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UHT)
Il lattosio può dare origine al lattulosio, derivante dall’isomerizzazione del glucosio a fruttosio, questa reazione
avviene solo alle temperature di sterilizzazione del latte.
17. Il lattosio e la sua ripartizione nei diversi derivati del latte
Latte intero 4,8%
Latte intero fermentato circa 3% di lattosio stq
Se il latte intero viene utilizzato per la caseificazione:
Formaggi freschi <2% stq
Formaggi stagionati, ritroviamo solo piccole tracce di lattosio
Siero 5% se il siero viene essiccato siero in polvere 71%
Se il latte subisce il processo di scrematura:
Latte magro 4,8% (latte in polvere magro 53%)
Panna (30% grasso) viene utilizzata per la produzione di burro nel quale troviamo solo tracce di lattosio
mentre nel latticello 4,6% 9
18. Parametri chimico-fisici del latte
Le caratteristiche chimico-fisiche del latte si misurano attraverso indici suddivisibili in tre gruppi:
Dipendenti dall’insieme di sostanze contenute nel latte – densità, viscosità e acidità
Dipendenti dalle sostanze in soluzione – punto crioscopico, punto ebollizione
Dipendenti dagli ioni in soluzione – pH, conducibilità elettrica
Il pH ha valori compresi tra 6,5-6,7 con piccole variazioni in base a alimentazione e stadio di lattazione, la debole
acidità è dovuta alla caseina (prevalgono gruppi AA acidi), anioni di acido fosforico e citrico. pH inferiori sono dovuti
a sviluppo di acido lattico o presenza di colostro, se pH è maggiore è probabile che sia latte mastitico.
La valutazione del pH è utile se affiancata alla valutazione dell’acidità di titolazione, espressa come gli mL di soda a
titolo noto necessari per portare il pH si una certa quantità di latte a 8,4 viraggio fenolftaleina.
L’acidità si misura quindi in °SH (Soxhlet-Henkel) che corrispondono ai mL di soda 0,25N per neutralizzare fino a
viraggio della fenolftaleina 100mL di latte. Oppure si misura in °D (gradi Dornic) se utilizzo NaOH 0,111N (1°D=10
mg di acido lattico), infine si può misurare in ml o mg di a. lattico in 100 mL/mg di latte.
La densità del latte intero varia tra il 1,030 e 1,033 g/mL a 20°C presentando un intervallo di variabilità tale da non
consentire di rilevare un suo eventuale annacquamento contenuto entro il 10%.
Il punto di congelamento è sempre inferiore a 0°C perché le sostanze disciolte abbassano la pressione parziale del
solvente puro (acqua). L’abbassamento crioscopico è imputabile a sali minerali e zuccheri in soluzione. L’indice
crioscopico è usato come parametro di riconoscimento dell’annacquamento del latte (valori normali -0,530-0,540
°C) 10
19. La legislazione sul latte
Secondo la legislazione italiana prevede che con la parola latte, si debba intendere il latte proveniente dalla vacca,
definito come “il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare ininterrotta e completa della mammella di animali in
buono stato di salute, nutrizione e lattazione”.
Questa definizione tende a garantire una minima qualità igienica e compositiva del latte che, in particolari stati
patologici e fisiologici della bovina, può presentare caratteristiche microbiologiche o compositive che non lo
rendono idoneo al consumo.
20. Gli enzimi del latte e il loro significato
Gli enzimi presenti nel latte possono essere contenuti naturalmente (enzimi originari) oppure essere di origine
microbica (enzimi batterici).
Alcuni enzimi sono importanti perché permettono di valutare l’efficacia del trattamento termico:
Perossidasi: enzima inattivato quando il latte è scaldato per pochi secondi a temperature superiori a 80°C.
Quindi se il latte è perossidasi positivo è latte crudo o latte pastorizzato, sicuramente non sterilizzato,
UHT o pastorizzato ad alte temperature.
Catalasi: responsabili dell’idrolisi dell’acqua ossigenata ad acqua e ossigeno. Viene valutato il suo
contenuto nel latte in quanto legato allo stato di salute della ghiandola mammaria dell’animale. Tuttavia,
viene prodotta da molti batteri.
Fosfatasi: scinde alcuni esteri dell’acido fosforico in acido fosforico e alcool. La fosfatasi viene inattivata
dai trattamenti di pastorizzazione (72°C 10-15 sec). Con un test sulle fosfatasi si può capire se il latte è
stato pastorizzato.
Lipasi: causano la liberazione di acidi grassi dai trigliceridi. È inattivato da temperature più drastiche
rispetto a quelle che inattivano le fosfatasi, specie se si tratta di lipasi microbiche.
21. Latte pastorizzato- legislazione e tecnologia
La pastorizzazione è definita come un trattamento termico per almeno 15 secondi a temperatura inferiore al punto
di ebollizione, ma superiore a 72°C, ovvero tempi e temperature integranti una equivalente quantità di calore,
idoneo ad assicurare la distruzione di tutti i microrganismi patogeni e di parte rilevante della microflora saprofita,
con limitate alterazioni chimiche, fisiche ed organolettiche.
- latte pastorizzato: prova fosfatasi alcalina negativa e contenuto di sieroproteine solubili non denaturate non
inferiore all’11% delle proteine totali
- latte fresco pastorizzato: il latte che ha subito nello stabilimento di trasformazione il trattamento termico
entro 48h dalla mungitura e che al consumo presenta reazione negativa al test della fosfatasi alcalina ma
positiva al test della perossidasi e un contenuto di sieroproteine solubili non denaturate pari ad almeno il 14%
delle proteine totali;
- latte fresco pastorizzato di alta qualità: il latte ottenuto da latte crudo proveniente dalle stalle o dai centri di
raccolta con un contenuto non inferiore al 3.5% di grasso e contenuto di proteine non inferiore al 3.2% e che
al consumo ha un contenuto di sieroproteine solubili non denaturate pari ad almeno il 15.5% delle proteine
totali.
