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APERTA
CALDAIA CONTINUA A
NASTRO
Formaggio: la fase di filatura:
La filatura consiste nel passaggio dalla struttura granulare e discontinua della cagliata ad una
struttura continua di fibre allineate. Essenzialmente si tratta di una trazione della cagliata,
opportunamente acidificata, in presenza di acqua a 80-90°. Le condizioni essenziali per la filatura
sono lo spurgo e l’acidificazione della cagliata fino a un pH di 5-5.3; la trazione meccanica a caldo
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della cagliata acida fino ad ottenere una massa fibrosa e plastica; il raffreddamento della pasta
ormai filata e conferendogli la forma desiderata.
Per acidificare la cagliata questa viene fatta riposare dopo l’estrazione dalla caldaia per alcune ore
finché il pH arriva a 5-5.3, in modo che la caseina si demineralizzi per rimozione parziale del calcio e
riduca la propria compattezza: cosi, attraverso la rimozione del calcio, il reticolo caseoso vede
cambiare la propria struttura, quando sottoposto ad un’azione meccanica a caldo. Questo processo
può essere facilitato e accelerato con l’aggiunta di acido citrico che sequestrando il calcio rende
possibile la filatura anche a pH più elevati (5.6-5.8).
Produzione di formaggio a pasta filata:
Caratteristica peculiare dei formaggi a pasta filata è l’inserimento della fase di filatura della cagliata
dopo la caseificazione vera e propria. La filatura è il passaggio da una struttura granulare e
discontinua della cagliata ad una struttura continua formata da fibre allineate. Essa consiste nella
trazione della cagliata dopo opportuna acidificazione in presenza di acqua a T° di circa 80-90°. Per
ottenere un formaggio a pasta filata sono necessarie spurgo ed acidificazione fino a un pH di 5.0-5.3
e una filatura e trazione meccanica a caldo della cagliata fino ad ottenere una massa fibrosa e
plastica; infine un raffreddamento della pasta filata dopo aver impartito la forma desiderata.
Il più importante di questi formaggi è la mozzarella, ovvero il formaggio fresco a pasta filata più
conosciuto. Nelle mozzarelle morbide è importante conservare un’alta umidità nella pasta, la
coagulazione dovrà essere quindi prevalentemente di tipo presamico. Il fermento più utilizzato è lo
Streptococcus thermophilus nel caso della produzione di mozzarella e lo stesso in associazione con
il Lactobacillus bulgaricus nel caso della mozzarella per pizza.
Nel momento in cui la pasta è pronta per la filatura viene tagliata in fette ed immessa nella filatrice;
la filatura avviene in acqua calda a 75-90° in apposite macchine come le impastatrici a bracci tuffanti
o a doppia coclea che attraverso il loro movimento allineano le fibre di caseina.
All’uscita delle filatrici il filone di pasta viene formato; possono essere utilizzati metodi artigianali
per la formazione di trecce oppure metodi automatizzati con l’uso di tamburi ruotanti che portano
impressi degli alveoli dove la pasta è forzata ad entrare. Il formaggio cosi formato deve essere
immediatamente raffreddato per ottenere il consolidamento della forma.
La maturazione dei formaggi:
Ultima tappa del processo di produzione dei formaggi è la maturazione della pasta dopo la salatura,
durante la quale avvengono numerose reazioni di natura chimica, fisica ed enzimatica che
modificano i diversi componenti della cagliata in sostanze caratterizzanti l’aroma, il gusto, l’aspetto
e la struttura del formaggio. Può durare pochi giorni come nel caso dei formaggi a pasta molle,
oppure oltre due anni come ad esempio nel caso del Parmigiano Reggiano, viene condotta in celle
di stagionatura a temperatura ed umidità relativa costanti.
La maturazione del formaggio è uno dei più complessi fenomeni biochimici a carico degli alimenti
ed è la somma di numerosi eventi: proteolisi, deaminazione e decarbossilazione degli aa, lipolisi e
degradazione degli acidi grassi, trasformazioni di tipo fermentativo a carico del lattosio.
Il contenuto di acqua diminuisce progressivamente nel corso della maturazione ed è più evidente
nei formaggi a pasta dura a lunga stagionatura. Parallelamente alla disidratazione della pasta si ha
una più evidente perdita di umidità nella parte più periferica del formaggio con formazione della
crosta, che ha l’importante funzione di proteggere la pasta ed evitare un’eccessiva evaporazione
dell’acqua. Nel caso di formaggi a crosta fiorita la crosta è costituita dallo sviluppo di muffe bianche
(Penicillium candidum). Si può anche registrare lo sviluppo di una microflora naturale dovuta a
muffe, micrococchi, lieviti responsabili di proteolisi e lipolisi con più evidente liquefazione della
pasta nella zona adiacente alla crosta, come nel formaggio Taleggio.
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Durante la stagionatura tutti i formaggi sono interessati da fenomeni proteolitici che ne modificano
la consistenza ed originano molti dei caratteri sensoriali tipici. Le trasformazioni della componente
proteica del formaggio sono dovute all’azione di proteasi di diversa origine. Si assiste infatti alla lisi
della caseina in prodotti di minor peso molecolare, che a loro volta vengono degradati in peptidi
con peso molecolare sempre minore fino alla liberazione di amminoacidi, con formazione successiva
di ammine, aldeidi, alcoli e composti solforati. Queste trasformazioni portano ad un incremento del
coefficiente di maturazione, calcolato come rapporto tra azoto solubile ed azoto totale moltiplicato
per 100. Il lattosio scompare già nei primi giorni di stagionatura per fermentazione da parte dei
batteri lattici che lo trasformano principalmente in acido lattico. Questa acidificazione determina
una riduzione del pH, condizione che crea un ambiente sfavorevole allo sviluppo di specie
microbiche anticasearie. L’acido lattico viene successivamente degradato per fermentazioni
secondarie, salificato dal calcio e neutralizzato dall’ammoniaca formatesi a seguito dei fenomeni
proteolitici. Si assiste quindi ad un incremento di pH più elevato per le paste molli e più modesto
per le paste dure e cotte.
