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L'ARBITRAGGIO DEL TERZO

Un caso particolare di contratto "per relationem" è quello in cui la "relativo" è costituita dalla successiva decisione di un terzo - detto arbitratore - a cui le parti affidano la determinazione dell'oggetto del loro contratto: ad esempio, si fa una vendita senza indicare il prezzo, e si stabilisce che questo verrà stabilito dall'ingegner Tal dei Tali. Questa operazione si chiama arbitraggio.

Come regola, il terzo deve procedere con equo apprezzamento, cioè valutare e decidere in modo ragionevole. La sua valutazione può essere impugnata (cioè contestata) se risulta manifestamente iniqua o erronea: in questo caso, la parte può chiedere che l'oggetto sia determinato dal giudice (art. 1349, c.1).

Quando, invece, risulta che le parti si sono volute rimettere al mero arbitrio del terzo, cioè gli hanno dato carta bianca: la decisione del terzo di può allora...

impugnare solo provando la sua malafede, e se il terzo non decide, e le parti non si accordano per sostituirlo, il contratto è nullo (art.1349, c. 2).

IL REGOLAMENTO CONTRATTUALE

Per esprimere sinteticamente la sovrapposizione e l'intreccio dei significati di "oggetto", "effetti" e "causa" del contratto vi è una formula: regolamento contrattuale, che può definirsi come l'insieme degli impegni e degli effetti legali mediante cui il contratto regola gli interessi delle parti.

Ad esempio, se A vende a B una cosa al prezzo di 50 milioni, ne risulta: il trasferimento della proprietà di quella cosa da A a B; l'obbligazione di B di pagare 50 milioni ad A, e il correlativo diritto di credito di A verso B. Tutto questo è il regolamento contrattuale; è, in una parola, il contratto stesso, inteso non come atto ma come rapporto.

LA DETERMINAZIONE DEL REGOLAMENTO CONTRATTUALE

Il regolamento contrattuale non

è determinato da un unico tipo di fonte, ma da più fonti diverse, che non si escludono a vicenda ma possono operare congiuntamente. E in particolare il regolamento contrattuale può derivare:

  • Dalla volontà delle parti, cioè dal loro accordo; e inoltre
  • Da varie fonti esterne alla volontà delle parti, che danno luogo alla cosiddetta integrazione del contratto.

La libertà contrattuale – il principio che fa della volontà delle parti la principale fonte del regolamento contrattuale - si manifesta in modi diversi. Alcuni di essi sono indicati nella norma che contiene l’enunciazione generale del principio: l’art. 1322 intitolato “Autonomia contrattuale”.

La libertà (o autonomia) contrattuale è:

  1. Prima di tutto libertà di decidere se fare o non fare un contratto;
  2. Poi, se la decisione è fare il contratto, libertà di scegliere la controparte contrattuale;
  3. Poi, ancora,
libertà di "determinare il contenuto del contratto" cioè il suo oggetto, le prestazioni da esso previste; Infine, libertà di scegliere il tipo di contratto, o anche libertà di fare contratti atipici (o innominati), e cioè "contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare" (art. 1322, c. 2): ad esempio, né una vendita né una locazione, ma un leasing. La legge prevede e disciplina numerosi tipi di contratto; più precisamente si parla di tipi legali per indicare che questi schemi sono descritti e regolati dalla legge. I contratti che corrispondono a qualche tipo legale si chiamano contratti tipici o anche contratti nominati (perché è possibile individuarli con il "nome" del tipo, previsto dalla legge). Quando due parti devono regolare fra loro degli interessi patrimoniali, il più delle volte gli basta ricorrere a un contratto tipico. Ma qualche volta

nessun tipo legale risulta idoneo a realizzare il loro programma: la legge gli consente allora di fare un contratto che non corrisponde a nessuno degli schemi tipici previsti e regolati dalla legge; pertanto si chiamano contratti atipici o contratti innominati.

La libertà di fare contratti atipici è subordinata dalla legge a un limite: ossia devono essere "diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico" (art. 1322, c. 2), il che significa, in sostanza, che non devono avere causa illecita né oggetto illecito.

Sono contratti atipici: il leasing, il factoring o il franchising.

Al concetto di tipo contrattuale si lega il concetto di qualificazione del contratto: che è l'operazione logica mediante cui, di fronte a una concreta fattispecie di contratto, si stabilisce se essa corrisponde a uno piuttosto che a un altro tipo legale, oppure che non corrisponde a nessun tipo legale, e dunque è un contratto atipico.

atipico. Può accadere che per realizzare il loro programma le parti abbiano la necessità di fare un contratto misto, cioè un contratto nel quale si combinano prestazioni caratteristiche di diversi tipi legali. È il caso del contratto di portierato, in cui si combinano elementi della locazione e del lavoro subordinato (poiché col condominio nella posizione di locatore dell'alloggio concesso al portiere e insieme di suo datore di lavoro, e il portiere nella posizione di conduttore-dipendente); del contratto di parcheggio; del contratto di residence. Il problema fondamentale del contratto misto è vedere se si applicano le regole di uno o dell'altro contratto. Per sapere ciò vi sono due criteri:
  1. il criterio dell'assorbimento, per cui si applicano esclusivamente le regole del tipo che di caso in caso risulta prevalente;
  2. e il criterio della combinazione, per cui a ciascuna prestazione tipica si applicano le regole del tipo.

