è una società senza Stato e il diritto è ordinamento dei rapporti sociali, cioè dimensione

intrinseca della società che, tramite esso, si autodina. Nella modernità, invece, il diritto richiama la volontà

del potere sulla società: essa o subisce passivamente la volontà del potere politico o lo rende un suo stesso

artificio (visione di Hobbes). 10

Dottrina dello Stato

Ma cosa rende possibile il fatto che nel Medioevo siano i rapporti sociali a creare diritto? Probabilmente il

fatto che la società medievale, organizzata in comunità, si è sempre costituita come ordinata

indipendentemente dal potere politico e si è sempre ordinata tramite uno specifico elemento ordinante: la

consuetudine. Il diritto, quindi, non era frutto della volontà di questo o di quel principe, ma della società

stessa. In quest’ottica, il diritto per eccellenza era il diritto civile, volto a regolare i rapporti interpersonali e

regolato dai giudici (non dal legislatore) attraverso un’attività interpretativa. Il legislatore, cioè la legge,

interviene solo in un secondo momento e ha la funzione di riconoscere l’ordinamento esistente e tutelare il

bene comune proprio grazie a tale riconoscimento. Il bene comune è proprio l’ordine intrinseco alla natura,

quell’ordine che il diritto ha il compito di scovare e assecondare e che la legge ha il compito di riconoscere.

Si rintracciano, così, nel diritto una funzione ordinante e nella legge una funzione descrittiva. L’elemento

ordinante è già intrinseco alla natura. Uno dei massimi studiosi del diritto medievale, Otto von Gierke (1841

– 1921) ha definito la società medievale come un incrocio di corporazioni: la società politica, nello specifico,

sarebbe frutto di un processo federativo che ingloba le comunità minori (le famiglie, le organizzazioni del

lavoro ecc…) senza svuotarle, senza negarle. Secondo lui, dunque, la società politica non è fatta da singoli

individui, ma da cerchie che si allargano.

Nella modernità, invece, si assiste ad un fenomeno inverso: un fenomeno di contrazione del diritto che fa sì

che esso sia confinato nella sfera della statualità. Contraendosi nella statualità, il diritto non è più ordine dei

rapporti sociali, ma volontà del re, che non si fa più interprete della legge, ma suo autore. Rispetto al sovrano

nulla preesiste: non c’è nessun principio d’ordine che preceda o vincoli il sovrano e, se rimangono degli spazi

di autonomia, questi non si legittimano autonomamente, ma sono derivati dall’autorità sovrana per sua

concessione. Una concessione, però, in quanto tale, può anche essere revocata. Nella modernità, inoltre, il

diritto smette di essere principio ordinatore e diventa comando e il diritto per eccellenza è rappresentato dal

diritto penale, che manifesta più compiutamente la potestà punitiva dello Stato. Inoltre, così come attesta

Kelsen (1881 - 1973), mentre nel Medioevo l’unità di misura per giudicare un comportamento umano era

costituita dalla fattualità, cioè dalla consuetudine, nella modernità è la norma che fornisce l’unità di misura.

Tutto l’ordinamento si riduce ad un insieme di norme e sanzioni, con la conseguenza, però, che esso finisce

per “galleggiare sulla società” (Paolo Grossi), e non per penetrarla.

Dire che l’ordinamento galleggi sulla società significa dire che esso non è in grado di rivestire i rapporti sociali,

non è in grado di aderire ad essi. Ciò significa che, in tal modo, l’ordinamento finisce per imporsi sulla società

e, poiché non è in grado di plasmarsi su di essa, o questa si modifica per aderire all’ordinamento, o questo

continua a rimanere come un peso su di lei. Nell’età moderna, poi, il diritto passa dal rivestire una funzione

sociale al rivestire una funzione politica (politicizzazione del diritto) e ciò lo si può constatare dalla

separazione che interviene tra società e istituzioni: divieto di mandato imperativo: il diritto non deve più

rifarsi ad un’istanza che lo precede (nel Medioevo l’ordine sociale), ma deve solo riconoscere l’origine della

sua provenienza: la volontà del sovrano. Simbolo di tale concezione del diritto è la codificazione napoleonica,

che viene intesa come un diritto caduto dall’alto, come un comando autoritario. Si afferma, allora, il principio

di legalità, secondo cui i singoli cittadini, così come l’amministrazione, devono agire conformemente a

quanto previsto dalla legge. Cambia anche la funzione del giudice: il giudice non è più un interprete perché

si afferma l’ideale illuministico secondo cui il giudice deve considerarsi come bocca della legge, cioè come

colui che applica meccanicamente il volere del sovrano.

Si è consumato un passaggio definitivo dalla socialità alla statualità del diritto? Non si può tornare indietro?

