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CANTO XVII
Vv1-9
“Ecco il mostro dalla coda acuminata, che è così forte da vincere ogni ostacolo: monti, muraglie o armi.
Ecco colui che appesta col suo fetore tutto il mondo”. Così cominciò a parlare la mia guida, e fece cenno a
Gerione di venire sull'orlo, all'estremità degli argini di pietra sui quali stavamo camminando. Così quella
sudicia immagine della frode venne, poggiando sulla riva la testa e il busto, ma non la coda.
Vv10-18
Aveva la faccia di un uomo onesto, tanto era benevolo il suo aspetto, ma tutto il resto del corpo era
serpentino. Aveva due zampe artigliate e pelose fino alle ascelle, il dorso, il petto e i fianchi dipinti con
Appunti di Rosy Vitale
striature intrecciate e arabeschi rotondi, così ricchi nella varietà di colori, fondi e rilievi da battere tutti i
drappi confezionati dai Tartari e dai Turchi, e tutte le tele tessute da Aracne.
Vv19-27
Quel mostro tremendo stava sull’orlo dell’argine di pietra che recingeva il girone sabbioso nello stesso
modo in cui, qualche volta, si pongono le barche sulla riva, che stanno per metà nell'acqua e per metà sulla
riva, o come sta il castoro, là tra i tedeschi crapuloni, che si colloca mezzo dentro e mezzo fuori dall'acqua
per attirare le sue future prede. Tutta la sua coda guizzava nel vuoto, simile a quella di uno scorpione,
storcendo verso l'alto la forbice velenosa che ne armava La Punta.
Vv28-36
Virgilio disse:” Ora dobbiamo deviare un po' dalla direzione solita del nostro cammino per raggiungere
quella bestia malvagia, che è lì sull'orlo”. Perciò scendemmo dall'Argine girando verso destra, e avanzammo
di dieci passi sulle estremità del cerchio per evitare accuratamente la sabbia ardente e le falde infuocate.
Quando arrivammo da Gerione, scorsi poco più in là, sulla sabbia, delle anime sedute vicino al burrone.
Vv37-42
Allora il mio maestro disse:” Va e guarda la loro condizione, in modo da avere una completa conoscenza
di questo girone. Non dilungarti a parlare con loro, nel frattempo, finché tornerai, io persuaderò il mostro a
mettere al nostro servizio le sue forti spalle”.
Vv43-51
Così andai tutto solo lungo l'orlo estremo del settimo cerchio, dove sedevano quelle anime tormentate. Il
dolore che dentro le opprimeva esplodeva all'esterno sotto forma di lacrime che sgorgavano dai loro occhi.
Agitavano le mani di qua e di là per schermarsi sia dalle fiamme che cadevano sia dalla sabbia ardente. Non
diversamente si comportano i cani d'estate, usando ora il muso e ora la zampa, quando vengono morsi da
pulci, da mosche o da tafani.
Vv52-57
Poi osservai attentamente in viso qualcuno di questi dannati sottoposti alla pioggia di fuoco, ma non ne
riconobbi nessuno. Mi accorsi però che ognuno di loro aveva appeso al collo un sacchetto di un colore e di
un disegno ben precisi, e sembrava quasi che i loro sguardi traessero energia nel guardarlo.
Vv58-63
Non appena arrivai tra di loro, sempre scrutandoli attentamente, vidi una borsa di fondo giallo su cui
spiccava un disegno azzurro che aveva la Foggia e l'atteggiamento di un leone. Poi, scorrendo con gli occhi,
ne vidi un'altra rossa sangue che esibiva un'oca più bianca del burro.
Vv64-69
E uno spirito, che aveva un sacchetto dal fondo bianco con disegnata una grossa Scrofa azzurra, mi
chiese:” Che fai in questa cavità infernale? Vattene, dato che sei ancora vivo, sappi che il mio concittadino
Vitaliano siederà qui alla mia sinistra”.
Vv70-78
“Io sono l'unico padovano in mezzo a tanti fiorentini, e spesso mi rintronano le orecchie gridando :‘venga
il sommo cavaliere, che reca un borsotto con disegnati tre Caproni!’”. A questo punto Storse la bocca e tirò
fuori la lingua come un bue quando si lecca il naso. E io, temendo se fossi rimasto lì più a lungo di far irritare
Virgilio che mi aveva esortato a trattenermi poco, tornai indietro e mi allontanai da quelle anime fiaccate dai
tormenti.
Vv79-84
Trovai la mia guida già in groppa alla belva malvagia, e subito mi disse:” Sii forte e coraggioso, ormai
siamo costretti a usare simili mezzi per scendere giù. Dunque siediti davanti, perché io voglio stare nel
mezzo, in modo da farti da scudo rispetto alla coda di Gerione, così che questa non possa nuocerti”.
Vv85-90
Appunti di Rosy Vitale
Come diviene colui che sente avvicinarsi sempre di più il brivido della febbre quartana, che ha già le
unghie pallide e trema tutto solo a guardare un luogo ombroso e fresco, così divenni io all'udire le parole di
Virgilio. Ma vinsi i miei timori per paura di dovermi poi vergognare, comportandomi così come si comporta
un servo che prende coraggio dall'esempio di un signore valoroso.
Vv91-99
Mi sistemai dunque su quelle orrende spalle, e davvero avrei voluto dirgli” Abbracciami, Virgilio” Ma la
voce mi si ruppe in gola, e non riuscii ad emettere, come invece credevo, alcun suono. Ma lui, che già in altre
occasioni mi aveva sostenuto di fronte a dubbi e timori, non appena montai in groppa mi abbracciò e mi
sostenne con le sue braccia, e disse:” E ora che tu vada, Gerione. Ma con giri larghi e scendendo piano,
ricorda che hai sulla schiena un carico speciale”.