Secondo la legislazione europea, nel Reg. CE n.852/2004, la pastorizzazione è raggiunta con un trattamento termico
ad almeno 72°C per 15s (alta pastorizzazione) o almeno 63°C per 30min (bassa pastorizzazione) o con qualsiasi altra
combinazione di tempo e temperatura a condizione che abbia un effetto equivalente. I prodotti ottenuti devono
avere una reazione negativa al test della fosfatasi alcalina.
Secondo la legislazione italiana ed europea, il latte fresco pastorizzato di alta qualità deve avere una CB massima
a 30°C di 100milaUFC/mL e al massimo 300mila o 400mila cellule somatiche/mL.
Il trattamento di pastorizzazione rende il latte sicuro igienicamente e permette la conservazione a 4°C per 6 giorni
più quello del trattamento termico. Garantisce la distruzione del patogeno termoresistente e non sporigeno
Mycobacterium tubercolosis e di molti mo alteranti (pseudomanacee e Enterobacteriacee).
Le linee di produzione del latte pastorizzato, oltre allo scambiatore di calore in cui avviene la pastorizzazione vera
e propria del latte, possono comprendere una centrifuga per la separazione o titolazione della crema ed
11
omogeneizzazione per la riduzione dei globuli di grasso. Correzione del titolo di grasso e omogeneizzazione
avvengo prima del trattamento termico di pastorizzazione.
La pastorizzazione può avvenire all’interno di scambiatori di calore a piastre utilizzati per riscaldare e raffreddare il
latte. Lo scambiatore di questo tipo è costituito da una serie di piastre impaccate in modo da formare zone in cui
fluisce il latte affiancate a zone in cui fluisce il fluido riscaldante (piastre di spessore maggiore separano le varie
sezioni: pre-riscaldamento, riscaldamento, sosta e raffreddamento)
Lo scambiatore è diviso in 4 sezioni:
a. Sezione di pre-riscaldamento: con il recupero di calore dal latte che si sta raffreddando, consente
risparmio energetico
b. Sezione riscaldamento: con acqua o vapore
c. Sezione di sosta
d. Raffreddamento con acqua fredda
Le piastre sono corrugate: aumenta turbolenza per migliore scambio termico. L’impianto è anche dotato di una
valvola di diversione di flusso per rinviare il latte al processo se vengono registrate delle anomalie di
pastorizzazione, questo è un fattore di sicurezza per la salubrità del prodotto. Anche la pompa è un fattore di
sicurezza in caso di perdite di pressione dovute a rotture evita che il latte non trattato si mischi con quello
pastorizzato.
Possono essere utilizzati anche pastorizzatori a fascio tubiero, in cui il latte scorre o all’interno di tubi incamiciati
da un tubo maggiore dimensione o in tubi concentrici che creano canali anulari all’interno dei quali scorre
alternativamente in controcorrente il prodotto da riscaldare o raffreddare ed il mezzo riscaldante o raffreddante. I
più semplici sono formati da un singolo tubo incamiciato. Il vantaggio è una maggiore resistenza alle alte
temperature ed eccellente scambio termico a discapito di pulizia e manutenzione.
22. Effetti dei trattamenti termici e meccanici sulle caratteristiche del latte
I trattamenti termici causano modifiche nei vari componenti del latte:
Lattosio: viene decomposto e si ha la formazione di acidi organici
Lattosio + proteine: ad alte temperature (T di sterilizzazione) avvengono le reazioni di Maillard che portano
ad imbrunimento non enzimatico e diminuzione del valore nutrizionale.
Sieroproteine: vengono denaturate ad alte temperature, ho la comparsa di gruppi SH attivi e liberi causano
gusto di cotto, flocculazione delle stesse e mancata formazione della crema
Sieroproteine + caseina: si ha la formazione di ammoniaca e la formazione di complessi β + k-
lattoglobulina, inoltre si genera concentrazione e insolubilizazione all’interfaccia liquido/aria questi
fenomeni causano la formazione della ‘pelle’ nel latte, influenzano il gusto e stabilizzano nel pre-
riscaldamento
Caseina: Si ha la degradazione delle molecole e la modificazione dello stato micellare che causano la
flocculazione della caseina ad alte T e la gelificazione del latte
Minerali: spostamento dell’equilibrio Ca-P solubile/insolubile che si ripercuotano sulla modificazione delle
micelle di caseina. Le conseguenze sono l’insolubilizzazione dei Sali di Ca, l’abbassamento del pH e
instabilità della caseina
Grasso: idrolisi e formazione di lattoni con liberazione di acidi grassi e formazione di odori sgradevoli
Vitamine: si ha la distruzione delle vitamine D, B1 e B12 che comportano una diminuzione del valore
nutritivo
Enzimi: inattivazione parziale o totale che portano ad una riduzione dell’attività enzimatica
Gas: perdite di gas CO2 che causano leggero innalzamento del pH e innalzamento del punto crioscopico
Le modificazioni indotte dal trattamento meccanico di omogeneizzazione sono la riduzione della dimensione dei
globuli di grasso a valori di circa 1 µm, che causa un incremento della superficie da 4 a 6 volte della superficie dei
g