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IL GIUDIZIO DI
PRIMO GRADO
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5.1 I PRINCIPI CHE REGOLANO IL DIBATTIMENTO
LE DISPOSIZIONI GENERALI SUL DIBATTIMENTO
Le disposizioni generali sul dibattimento
Nel libro VII, il codice regola la fase del giudizio di primo grado, che a sua volta è ripartita nelle 3 sottofasi de:
➢ Gli atti preliminari al dibattimento;
➢ Il dibattimento;
➢ Gli atti successivi al dibattimento.
La fase dibattimentale è quella che, più di ogni altra, rispetta le caratteristiche del sistema accusatorio: la
formazione della prova avviene nel contraddittorio delle parti, che pongono direttamente le domande alle
persone esaminate. Tuttavia, il dibattimento non recepisce tutte le caratteristiche di tale sistema: ad esempio,
non accoglie la struttura del processo di parti (le parti dispongono sia dell’oggetto del processo sia delle prove,
cosa che accade di regola nel processo civile). Il processo penale non accoglie lo schema del processo civile:
➢ Perché l’azione penale non è disponibile, bensì obbligatoria: il pubblico ministero non può operare
transazioni sull’imputazione (oggetto del processo);
➢ Perché le parti non hanno l’esclusiva disponibilità dei mezzi di prova: una volta che sono state acquisite le
prove da esse richieste, il giudice può assumere nuove prove d’ufficio se risulta “assolutamente necessario”;
➢ Perché il giudice non è vincolato a decidere nei limiti delle richieste delle parti: può assolvere anche se
l’imputato chiede (per ipotesi) di essere condannato; viceversa, può condannare ad una pena più grave di
quella richiesta dal pubblico ministero. Il giudice nel decidere è vincolato soltanto all’osservanza della legge.
Il fatto storico enunciato nell’imputazione
L’unico vero limite al potere decisionale del giudice consiste nel fatto storico enunciato nell’imputazione. Il
giudice può dare al fatto storico una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell’imputazione, purché
il reato non ecceda la sua competenza. Può modificare soltanto il titolo di reato (e cioè la qualificazione giuridica
del fatto storico). Es: se è contestata una circonvenzione di incapaci, può ritenere sussistente una truffa. Quando,
viceversa, il giudice accerta che il fatto storico è diverso da quello descritto nell’imputazione o comunque
contestato in dibattimento, di regola deve ordinare la trasmissione degli atti al pubblico ministero perché questi
eserciti nuovamente l’azione penale.
I poteri del presidente e dell’organo giudicante
Quando l’organo giudiziario è collegiale, vi è una netta ripartizione tra:
➢ i poteri del presidente ->
• il potere di “direzione” del dibattimento spetta, di regola, al presidente;
• il potere attinente alla disciplina delle udienze.
➢ i poteri dell’organo giudicante:
• i poteri “decisori” spettano all’intero collegio (es: il potere di decidere con ordinanza l’ammissione delle
prove richieste dalle parti).
Se il giudice è monocratico, i poteri dell’organo giudicante si cumulano nel medesimo magistrato.
L’udienza e il verbale di udienza
Occorre distinguere preliminarmente tra:
➢ L’udienza -> è il tempo di una singola giornata dedicata allo svolgimento di uno o più processi;
➢ Il dibattimento -> è la trattazione in udienza di un determinato processo.
Un dibattimento complesso può durare per più udienze; in un’udienza possono essere trattati più processi. Il
verbale di udienza è redatto dall’ausiliario che assiste il giudice ed è inserito nel fascicolo per il dibattimento.
Tale fascicolo può essere consultato dal giudice in camera di consiglio. Il codice tende ad assicurare l’esigenza
che le risultanze dibattimentali siano riprodotte con la massima fedeltà e completezza, perché queste saranno
poi utilizzate dal giudice per decidere. Nel verbale devono essere sempre riprodotte non soltanto le risposte, ma
anche le domande che sono rivolte alla persona esaminata. La riforma Cartabia ha previsto la documentazione
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con mezzi di riproduzione audiovisiva dell’esame di testimoni, periti, consulenti tecnici, parti private e imputati
connessi, nonché delle ricognizioni e dei confronti, salva la contingente indisponibilità di strumenti di
riproduzione o di personale tecnico. Tale innovazione garantisce al giudice, che ha assistito allo svolgersi del
dibattimento, la possibilità di “rivedere” un’escussione quando si tratta di una prova rilevante e la distanza
temporale tra l’escussione e il momento della decisione potrebbe annacquare il ricordo. In questo senso, la
disciplina tutela il principio di immediatezza. Tuttavia, la norma deve leggersi in connessione con la nuova
disciplina della rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento del giudice: qualora vi sia stata
documentazione con mezzi di produzione audiovisiva, le parti non hanno il diritto a una nuova escussione della
prova dichiarativa di fronte al giudice mutato. In tal caso, quindi, può affermarsi che la nuova disciplina non
tutela l’immediatezza ma ne consente un sacrificio. Valgono per il dibattimento le 3 forme di redazione del
verbale previste dall’art. 134.
