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LINEE DI STORIA GIURIDICA ROMANA – DALL'ETÀ PIÙ ANTICA FINO ALLA META' DEL III SECOLO A.C.
CAP. 1) La città-stato come punto iniziale dello sviluppo giuridico romano.
§1) Lo stato romano dei primi secoli è una delle tante città-stato dell'antichità, il cui nucleo era costituito da un unico insediamento urbano fortificato, in cui si svolgevano l'intera vita politica e gli scambi commerciali; tutt'intorno si estendeva il contado con fattorie isolate e borgate prive di difesa.
Solo nel corso del IV e III sec. a.C., Roma assunse le dimensioni di uno stato grande che finì col dominare l'Italia intera. La popolazione di Roma era di stirpe Latina ed era legata alle altre comunità latine dalla lingua, da una cultura omogenea, anche in campo giuridico, e dall'antichissimo culto tribale. La lingua dei latini, il latino, fa parte del gruppo indo-germanico, dunque è imparentata, quanto all'origine,
Col greco, col celtico, col germanico e con l'indoiranico. Tra queste lingue è al celtico che essa più si avvicina. Si ritiene che i latini devono essere immigrati in Italia in epoca preistorica, probabilmente nelle seconda metà del secondo millennio a. C.. I ritrovamenti archeologici sembrano però deporre a favore della tesi secondo cui i predecessori dei latini erano insediati nell'Ungheria meridionale e nella Serbia. Gli influssi culturali stranieri si possono identificare a partire dal VI sec. a. C., epoca in cui tali influssi provenivano principalmente da 2 nazioni culturalmente più avanzate, gli Etruschi e i Greci. La stessa dinastia romana dei Tarquini era certamente di origine etrusca, e varie famiglie nobili romane portavano nomi etruschi. Nell'ambito culturale, l'influsso etrusco si nota principalmente nella religione ed in particolare il culto della triade capitolina è preso in prestito da città etrusche.
Dall'Etruria derivò anche la consuetudine di predire l'esito di imprese politiche e militari attraverso l'esame delle viscere di animali sacrificati. Sin dagli inizi del nostro secolo si pensava che ci fosse un'influenza diretta della cultura greca, forse per la presenza di colonie greche nell'Italia meridionale. Oggi, invece, si tende ad attribuire agli Etruschi un ruolo di mediatori, difatti, la scrittura usata dai Romani viene fatta risalire a quella etrusca, che a sua volta era di derivazione greca. Gli stessi dèi greci Apollo, Minerva, Diana furono probabilmente introdotti dagli Etruschi. Dal punto di vista giuridico, invece, la mediazione Etrusca non è dimostrabile per la mancata conoscenza della vita giuridica di questo popolo. (§2) La Roma primitiva era una comunità di agricoltori ma la posizione assai favorevole della città ha poi permesso lo sviluppo industriale e commerciale. Per tutta l'epoca primitiva, però,il cardine della vita politica ed economica si basò sul possesso fondiario. Questo in un primo tempo spettava esclusivamente ad un piccolo numero di nobili, i patricidi, i quali possedevano la maggior parte del suolo e, come cavalieri, costituivano il nucleo dell'esercito romano. Un'enorme distanza li separava dalla massa del popolo. La plebe; secondo la legge delle XII Tavole il matrimonio tra patrizi e plebei non era consentito. La maggior parte della plebe fosse costituita in origine da piccoli contadini alle dipendenze del patriziato. I grandi proprietari patrizi erano anche agricoltori e curavano la loro proprietà con l'aiuto dei figli e di pochi schiavi, ma riuscivano a seguire solo una parte di essa, il resto veniva concesso in precario a plebei, con l'obbligo di stare al servizio del padrone anche in guerra e nella vita politica. In cambio il signore patrizio doveva proteggerli ed aiutarli in caso di bisogno. Sembra che questa forma antica diclientela sia presto scomparsa, probabilmente per l'ascesa politica ed economica della plebe che iniziò già nel V sec. a. C., ma questo rapporto di fedeltà e di protezione rimase anche dopo e rappresentò un tratto caratteristico della vita romana. Il predominio assoluto della nobiltà patrizia fu assicurato fin tanto che la cavalleria costituì la forza di combattimento vera e propria dell'esercito romano. Ma la situazione cambiò nel momento in cui fu introdotta la tattica politica: questa tattica, di provenienza greca, si estese presto in tutta Italia. Il nucleo dell'esercito romano era costituito dalla fanteria pesante, formata da contadini plebei benestanti. Costoro, che inizialmente avevano rappresentato fino a quel momento poco più di una massa disorganizzata di portatori di bagagli, vennero così ad assumersi quasi integralmente il peso, quindi, l'esito della guerra.mutamento dell'organizzazione militare determinò anche un mutamento delle condizioni politiche: i plebei iniziarono una lotta per essere equiparati ai patrizi. Questa lotta apparentemente si concluse con una equiparazione delle due classi sociali, ma in realtà il governo di Roma continuò ad avere carattere aristocratico; solo che ora un certo numero di plebei che erano riusciti a costruirsi una certa ricchezza e prestigio politico, divideva il potere con i patrizi. A Roma la schiavitù ebbe una scarsa importanza; infatti il servo mangiava alla stessa mensa del padrone ed era tutelato contro le lesioni personali. Benché la produzione di beni necessari alla famiglia costituisse la regola, tuttavia lo scambio di merce con denaro fu un elemento molto antico della vita economica italica. Un tempo il bestiame fungeva da mezzo di scambio; ma a partire dal 1000 a.C., come mezzo di pagamento viene utilizzato il rame, il quale fu munito di un marchio come.segno di purezza. Solo a partire dal III sec., furono utilizzate rozze monete del peso di una libbra.
