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C.P.P.):
il giudicato), contro la sentenza di condanna (la revisione), purché dopo l’intervenuta irrevocabilità,
sopravvengono o si scoprano nuove prove che dimostrino che il condannato deve essere prosciolto (ex art.
630, co 1, lett c)); diversamente, se la sentenza irrevocabile è di proscioglimento, non vi sono deroghe.
a tal proposito, che l’art.
Il CPP pone una fondamentale distinzione tra 2 effetti del giudicato (si precisa 238
bis cpp, introdotto dalla L 356/1992, disciplina in realtà, un ulteriore effetto derivante dalla sentenza
irrevocabile, consistente nella possibilità di utilizzare la sentenza irrevocabile sia di proscioglimento, sia di
condanna, come prova in un diverso procedimento penale), consistenti cioè:
nell’effetto preclusivo del giudicato, 649 che “L'imputato
1) il quale comporta, ai sensi dell’art. prosciolto o
condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a
procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo
(intendendo per esso, la definizione giuridica del fatto), per il grado (intendendo per esso, la maggiore o
minore gravità concreta del reato) o per le circostanze (intendendo per esso, le aggravanti e le attenuanti,
nonché le circostanze inerenti alla persona del colpevole (come l’intensità del dolo, il grado della colpa,
l’imputabilità), e gli altri elementi accidentali del reato), salvo quanto disposto dagli artt. 69 co 2 e 345. Se
ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo
nel dispositivo”;
pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa 18
L’art. 649 C.P.P. introduce cioè, il principio, rinvenibile in tutti gli ordinamenti processuali (di
tradizione sia continentale, ove assume la denominazione latina di “ne bis in idem”, che angloamericana,
del “dobule jeopardy”), secondo cui nessuno può essere processato due volte
ove è espresso con il divieto
per lo stesso fatto: si tratta di un effetto meramente negativo, in base al quale, ove un pubblico ministero
imputato, il giudice ha l’obbligo
inizi un novo procedimento per il medesimo fatto attribuito al medesimo
di pronunciare sentenza di non luogo a procedere (prima del dibattimento) o sentenza di proscioglimento
per improcedibilità (in dibattimento). Tale principio ha talaltro, avuto una profonda evoluzione
al punto che oggi, la giurisprudenza lo considera un principio generale dell’intero sistema
sistematica, fino
processuale: in particolare, la stessa purché sussistano 4 requisiti (secondo i quali i due processi devono
essere pendenti contemporaneamente; devono essere istaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del pubblico
ministero; non devono essere riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 cpc e
devono essere stati devoluti, anche se in fasi o gradi diversi, alla cognizione di giudici appartenenti alla
stessa sede giudiziaria), ritiene precluso un secondo giudizio in relazione al medesimo fatto attribuito alla
stessa persona anche in presenza di un processo ancora pendente e non definito con sentenza irrevocabile.
In particolare, il divieto di un 2° giudizio è ricollegato alla presenza di 2 requisiti, indicati dalla legge:
un requisito soggettivo, il quale è dato dall’identità tra la persona già giudicata e quella che si vorrebbe
1) sottoporre a procedimento penale: ne deriva che:
sottoposte a processo penale persone diverse dall’imputato, anche se sono
a) possono essere
accusate di aver commesso quel medesimo fatto storico sul quale si è formato il giudicato;
b) chi ha assunto la veste di imputato in un processo definito con sentenza irrevocabile può essere
sottoposto ad un altro procedimento per il medesimo fatto storico come responsabile civile o come
civilmente obbligato per la pena pecuniaria;
c) il giudice del procedimento a carico del concorrente può rivalutare il comportamento del
soggetto già giudicato, ma unicamente al fine di accertare la sussistenza ed il grado della
responsabilità dell’imputato da giudicare;
2) un requisito oggettivo, il quale è dato dal medesimo fatto storico: in particolare, la giurisprudenza
storico sussiste soltanto se sono identici la condotta, l’evento ed il
ritiene che il medesimo fatto
rapporto di causalità. Tali elementi devono però, essere intesi non soltanto nella loro dimensione
storico - naturalistica, ma anche in quella giuridica, come espressione di una medesima offesa: ne
l’offesa, il fatto
deriva pertanto, che quando almeno uno dei predetti profili risulti diverso, cambiando
può essere diversamente considerato in un nuovo procedimento penale a carico del medesimo
imputato come possibilità di un’ulteriore decisione. Si pensi, ad es, che secondo la giurisprudenza:
a) intervenuta una condanna per omicidio doloso, non può esservi un nuovo processo penale per
omicidio colposo, in quanto il fatto sarebbe considerato soltanto per un diverso titolo;
b)diversamente, intervenuta una condanna irrevocabile per lesioni colpose e sopravvenuta la morte
successivamente alla sentenza, può iniziare un nuovo procedimento penale per omicidio colposo.