Secondo Paolo Grossi (1933), con la globalizzazione sarebbe nata una sorta di comunità mondiale che ha

eliminato i confini tra gli stati e che ha recuperato, in un certo senso, un diritto intrinseco ai rapporti. Si parla,

sempre in riferimento alla globalizzazione, di una lex mercatoria, cioè di un sistema di norme e regole di tipo

consuetudinario (quindi basate sulla fattualità), nate in forma spontanea tra gli appartenenti a determinati

settori commerciali e finalizzate alla regolamentazione di rapporti contrattuali ed extracontrattuali aventi

elementi di internazionalità, come a dire che il processo di globalizzazione, oltre che interessare la vita

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Dottrina dello Stato

politica, ha interessato anche la vita economica degli stati che, sostanzialmente, ad oggi, possono scegliere

l’ordinamento cui sottoporre le loro attività produttive scegliendo, per esse, una determinata sede (un

determinato Stato) piuttosto che un’altra. Si passa dal diritto pubblico dell’economia all’analisi economica

del diritto: l’economia governa la politica, mentre dovrebbe essere il contrario; la capacità ordinante dello

Stato è messa in discussione.

RECUPERO DELLA SOCIALITA’ DEL DIRITTO NELLA MODERNITA’: L’ISTITUZIONALISMO

Oltre alle posizioni dottrinali e giurisprudenziali alternative al modello statualistico del diritto (diritto come

volontà assoluta del sovrano), vi è anche una posizione normativa alternativa: la Costituzione italiana che,

sulla base degli articoli 5 e 118, con cui prevede, rispettivamente il principio di autonomia e decentramento

del potere e il principio di sussidiarietà, riconosce un ruolo ordinante anche all’autonomia sociale. Questo

fa sì che le comunità locali non debbano intendersi in tutto e per tutto sottomesse allo Stato, riservando per

sé un ruolo meramente esecutivo, ma anche autonome nel prendersi cura dell’interesse generale mediante

un potere legislativo che viene loro riconosciuto dalla Costituzione e di cui non possono essere private dal

legislatore ordinario. Il potere dello Stato, quindi, è limitato dall’autonomia sociale e territoriale. E questo

non a caso: nello scrivere la Costituzione, i costituenti si sono rifatti ad orientamenti critici della modernità

e, nello specifico, all’istituzionalismo, cioè un orientamento che recupera la socialità del diritto e la sua

funzione ordinante dei rapporti sociali. Tra coloro che supportarono l’istituzionalismo vi furono alcuni

costituenti: Aldo Moro, Dossetti e La Pira.

Aldo Moro (1916 – 1978)

Aldo Moro, oltre ad essere un costituente, fu anche insegnante di Filosofia del diritto presso l’Università di

Bari. Egli, parlando delle fonti del diritto, diceva che esse non sono altro che il processo attraverso cui si

forma la regola e che possono identificarsi nella consuetudine o negli organi specificamente preposti alla

formazione delle regole. Come fonte del diritto, però, predilige la consuetudine, che ritiene essere più

conforme alla vita giuridica, in quanto, a suo dire, il diritto è un momento della “vita morale”, cioè della vita

del popolo. Si allontana dal volontarismo, cioè dall’idea che sia il sovrano la fonte del diritto.

Dossetti (1913 – 1996) e La Pira (1904 – 1977)

Furono costituenti importanti anche Dossetti e La Pira. Il primo giurista canonista, il secondo giurista

romanista. Costoro, grazie alla loro formazione, portarono nel dibattito costituente la concezione aristotelica

della naturale socialità dell’uomo e l’idea che lo Stato non è l’unico elemento formante dei rapporti sociali:

il diritto statale riveste dei rapporti già disciplinati. Come si diceva sopra, quindi, si ha una ripresa

dell’istituzionalismo che, come orientamento, si oppone al normativismo, cioè all’idea che il diritto si riduca

alla norma positiva.

L’istituzionalismo, però, fu supportato anche da altri autori, lontani dall’ambiente dei costituenti. Si tratta di

Santi Romano, Maurice Hauriou e George Renard.

Santi Romano (1875 – 1947)

Santi Romano è un giurista pubblicista autore dell’opera “Ordinamento giuridico” edita nel 1918. In

quest’opera egli nega che il diritto possa ridursi a norma perché esso, prima che norma, è organizzazione dei

rapporti sociali. Lo Stato è certamente produttore di diritto, ma non ne è né il produttore unico esclusivo né

il produttore necessario. Recupera, poi, l’idea di una sporgenza del diritto rispetto alla norma: la norma è

un’istanza centrale del diritto ma non esclusiva e non esaustiva del diritto. Ne deriva che, secondo Santi

Romano, all’interno del diritto vi sarebbe una pluralità di ordinamenti: da quello statale a quelli sociali. Se

da una parte, però, riconosce il pluralismo del diritto, dall’altra si preoccupa che esso non degeneri in un

sistema frammentato e l’ordinamento statale è ciò che concepisce come garante della pluralità degli

ordinamenti originari. 12

Dottrina dello Stato

Maurice Hauriou (1856 – 1929)

Maurice Hauriou è un giurista pubblicista autore della “Teoria dell’istituzione – Saggio di vitalismo sociale”,

il cui pensiero fu di ispirazione per Santi Romano nell’elaborazione del concetto di istituzionalismo. L’autore

non concepisce la separazione tra Stato e società e ritiene che l’ordinamento giuridico sia una garanzia

esterna ai rapporti sociali. Il diritto, a suo avviso, è un prodotto delle istituzio

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze giuridiche IUS/09 Istituzioni di diritto pubblico

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giorgioarmani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Dottrina dello Stato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Pizzolato Filippo.