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LEGIS ACTIONES

La divisione concettuale tra cognizione ed esecuzione è operata dalla scienza concettualistica moderna. Nelle legis actiones hanno natura di cognizione la legis actio sacramento, la legis actio per iudicis arbitrive postulationem (per la richiesta di un giudice o di un arbitro), la legis actio per conditionem. Hanno invece carattere di processo esecutivo la legis actio per manus iniectionem e la legis actio per pignoris capionem. Nella più antica legis actiones a carattere cognitivo (legis actio sacramento) è presente in origine un carattere residuale religioso. Le parti, alla fine del copione che dovevano recitare, si sfidavano reciprocamente a un giuramento (sacramentum, donde il nome) sulla verità di rispettare le pretese, cioè invocavano la testimonianza degli dei a conferma delle rispettive azioni. Siccome evidentemente almeno una delle due persone aveva giurato il falso e quindi aveva arrecato un'offesa agli dei, il compito delgiudicare la causa. 2. apud iudicem (davanti al giudice): si svolge davanti a un giudice privato, scelto dalle parti, e consiste nell'esposizione delle prove e degli argomenti da parte delle parti. Il giudice emette poi la sentenza finale. Questo sistema di giudizio, basato sulla separazione dei poteri politici e religiosi, ha rappresentato un importante passo avanti nella storia del diritto romano. Ha permesso di garantire una maggiore imparzialità e indipendenza nella decisione delle cause, evitando che il potere politico interferisse con quello giuridico. Inoltre, la divisione del processo in due fasi ha consentito una migliore organizzazione e gestione delle cause, permettendo alle parti di presentare le proprie argomentazioni in modo più strutturato e completo. In conclusione, la legis actio è stata una forma di giudizio fondamentale nel diritto romano, che ha contribuito a garantire l'equità e l'efficienza del sistema giuridico dell'epoca.

prendere decisioni: devolve la decisione a un giudice da lui stesso nominato;

apud iudicem (davanti al giudice): in origine questo giudice era un sacerdote, perché era chiamato a giudicare una persona che sicuramente aveva giurato il falso. Gradualmente viene meno il carattere religioso del sacramentum, per diventare una vera e propria scommessa, nella quale chi perde la lite deve versare una somma di denaro; è a questo punto che il giudice sacerdotale viene sostituito da un privato designato dal magistrato.

La legge delle XII Tavole è una tappa fondamentale, come già visto. Essa recepisce le due fasi sopramenzionate, ma è importante anche perché introduce una nuova legis actio di cognizione (la legis actio per iudicis arbitrive postulationem, legis action per richiesta di un giudice o di un arbitro). Questa innovazione è importante perché si conclude non più con un giuramento o con una scommessa, bensì con una richiesta

rivolta dall'attore al magistrato (la richiesta della nomina di un giudice o di un arbitro). Ormai questa nuova legis actio è ormai estraneo ogni connotato religioso e si avvia il processo di laicizzazione. Esaminiamo ora i copioni a carico delle parti nelle singole legis actiones. Ad eccezione della legis actio per pignoris capionem, che si svolge al di fuori del tribunale, tutte le altre iniziavano con un atto (in ius vocatio): l'intimazione che l'attore fa al convenuto affinché egli lo segua davanti al magistrato. Se il convenuto non lo segue in tribunale, l'attore chiama dei testimoni, e con questo atto è autorizzato a trascinarlo ivi con la forza. Questo ius vocativo è il primo atto processuale con il quale si traduce in termini pratici il concetto di contraddittorio, fondamento di ogni processo di cognizione. Il processo di cognizione origina quasi sempre da una lite fra due parti e deve stabilire quale di esse sia dalla parte della.ragione; pertanto, è necessario che chi è chiamato a decidere ascolti entrambe le parti, che devono pertanto poter essere libere di esprimersi. Siccome il processo civile si instaura nell'interesse dell'attore, un altro principio fondamentale è che esso procede per impulso dell'attore: sarà costui che dovrà compiere tutti gli atti necessari affinché il processo inizi e poi prosegua. L'attore è colui che deve provvedere a tutti gli atti processuali, a partire dalla chiamata in giudizio. Nel nostro ordinamento il principio di contraddittorio è attenuato, in quanto è sufficiente che il convenuto sia stato regolarmente citato in giudizio perché il processo possa celebrarsi, anche in assenza dello stesso. Invece, per il diritto romano, il principio di contraddittorio è applicato in modo rigorosissimo, nella fase in iure, sia per le legis actiones che per quelle per formulas. Nella fase apud iudicem,la legge delle XII Tavole stabiliva che tutti gli atti dibattimentali dirette dal giudice dovevano svolgersi in presenza di entrambe le parti. Se una parte non compariva, si aspettava fino allo scoccare del mezzogiorno, dopodiché il giudice avrebbe deciso con una sentenza a favore della parte presente. A questo punto, ottenuta la presenza del convenuto in tribunale, possiamo esaminare singolarmente le procedure di ogni legis actio. Legis actio per manus iniectio: (manus iniectio significa imposizione violenta della mano). Si tratta di una procedura esecutiva, diretta a ottenere la realizzazione materiale di un credito che l'attore vanta nei confronti del convenuto. Ottenuta la presenza del convenuto in iure, l'azione cominciava con una prensione materiale del convenuto da parte del creditore, che lo afferrava per una parte del suo corpo, ad es. un braccio, e rivolgendosi a lui, affermava la causa per la quale gli metteva le mani addosso. Al tempo delle XII Tavole questa causa

poteva essere costituita da una precedente sentenza di condanna (iudicatum, prevista nella legisactio sacramento) oppure da una precedente confessione giudiziale del proprio debito fatta dal debitore oppure infine dal fatto che l'obbligato fosse stato colto in flagranza di furto.