La riforma Cartabia
La riforma Cartabia ha puntato sull’accelerazione e sulla semplificazione della fase del giudizio, introducendo
gli istituti del calendario delle udienze e del deposito anticipato delle relazioni del perito e del consulente
tecnico. Ha inoltre regolamentato la riassunzione della prova dichiarativa nei casi di mutamento del giudice.
LA PUBBLICITÀ DELLE UDIENZE
La pubblicità delle udienze
La pubblicità concerne la possibilità che il comune cittadino conosca quanto si svolge in dibattimento:
➢ Pubblicità mediata -> si attua attraverso la possibilità di pubblicare gli atti del dibattimento tramite la stampa
o altro mezzo di diffusione. Essa svolge una duplice funzione:
• Permette il controllo dell’opinione pubblica sul funzionamento della giustizia;
• Costituisce una forma di manifestazione del pensiero mediante la cronaca e la critica giudiziaria (vengono
riferiti gli atti del dibattimento e possono essere valutate le decisioni del giudice).
➢ Pubblicità immediata -> si realizza quando soggetti estranei al processo sono presenti in aula e assistono
direttamente all’udienza. Essa assicurata dalla modalità di svolgimento dell’udienza, che di regola è aperta
al pubblico (a pena di nullità). Vi sono però alcune categorie di persone che non sono ammesse nell’aula di
udienza (es: minori di 18 anni o persone che appaiono in stato di squilibrio mentale). La pubblicità immediata
subisce un’eccezione quando il giudice dispone che si proceda “a porte chiuse” in presenza di ipotesi previste
tassativamente dalla legge. In alcune di queste ipotesi, nelle quali prevalgono esigenze di segretezza, è
limitata altresì la pubblicità “mediata” attraverso la stampa o altri mezzi di diffusione. La decisione di
procedere a porte chiuse per l’intero dibattimento (o per alcune parti di esso) non costituisce per il giudice
l’espressione di una facoltà, bensì di un dovere imposto dalla legge.
• L’obbligo di procedere a porte chiuse con divieto di pubblicazione degli atti -> nelle seguenti ipotesi si
deve procedere a porte chiuse ed è altresì vietata la pubblicazione degli atti del dibattimento:
o Quando la pubblicità può nuocere al buon costume sessuale;
o Quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell’interesse
dello Stato e purché l’autorità competente chieda di procedere a porte chiuse; tali “notizie”
differiscono da quelle coperte dal segreto di Stato, che non è conoscibile neanche dal giudice;
o Quando l’assunzione di determinate prove può causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni,
ovvero delle parti private “in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell’imputazione”. In questo
caso, occorre la richiesta dell’interessato che si proceda a porte chiuse.
• L’obbligo di procedere a porte chiuse senza divieto di pubblicazione degli atti -> nelle seguenti ipotesi
si procede a porte chiuse, ma è consentita la pubblicazione degli atti del dibattimento:
o Quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene;
o Quando il pubblico pone in essere manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze;
o Quando è necessario salvaguardare la sicurezza dei testimoni o di imputati.
In questi casi, il giudice può consentire la presenza di giornalisti e ciò al fine di rendere possibile in
concreto l’esercizio del diritto di cronaca e di critica giudiziaria.
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• Il regime giuridico previsto per i delitti di violenza sessuale e assimilati -> le leggi 66/1996, 269/1998 e
228/2003 hanno imposto che i dibattimenti relativi ad alcuni delitti di violenza sessuale, di prostituzione
minorile e di tratta di persone debbano svolgersi, di regola, a porte aperte. Tuttavia la persona offesa, se
adulta, può chiedere che si proceda a porte chiuse anche soltanto per una parte del dibattimento.
Quando la persona offesa è minorenne, si procede sempre a porte chiuse. A prescindere dal titolo del
reato per il quale si procede, se deve essere esaminata una persona minorenne, il giudice ha il potere
discrezionale di disporre che il relativo esame avvenga a porte chiuse. Occorre poi ricordare che i
procedimenti a carico di imputati minorenni si svolgono di regola a porte chiuse.
IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO
Il principio del contraddittorio
Il principio del contraddittorio trova la sua più ampia applicazione in dibattimento. L’attuazione piena del
principio del contraddittorio necessita che alle parti sia riconosciuta tutta una serie di diritti strumentali. I
principali sono:
➢ Il diritto di ottenere dal giudice l’ammissione della prova (orale, documentale o reale);
➢ Il diritto ad ottenere l’ammissione della prova contraria rispetto alla prova principale chiesta da altri;
➢ Il diritto di porre le domande nell’esame diretto e nel controesame.
Il principio del contraddittorio incontra però dei limiti.
IL PRINCIPIO DI ORALITÀ
Il principio di oralità
L’oralità è la regola che il codice di procedura penale accoglie per le dichiarazioni: esse dovranno essere rese in
forma verbale, anziché per iscritto. Tuttavia, vi sono prove che non sono “orali”. Ciò vale:
➢ per le prove reali (corpo del reato, cose pertinenti al reato e documenti);<