I fenomeni di degradazione dei trigliceridi provocano la liberazione degli acidi grassi che possono
conferire, in particolare quelli a corta catena, un gusto piccante al formaggio. Le lipasi provengono
da muffe nel caso dei formaggi erborinati come il Gorgonzola, mentre nel Provolone e nel Pecorino
provengono dal Caglio.
YOGURT
Yogurt: trattamenti preliminari alla fase di fermentazione:
Il latte fresco viene trasportato allo stabilimento e stoccato a 4° in appositi sili d’acciaio. Le
operazioni iniziano con una pulitura, in genere realizzata con una centrifuga a calotte, per eliminare
sostanze quali peli p paglia presenti nel latte. Le operazioni che avvengono prima della
fermentazione sono condotte in condizioni tali da contribuire all’ottenimento delle caratteristiche
di consistenza, di cremosità e di assenza di spurgo desiderate per questo prodotto.
La prima operazione realizzata simultaneamente alla pulitura prevede la titolazione del tenore di
grasso. L’addizione di zucchero, ingrediente presente nella formulazione degli yogurt alla frutta,
avviene in genere dopo la titolazione del grasso in ragione del 10% circa. Possono essere aggiunti
altri ingredienti in polvere, la cui dissoluzione viene facilitata dalle varie operazioni tecnologiche
condotte a caldo, ad es. l’omogeneizzazione o la pastorizzazione.
Segue una fase di concentrazione realizzata al fine di incrementare il contenuto proteico del latte
fino a valori di circa 3.8-3.9. Tradizionalmente l’incremento del contenuto di solidi viene realizzato
per evaporazione con evaporatori a multiplo effetto. L’aumento di concentrazione può anche essere
realizzato mediante l’impiego di ultrafiltrazione o l’addizione di proteine essiccate del latte (non
permesso in Italia). Il processo di ultrafiltrazione avviene attraverso l’uso di membrane
semipermeabili con fori di dimensioni tali da trattenere le proteine ed il grasso e da lasciar passare
oltre all’acqua sali, acidi e lattosio.
Durante l’evaporazione si realizzano anche l’allontanamento dell’aria e degli odori sgradevoli del
latte, si crea un ambiente microaerobio, che facilita lo sviluppo dei batteri lattici e riduce il rischio
di germinazione delle spore di Bacillus durante la fermentazione.
La tappa successiva è il processo di omogeneizzazione, viene applicata su latte pre-riscaldato a 60-
70° e a pressioni tra 150 e 200 atmosfere con lo scopo di ridurre la dimensione dei globuli di grasso
ed impedire l’affioramento, questa fase associata a quella di pastorizzazione promuove una
maggiore consistenza e cremosità del coagulo e riduce la sineresi del prodotto.
Successivamente il latte viene posto a pastorizzazione a T° di 90-95° per 5 minuti oppure a 80-82°
per 30 minuti, a seconda che il processo avvenga in scambiatori di calore o negli stessi fermentatori.
Questo trattamento comporta la denaturazione di più del 70% delle sieroproteine, l’interazione tra
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caseina e sieroproteine denaturate e l’abbassamento del potenziale redox con liberazione di ponti
sulfidrilici. La conseguenza è una maggiore idrofilicità del coagulo ed una migliore cremosità dello
yogurt. Il trattamento inoltre causa un’inattivazione di lipasi e proteasi microbiche, si attivano in
queste condizioni le reazioni di Maillard con una modesta riduzione della lisina disponibile e delle
vitamine idrosolubili.
All’uscita del pastorizzatore il latte viene inoculato con Streptococcus thermophilus e Lactobacillus
delbrueckii subsp. bulgaricus in rapporto 1:1 o 2:1 previo raffreddamento del latte a 42-45°
dopodiché avviene l’incubazione e l’avvio del processo di fermentazione.
Yogurt: fase di fermentazione e trattamenti successivi:
Dopo che il latte è stato inoculato con i batteri lattici Streptococcus thermophilus e Lactobacillus
delbrueckii subsp. bulgaricus viene incubato a T° e tempi che indirizzano il processo di
fermentazione, la struttura del coagulo e l’acidificazione finale del prodotto in funzione delle
caratteristiche sensoriali desiderate.
La fermentazione del latte destinato alla produzione di yogurt a coagulo rotto prosegue nei
maturatori in genere a 42-45°; nel caso invece di yogurt a coagulo intero il latte viene inoculato e
confezionato asetticamente e l’incubazione avviene in camera calda a temperature di circa 40-42°.
In entrambi i casi il tempo di incubazione si aggira intorno alle 4-8 ore fino a quando il pH ha
raggiunto valori di 4.0-4.4 ed il contenuto medio di batteri lattici è dell’ordine di circa 500 milioni/g,
con un rapporto tra cocchi e bastoncini di 1:1 e 1:1.5. Normalmente solo il 20-40% del lattosio
presente nella miscela lattea viene trasformato in acido lattico. Questa quantità elevata di lattosio
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