Vv100-105
Come la navicella si stacca dalla riva indietreggiando a poco a poco, così Gerione si staccò dall'orlo, e
appena si sentì del tutto a proprio agio, si girò su se stesso e rivolse la coda dove prima stava il petto, poi la
tese, muovendola come fanno le anguille, infine raccolse l'aria sotto di sé agitando le zampe.
Vv106-114
Non credo che Fetonte abbia provato una paura maggiore quando abbandonò le redini del carro del sole,
ragion per cui il cielo, come si vede ancor nella Via Lattea, si bruciò. E nemmeno il povero Icaro quando
sentì le piume cascargli dalle spalle perché la cera, surriscaldata, si stava sciogliendo, mentre il padre gli
gridava” Stai andando in una direzione pericolosa” La loro paura non sarà stata certo superiore alla mia,
allorché mi vidi sospeso nell'aria, e senza possibilità di vedere altro che Gerione.
Vv115-120
Questi procede nuotando nell'aria molto lentamente, girando e scendendo nello stesso tempo. Ma io non
percepisco il movimento, se non grazie al vento che dal basso mi soffia sul viso. Sentivo già da destra alla
cascata del Flegetonte che provocava un orribile scroscio sotto di noi, perciò sporsi la testa, guardando in
basso, per cercare di vedere qualcosa.
Vv121-126
A quel punto mi impaurì ancora di più all'idea di dover saltare giù dalle spalle del mostro, perché vidi dei
fuochi e sentii dei pianti. Perciò mi rannicchiai, tremando tutto, sul dorso di Gerione. Allora vidi ciò che non
potevo vedere prima, percepii, cioè, la discesa a spirale che stavamo compiendo, grazie alla sequenza di
terribili tormenti che vedevo avvicinarsi, sempre di più, da diverse angolazioni.
Vv127-136
Come un falcone, che ha volato lungo e, senza attendere il richiamo del falconiere, lo fai imprecare
'ahimè, già scendi giù!' perché ritorna senza preda, e scende stanco, dopo tanti giri, mentre era stato agile a
spiccare prima il volo, e, disceso, si pone lontano dal suo istruttore con fare sdegnoso e crucciato. Così era
Gerione, quando si posò sul fondo, proprio ai piedi della parete di roccia tagliata a picco. E, dopo averci
scaricato, sparì, veloce come la cocca della freccia che si stacca dalla corda dell'arco.
CANTO XVIII
Vv1-9
Nell'inferno c'è un luogo chiamato Malebolge, tutto in pietra del colore del ferro, come la sponda
circolare che lo avvolge tutto intorno. Proprio nel centro di questo luogo malvagio si apre un pozzo molto
largo e profondo, del quale illustrerò la struttura a tempo debito. Quell'anello che resta compreso fra il pozzo
e la base della parete rocciosa è dunque perfettamente circolare ed ha il fondo suddiviso in dieci vallate.
Vv10-18
I fossati di Malebolge formavano qui la stessa figura che offrono alla vista in molti Fossati che recintano
un castello per difendere le mura, e come dall’ingresso di tali fortezze fino all'argine esterno dell'ultimo
fossato si innalzano dei ponticelli di collegamento, così qui, dalla base della parete rocciosa, cominciavano
Appunti di Rosy Vitale
ponti di pietra che intersecavano argini e fosse arrivando fino all'orlo di quel pozzo che, allo stesso tempo, li
interrompeva e fungeva da raccordo.
Vv19-24
In questo luogo ci ritrovammo io e Virgilio, una volta scesi dalla schiena di Gerione. Virgilio si
incamminò verso sinistra, ed io gli andai dietro. A destra vidi allora un nuovo tipo di dolore, di punizione e di
torturatori, che riempivano quella prima bolgia.
Vv25-33
I peccatori sul fondo erano nudi; a partire da metà della bolgia un gruppo si moveva verso di noi, e un
altro andava invece nella stessa direzione nostra, ma più in fretta. Facevano così come i romani in occasione
del Giubileo i quali, data l'enorme moltitudine di pellegrini con venuta in città, per far passare la gente
attraverso il ponte Sant'Angelo avevano escogitato questo espediente, che da una parte del ponte passassero
tutti quelli che transitavano da Castel Sant'Angelo per recarsi a San Pietro, dall'altra quelli diretti al Monte
Giordano.
Vv34-39
Qua e là per il cubo fondo pietroso, vidi dunque dei demoni cornuti, con grandi fruste, che con crudeltà
picchiavano sulla schiena questi dannati. Hai, come facevano alzare loro le calcagna già i primi colpi.
Nessun peccatore stava fermo ad aspettare i secondi o i terzi.
Vv40-45
Mentre stavo procedendo, il mio sguardo si imbatté in un dannato, e subito dissi tra me e me:” Non è la
prima volta che vedo costui”, Perciò mi fermai per inquadrarlo meglio; e la mia cortese guida si fermò
insieme a me, e acconsentì a farmi tornare indietro.
Vv46-54
Il dannato, colpito dalle frustate, credette di nascondersi abbassando il volto, ma gli servì a poco, perché
io lo apostrofai:” O tu che getti a terra lo sguardo, se le tue fattezze non mi ingannano, sei Venedico
Caccianemico. Ma quale colpa ti ha condannato a pene così pungenti?” ed egli a me : “Te lo confesso
malvolentieri, ma a ciò mi costringono le tue parole così perspicaci, che mi riaccendono il ricordo del mondo
ora perduto”.
Vv55-63
“Io fui colui che convinse Ghisolabella a soddisfare le voglie del marchese Obizzo d'Este, comunque si
racconti sulla terra questa storia vergognosa. E non sono il solo, qui,