Ai sensi dell’art. 649, primo comma, C.P.C., però, l’effetto preclusivo non opera in tre diversi casi:
ai sensi dell’art. 62,
I. co 2, nel caso di una sentenza che abbia dichiarato estinto il reato per morte
dell’imputato, quando successivamente si accerti che la morte è stata erroneamente dichiarata;
ai sensi dell’art. 345, caso di una sentenza che abbia prosciolto l’imputato per difetto di una
II. nel
condizione di procedibilità, qualora successivamente sopravvenga tale condizione;
III. nel caso di concorso formale di reati per la violazione di precetti distinti attraverso la medesima
condotta: il giudicato formatosi relativamente ad uno degli eventi giuridici cagionati non impedisce
infatti, la possibilità di esercitare l’azione penale in merito all’altro. Ad avviso della giurisprudenza,
occorre tuttavia, che il giudizio sul secondo evento sia compatibile logicamente con il primo: si pensi, ad
esempio, che non sussiste compatibilità nel caso in cui all’esito di una sentenza irrevocabile accertante
che il fatto non sussiste, si apra un secondo giudizio per un reato in concorso formale, sul presupposto
della sussistenza del fatto;
nell’effetto vincolante del giudicato, il
2) quale comporta che altri giudici civili o amministrativi, i quali sono
chiamati a valutare l’esistenza in capo all’imputato di un danno derivante dal fato di reato, sono obbligati a
ritenere “vero” l’accertamento già effettuato nel processo penale, conclusosi con sentenza irrevocabile.
In particolare, in merito a ciò, è necessario in primo luogo, precisare come la questione risolta dal processo
penale, e cioè l’esistenza o meno della responsabilità penale dell’imputato in relazione ad un fatto di reato,
19
è pregiudiziale rispetto alla questione dell’esistenza di un danno patrimoniale o non patrimoniale derivante
dal reato stesso (il giudice civile o amministrativo potrà cioè, condannare al risarcimento il colpevole
soltanto se risultata accertata la responsabilità dell’imputato: si tratta però, di vedere se tale accertamento
spetta in esclusiva o meno, al giudice penale.
In realtà, con riguardo ai rapporti tra processo penale e processi civili o amministrativi, che abbiano ad
oggetto la richiesta di risarcimento dei danni derivanti dal reato, sono possibili, 3 soluzioni, consistenti:
1) nella completa separazione tra le giurisdizioni, con la conseguenza che il giudicato penale di condanna
o di assoluzione non esplica alcun effetto né preclusivo, né vincolante nei confronti dei processi civili
o amministrativi: in particolare, tale soluzione è accolta dai sistemi processuali accusatori, in cui spetta
al danneggiato dal reato far valere la propria pretesa risarcitoria davanti al giudice civile, prima,
durante e dopo il processo penale;
2) nella totale efficacia del giudicato penale di condanna o di assoluzione, il quale ha cioè, un effetto
vincolante sul potere di accertamento spettante al giudice civile o amministrativo: tale sistema,
denominato “unità della giurisdizione”, in quanto soltanto penale può accertare l’esistenza o
il giudice
meno della responsabilità per un fatto di reato, è invece, accolto dai sistemi penali inquisitori;
nell’efficacia parziale del giudicato penale in casi determinati e cioè, soltanto per specifici oggetti che
3) sono stati accertati dal giudice penale: in particolare, tale soluzione è accolta dai sistemi processuali
misti e coincide con la soluzione scelta dal Codice italiano del 1988, il quale da un lato, permette al
danneggiato di costituirsi parte civile, come avviene nel sistema inquisitorio, e dall’altro lato, accetta
come regola la separazione delle giurisdizioni, ma non in modo assoluto, come avviene nel sistema
secondo la quale l’azione civile per il risarcimento del danno derivante dal reato
accusatorio. La regola sfugge dall’efficacia del giudicato, è
può essere proposta davanti al giudice civile e infatti, sottoposta
ad un’eccezione, di modo che:
nel caso in cui l’azione risarcitoria è esercitata tempestivamente davanti al giudice civile, cioè
1) prima della pronuncia della sentenza penale di primo grado, il danneggiato può esercitare l’azione
risarcitoria in sede civile, senza subire l’efficacia del giudicato penale di assoluzione: il processo
civile che sia iniziato prima di tale momento, può cioè, proseguire in pendenza del processo
penale, senza essere sospeso e l’eventuale sentenza penale irrevocabile di assoluzione non ha
alcuna efficacia di giudicato nei confronti del danneggiato dal reato;
nel caso invece, in cui l’azione risarcitoria
2) (non è stata proprio esercitata o) è stata esercitata
tardivamente davanti al giudice civile, cioè dopo la pronuncia della sentenza penale di primo
grado, oppure se il danneggiato si è costituito in precedenza parte civile del processo penale e poi,
trasferito l’azione
ha in sede civile, il legislatore, con evidente intento punitivo nei confronti del
danneggiato, ha previsto che il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale
e subisce l’efficacia del giudicato
irrevocabile (art 75, co 3) penale, nei limiti degli artt 651 e 652.
In particolare:
651, l’ipotesi dell’efficacia
1) l’art. co 1 regola vincolante d