§3) I romani non hanno mai avuto un'idea di stato così come l'abbiamo oggi noi, ma essi consideravano lo stato come l'insieme di tutti i cittadini che ad esso appartenevano. Populus Romanus era l'appellativo che utilizzavano per designare lo stato stesso.
Importante era quindi l'assemblea popolare, cioè la comunità di cittadini, nella quale si decideva della pace e della guerra, si eleggevano i magistrati e si votavano le leggi.
La comunità romana ha tre modi per raccogliersi in forma organizzata: Comizi Curiati, Comizi Centuriati e Comizi Tributi.
Comizi Curiati: i membri della comunità in tali comizi erano raggruppati in curie, in numero di 30, e riunite in gruppi di 10, ognuno dei quali costituiva ⅓ di tutta la comunità, erano associazioni di carattere sacrale, ciascuna con un culto e degli organi di culto propri.
Inesse l'influenza dei patrizi era senz'altro dominante. I comizi curiati dell'età repubblicana avevano solo funzioni di diritto sacro, come dimostra il fatto che si riunivano sotto la presidenza del pontefice massimo, il capo del sistema religioso statale. Non si sa con certezza quali fossero le competenze dei comizi curiati dell'età regia; sicuramente partecipavano all'inauguratio del re e lo assistevano in alcune sue attività rituali in campo religioso.
Comizi Centuriati: avevano funzione politica e vi appartenevano i membri della comunità divisi in centurie. L'origine militare di questa assemblea è evidente: finché esistette in Roma un esercito di cittadini, la fanteria fu divisa in centurie. Con la costituzione serviana, l'ordinamento centuriato ha perso il suo carattere militare originario, trasformandosi in un mero sistema di votazione e di ripartizione delle imposte. In esso i cittadini venivano divisi,
sulla base del loro patrimonio, in classi, ognuna delle quali comprendeva un numero fisso di centurie, indipendentemente dalla sua consistenza numerica effettiva. Così, il totale di 193 centurie era ripartito tra le classi in modo tale che i più abbienti avevano già, con 98 centurie, la maggioranza assoluta. Infatti i voti dei singoli cittadini si computavano solo all'interno della rispettiva centuria; dalla loro maggioranza derivava il voto della singola centuria, ma era la maggioranza delle centurie che decideva il risultato di tutta la votazione. Inoltre, poiché le centurie non venivano chiamate tutte contemporaneamente ma secondo l'ordine di successione delle classi, e poiché si andava avanti solo fino a quando non si raggiungeva la maggioranza assoluta, il cittadino povero non arrivava quasi mai ad esercitare effettivamente il suo diritto di voto. Questa ripartizione non ha più niente a che vedere con i criteri di ordine militare, ma.Si tratta semplicemente di una manovra politica atta ad assicurare il potere nelle mani delle classi abbienti. Nei comizi centuriati venivano eletti i magistrati maggiori (consoli, pretori e censori); inoltre, si votavano le leggi e si prendeva la decisione formale sulla pace o sulla guerra. Infine, secondo quanto scritto nella legge delle XII Tavole, essi erano competenti per i processi politici in cui si decideva della vita del cittadino accusato.
Comizi Tributi: ebbero fin dall'inizio carattere civile. I cittadini in essi erano raggruppati secondo la loro appartenenza alle diverse circoscrizioni del territorio romano, le quali si chiamavano tribus. Verso la fine del V sec. a.C. esistevano 20 di queste circoscrizioni: 4, le tribus urbanae, erano comprese nel perimetro della città, le altre, quelle rusticae, si trovavano nelle immediate vicinanze. Tra la fine del V e la metà del III sec., le circoscrizioni salirono a 35, in seguito all'istituzione di nuove.
tribù rustiche sul territorio conquistato. I membridi ogni tribù potevano votare con funzioni analoghe a quella della centuria nei comizi centuriati. Anche qui chi decideva era la maggioranza delle tribù e non la maggioranza dei cittadini aventi diritto al voto.
La cittadinanza si riuniva ordinata in curie, centurie o tribù, solo al fine di votare sulle proposte legislative o elettorali presentate da un magistrato che presiedeva l'assemblea. I cittadini non avevano alcun diritto di iniziativa, potevano solo accettare o respingere le proposte loro presentate.
Cittadini si diventava per nascita da un matrimonio valido tra un romano e una romana o tra un romano e una straniera che possedesse il conubium, cioè il diritto di contrarre matrimonio con un cittadino romano; inoltre per nascita da una romana al di fuori di un matrimonio valido; per concessione da parte della comunità cittadina o, su autorizzazione di questa, da un magistrato; infine
per essere stati liberati dalla schiavità. Secondo un antico principio, che fu poi abolito, i cittadini delle comunità latine, acquistavano la cittadinanza romana mediante trasferimento a Roma. La liberalità con cui Roma concesse fin dall'inizio la cittadinanza agli stranieri, è certamente uno dei motivi della sua futura potenza e grandezza. La cittadinanza romana andava perduta per colui che commetteva un crimine grave o che veniva condannato alla schiavità.