Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
CESARE BECCARIA
Cesare Beccaria nasce a Milano nel 1738, di famiglia Patrizia, si laurea a vent'anni
in giurisprudenza a Pavia e si trova a vivere in un ambiente familiare molto chiuso,
ne prova la ruvidezza e ne è insofferente. Quando chiede di sposarla ragazza della
quale si era innamorato suo padre lo imprigiona in casa, tuttavia qualche anno dopo
riesce a sposarla comunque. Nel 1761 si converte all'illuminismo, colpito dalla
vettura delle lettere persiane e dal contratto sociale di Rousseau, nel 1763
intraprende la stesura di” dei delitti e delle pene”, l'opera è pubblicata anonima due
anni dopo. Grazie alla sua pubblicazione viene immediatamente raggiunto dalla
fama. Le edizioni si moltiplicano, a 28 anni viene ricevuto a Parigi, nonché chiamato
da Caterina di Russia. Ebbe tuttavia qualche problema di carattere, essendo molto
pigro, legato alla madre e molto insicuro. Pur avendo certe possibilità essendo
entrato in circoli di potere e di persone che contano preferisce tornare a Milano dove
gli viene assegnata la cattedra di scienze camerali, che tiene con molto successo
per qualche anno. Scrive anche un'opera sull'economia pubblica sul mercato, la
quale verrà pubblicata postuma nel 1804. Muore a Milano nel 1794.
A stimolare la sua scrittura non fu tanto l'opera di Montesquieu e degli altri illuministi.
Si spiegava in riferimento ad altri progetti di rinnovamento che prendevano piede a
Milano nella sua epoca. Nella genesi di questo trattato furono fondamentali le
discussioni dell'accademia di pugni. Fu Pietro Verri a rivedere all'opera e a curarne
l'edizione. Importante quanto il ruolo di Alessandro Verdi, fratello, protettore dei
carcerati ed esperto della materia penale. Non significa che Beccaria non abbia
scritto questa opera da solo. Tuttavia lo si supponeva facendo leva per lo più per la
tipologia dei soggetti che presero parte e sul loro orgoglio, si faceva leva sui
problemi caratteriali di Beccaria, lo si supponeva culturalmente deficiente, sembrava
strano che Beccaria per trent'anni successivi non avesse scritto nessun'altra opera
di rilievo; altro motivo di dubbio era l'anonimato dell'opera. Sono tuttavia dicerie,
Francioni che è un critico del testo fece chiarezza. È l'opera manifesto dell'intero
illuminismo lombardo, anche perché è nata in seno all'accademia di pugni. E al
contempo un'opera d'autore, giacché a Beccaria non appartiene solo alla stesura
materiale, ma anche l'attitudine a disporre logicamente le tesi, aggiungendone
principi ricavati dai ragionamenti e infine deducendone poi le conseguenze e le
conclusioni. Il trattato nasce dalla presa di coscienza della pratica terrificante della
giustizia criminale dell'antico regime. La vocazione umanitaria di Beccaria ebbe un
ruolo evidente, e tuttavia l'opera si vede come proposta di un sistema nuovo, fondato
sul calcolo e sulla logica geometrica. Questo testo non è nuovo per le prese di
posizione, come l'opposizione alla tortura, alla pena di morte, al favore per le pene
miti, il favore verso un impianto laico dello Stato con la separazione tra peccato e
reato. Non è nuova perché considera la giurisdizione come attività separata dalla
legislazione e quindi non attribuisce al giudice un ruolo creativo, il giudice infatti deve
sottostare alla legge. Molte idee erano state già esposte da molti altri autori. Si erano
già avute inoltre alcune normative restrittive della tortura e della pena di morte come
in Svezia, a Napoli, in Prussia. Il nuovo di questo testo consiste nell'aver saputo
raccogliere tanti motivi e opinioni di autori e opere diverse in una unica proposta
concentrata in un piccolo libro e nell'aver saputo proporre la riforma dell'intero
sistema giudiziario. Nuova è anche la forma, si ha una esposizione essenziale dei
temi, si ha una forma editoriale agile e adatta alla circolazione, forma tipica delle
opere illuministe. A questo stile si opponevano i conservatori che erano abituati a
opere ponderose e di grande lunghezza nonché inadatte alla circolazione poiché
scritte in latino, su queste opere si reggeva la cultura da molti secoli. Il successo
dell'illuminismo deve sicuramente anche al formato agile delle opere. Beccaria
inoltre aveva sottolineato l'importanza dell'eleganza della scrittura e dell'importanza
di una scrittura leggibile, in questo modo doveva così nascere una connessione dello
studio delle belle arti alla nuova filosofia e al ragionamento. Non si limita a definire la
necessità di un nuovo ordine ma ne designa anche le linee fondamentali su un piano
sostanzialmente coerente. In casi eccezionali riconosce la custodia preventiva. Non
mancano contraddizioni ma tuttavia vi è una sostanziale coerenza del sistema
proposto. Per quanto riguarda le riforme Beccaria si rivolge al legislatore.
Interessante è che la parte critica verso il sistema delle fonti e della giurisprudenza
sia contenuta in uno schizzo rapido all'inizio dell'opera probabilmente appartenente a
Pietro Verri. Qui le critiche andavano al testo di Giustiniano e all'interpretazione
dottrinale, quindi di Claro, Farinacci, Carpzov. Questa dottrina è definita come
sopravvivenza dei secoli barbari.