Il fenomeno dei contratti collegati, invece, implica non un solo contratto, ma due (o più) distinti contratti, i quali sono "collegati" nel senso che la loro esistenza e la loro funzionalità congiunte sono necessarie per realizzare l'operazione programmata delle parti, operazione che ciascuno di essi, da solo, non sarebbe sufficiente ad attuare.

Nel determinare il regolamento contrattuale le parti determinano innanzitutto gli elementi essenziali del contratto, cioè quegli aspetti del regolamento contrattuale che definiscono i punti chiave dell'operazione (causa e oggetto) e le attribuiscono il suo senso.

Di regola è necessario che le parti provvedano a determinare con la loro volontà gli elementi essenziali.

Di solito, peraltro, le parti non si limitano a questo, e provvedono a determinare anche aspetti marginali o accessori dell'operazione, cioè concordano i corrispondenti elementi non essenziali del contratto.

regolamento contrattuale. In altre parole, le parti inseriscono nel regolamento contrattuale tutte le previsioni opportune per impostare e realizzare l'operazione nel modo più rispondente al loro programma. Queste previsioni si chiamano clausole del contratto (o anche patti): e il regolamento contrattuale è formato principalmente dalle clausole concordate fra le parti.

In particolari settori (come ad esempio, nell'appalto e nei contratti bancari) è ammessa la clausola che attribuisce a una parte il potere di modificare unilateralmente il regolamento contrattuale, introducendo su qualche punto un regolamento diverso da quello concordato (cosiddetto ius variandi).

Per quanto riguarda l'interpretazione del contratto diciamo che, il testo del contratto o di qualche sua clausola, così come le parti lo hanno formulato, può essere di significato incerto, in quanto oscuro (ossia, non si percepisce alcun significato) oppure ambiguo (cioè si

percepiscono due o più significati diversi e incompatibili). In questa situazione ciascuna parte, sostiene il significato più funzionale al proprio interesse, e respinge dunque il significato sostenuto dall'altra. Ne può nascere un conflitto, che rischia di disturbare la regolare attuazione del rapporto contrattuale. Lo strumento a tale fine è l'interpretazione del contratto: ovvero l'operazione logica diretta ad attribuire alle clausole del contratto, concordate fra le parti, il giusto significato. Questa operazione è affidata al giudice, che però deve attenersi a una serie di criteri legali di interpretazione, codificati negli artt. 1362 segg. Questi criteri sono di due tipi: criteri di interpretazione soggettiva e di interpretazione oggettiva. I criteri di interpretazione soggettiva sono quelli che puntano ad accertare la "comune intenzione delle parti". La norma vuol dire che il giusto senso dell'accordo.

Il significato di un contratto può essere ricercato anche al di là del "senso letterale delle parole" usate dalle parti. Ci si può arrivare principalmente con due criteri:

  • Il comportamento complessivo delle parti: se ad esempio le parti si sono sempre comportate come se il contratto avesse un certo significato, è difficile sostenere ad un tratto che esso vada interpretato in un senso diverso.
  • Il criterio dell'interpretazione contestuale, per cui ciascuna clausola va interpretata non in modo avulso dal contesto in cui è inserita, ma alla luce di tutte le altre clausole che compongono il regolamento contrattuale (art. 1363).

Mentre i criteri di interpretazione oggettiva non puntano più a ricercare una "comune intenzione" risultata non accertabile, ma ad attribuire al contratto il senso - fra quelli possibili - più rispondente a valori di ragionevolezza, funzionalità, equità. Tali criteri hanno valore.

perché entrano in gioco solo in seguito al fallimento dell’interpretazione soggettiva; fra essi ricordiamo:
  • il criterio dell’interpretazione secondo buona fede, per cui va scelto il significato che al contratto sarebbe attribuito da un contraente corretto e leale (art. 1366);
  • il criterio della conservazione, per cui va scelto il significato che attribuisce al contratto qualche effetto, e scartato quello che lo priverebbe di effetti (art. 1367);
  • il criterio degli usi interpretativi, che porta a scegliere il significato conforme a quanto generalmente si pratica nel luogo di conclusione del contratto (art. 1368, c. 1);
  • il criterio dell’interpretazione “contra stipulatorem”, per cui il testo contrattuale predisposto unilateralmente da una parte va inteso nel senso più favorevole all’altra (art. 1370);
  • le cosiddette regole finali, per cui in ultima istanza il contratto gratuito va inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato,
e quello oneroso nel senso di bilanciare equamente gli interessi delle parti (art. 1371). L'integrazione del contratto è il fenomeno per cui il
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A.A. 2007-2008
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher trick-master di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Roppo Vincenzo.