La fraseologia poteva essere ad esempio: poiché tu sei stato condannato a pagare 10mila sesterzi a mio favore e non mi hai pagato, io ti faccio una manus iniectio a mio favore.

Con questa forma il convenuto non poteva eccepire o contestare la causa della manus iniectio. La causa poteva essere contestata da un terzo, chiamato vindex, che interveniva a togliere la mano di dosso (vellere manum). In questo caso si apriva un nuovo processo di cognizione per accertare la fondatezza della causa dichiarata nella manus iniectio. Riprendendo l'esempio sopra esposto, il vindex poteva affermare che la persona non era stata condannata al pagamento della somma, oppure che la somma era minore, oppure che aveva

già pagato.Siccome però le cause che consentivano la manus iniectio godevano di una vastissima notorietà sociale, il vindex, quando interviene, entra direttamente in un procedimento molto notorio (al punto che esso consente anche l'uccisione), per evitare che le contestazioni siano poste in essere per scopi dilatori si stabilirà che se il vindex non fosse riuscito a provare l'infondatezza della causa ostativa, sarebbe stato condannato al pagamento di una somma pari al doppio di quella relativa alla causa originaria (litiscrescenza).Se la causa non viene contestata dal vindex, oppure dal convenuto nei casi previsti, il magistrato pronuncia l'addictio, con cui aggiudica al creditore il debitore, riconoscendo la legittimità della manus iniectio e autorizzando il creditore a compiere la duxio, cioè portarselo a casa propria per tenerlo legato in catene. Ovviamente, se il debitore (o un terzo) soddisferà il creditore, dovrà

essere liberato, in caso contrario il creditore è obbligato a esporre il debitore per tre mercati successivi, indicando la somma necessaria affinché un terzo possa liberarlo. Dopo questo passo il creditore poteva vendere il debitore come schiavo trans Tiberim oppure disporne in altri modi (anche ucciderlo). In sostanza questa norma legalizza una violenza privata organizzata, una sorta di autodifesa privata all'interno di una norma pubblica.

Legis actio sacramento: poteva essere in rem oppure in personam. La modalità in rem era destinata a tutelare diritti assoluti (come la proprietà o la petitio hereditatis, chiamata in eredità). Ottenuta la presenza del convenuto in tribunale, l'attore afferrava con una mano la cosa ovvero un simbolo di esso (ad es., una zolla di terreno per un fondo) e con l'altra mano teneva una bacchetta di legno (festuca), che simboleggiava una lancia, o un'arma in genere, con la quale toccava la cosa.

oggetto della proprietà. Il rituale dell'arma era una vestigia della difesa dalla controparte. Contemporaneamente l'attore affermava che la cosa era sua (vindicatio). A questo punto il convenuto poteva assentire, anche solo tacendo o non ponendo in essere alcun comportamento, e in questo caso il magistrato assegnava la cosa all'attore, oppure, poteva fare opposizione, ripetendo le stesse azioni e frasi dell'attore (contravindicatio). A questo punto, le parti si trovano in una situazione di contesa materiale e deve intervenire il re, in qualità di tutore della pace pubblica, rivolgendosi ad entrambi e ordinando loro di lasciare la cosa. Continuano in ogni caso le contestazioni verbali, che terminano con un giuramento sulla veridicità delle proprie opinioni fatto da ognuna delle due parti. Questo giuramento col passare del tempo si trasformerà in una scommessa destinata al pagamento di una somma di denaro da versare all'Erario da partedel soccombente.In questa situazione, almeno una delle due parti ha giurato il falso, e in questo diritto romano l'ospergiuro è considerato un crimine. Interviene il re, in qualità di capo della giustizia criminale, per stabilire la parte che ha ragione. Questo compito sarà poi del sacerdote e infine del giudice privato.Il giudice deve stabilire quale dei due sacramenta sia vero; pertanto, è solo indirettamente che si riconosce quale delle due pretese su cui si fonda il processo sia corretta, perché il giudice si pronuncia solo sulla giustizia o meno del giuramento. L'aspetto singolare è che le parti parlano solo fra di loro e non si rivolgono mai al re o al magistrato. Questo fa propendere la tesi per la quale questo procedimento, quando è stato instaurato da parte dei pontefici, le controversie erano poste al di fuori della normale competenza del re e non esisteva un processo civile privato; tale spiegazione inoltre spiega anche il

simulacro della lottainiziale. La legis actio sacramento in personam serviva per il riconoscimento di un credito. Ottenuta la presenza del convenuto in iure, l'attore chiede di ammettere o di negare questo obbligo. Se il convenuto confessa, il magistrato

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Publisher
A.A. 2012-2013
112 pagine
4 download
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher baldassarre20 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Ziliotto Paola.