Preme chiarire le premesse del discorso che si porterà avanti: la rivelazione, la legge
naturale, le convenzioni tra gli uomini; ci si vuole occupare non della intrinseca
malizia o bontà degli atti degli uomini ma esclusivamente dell'utile o del dannoso di
questi atti e ciò che questi atti possano arrecare alla società. Le offese alla religione,
i peccati, non devono essere materia di divieto da parte della legislazione e tutti i
comportamenti che non mettono in pericolo i valori della convivenza civile devono
rientrare nella libertà della persona. L’avversione all'opera si espresse nel silenzio, a
volte con rimostranze soprattutto in ambito ecclesiastico. L'opera è finita anche
nell'indice dei libri proibiti della Chiesa cattolica. Beccaria lascia subito intravedere la
sua proposta di riforma: al suo centro c'è l'uomo, è l'uomo è mosso dalle passioni,
rifugge il dolore e cerca il piacere. L'azione dell'uomo è diretta alla propensione a
soddisfare il proprio interesse e a raggiungere così la felicità ottenendo il piacere al
quale siamo spinti. Vi si innesta la considerazione di una società politica, che
rappresenta un superamento della situazione di indipendenza naturale dell'uomo
che avviene per mezzo del patto sociale. Gli interessa soffermarsi sul contratto
sociale, poiché in esso risiede il potere di punire. Gli uomini erano indipendenti e si
univano in società stanchi di un continuo stato di guerra, di una libertà incerta. La
costituzione della società politica implica il sacrificio di una parte della libertà
originaria, una parte più piccola possibile. La restante parte della libertà in questo
modo può essere goduta in sicurezza. La sovranità non è altro che la somma delle
singole porzioni di libertà cedute dall'individuo verso il sovrano, quindi la somma
delle porzioni di libertà di tutti gli individui della comunità. La prerogativa di questa
sovranità e il potere di fare le leggi e di comminare pene. Le pene non possono
eccedere i limiti posti dal patto sociale. Nella visione razionale di Beccaria leggi
dovevano essere lo strumento per ottenere la massima felicità per il maggior
numero. In campo penale si traduceva in un sistema incentrato sul principio di
legalità, poiché non vi è libertà quando le leggi permettono che l'uomo cessi di
essere persona e che diventi cosa. Vi è quindi anche una tutela dei singoli.
Alcuni postulati deducibili dall'opera di Beccaria:
1º la riserva di legge, solamente la legge del sovrano può stabilire i comportamenti
da evitare. Costituisce reato solo la condotta contro un divieto del legislatore. La
legge che configura il reato deve essere chiara e precisa, pubblicata, generale,
uguale per tutti. Pensava ad un corpo di leggi avesse il carattere sistematicità e
stabilità. Le pene dovevano essere commisurate alla reato commesso.
2º la subordinazione del giudice alla legge. Il magistrato deve accertare e valutare i
fatti, valutare se il comportamento ascritto all'imputato si sia realmente verificato, e
deve controllare se appartiene ad una categoria di reati, deve inoltre procedere
secondo il sillogismo aristotelico. Il sillogismo consiste in una premessa maggiore
nella premessa minore che porta alla conclusione. La premessa maggiore è dato
della previsione di legge, la minore è la condotta umana l'atto posto il giudizio, la
conclusione della sentenza del giudice tratta in maniera deduttiva dalle premesse. Il
magistrato non ha il potere quindi di interpretare la legge, nessun potere creativo o di
arbitrio personale. La premessa esprime una norma generale- coloro che
commettono omicidio devono essere puniti con il carcere-, la premessa minore
descrive il comportamento, il fatto-Paolo ha commesso l'omicidio-, la conclusione è
la norma generale applicata affatto contento-Paolo deve andare in carcere-. La
decisione giudiziale e l'esito necessario delle premesse date, il giudice non può
trarre una conclusione diversa, e bocca della legge. Viene meno qualunque potere
creativo del magistrato.
3ª presunzione di innocenza: le discendono pesanti conseguenze, specialmente in
tema di tortura e di pena di morte. Esprime una visione fondante di Beccaria,
ottimistica visione di una società istituita per volontà della società stessa-contratto
per il bisogno di sicurezza-e per i loro bisogni, non è costituita quindi con intenti
repressivi, bensì per assecondare gli interessi privati incanalandoli nell’interesse
pubblico. Il comportamento di cui il magistrato è chiamato a giudicare è eccezionale
che sia reato, finche non è dimostrato infatti si presume l'innocenza, che il fatto non
sia accaduto.
4ª concerne la funzione della pena stessa, la pena deve avere una funzione utilitaria
e deve avere caratteri di mitezza, proporzionalità, certezza, inflessibilità e prontezza.
Secondo una funzione utilitaristica nell'ordinamento non ha la funzione di
espiazione, la pena serve a indurre il reo a non commettere ulteriori reati, e con la
funzione di esempio serve a distogliere gli altri da contravvenire alle leggi. Sia ha
una prevenzione speciale e generale. La pena è quindi definita da Beccaria come
motivo sensibile e come ostacolo politico che induce i consociati a non anteporre il
proprio interesse all'utile sociale tutelato dalla legge. Per essere eff