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LA RAPPRESENTANZA DEI LAVORATORI SUI LUOGHI DI LAVORO
1.L’organizzazione sindacale sui luoghi di lavoro
I lavoratori per tutelare i propri interessi, si organizzano sia all’interno dei luoghi di lavoro che all’esterno .
La rappresentanza dei lavoratori può essere a canale doppio o a canale unico.
Parliamo di canale doppio quando nella medesima azienda coesistono due organismi, di natura e con
funzioni distinte: l’uno elettivo di rappresentanza generale (di tutti i lavoratori, indipendentemente
dall’iscrizione al sindacato), l’altro associativo che riproduce nei luoghi di lavoro la struttura di
rappresentanza a base volontaria dei sindacati esterni e che ha il potere di negoziare.
Nel sistema a canale unico la struttura di rappresentanza è sindacale/associativa sia all’interno sia al’esterno
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dei luoghi di lavoro e cumula tutte le funzioni. L’esperienza italiana è caratterizzata da una sintesi dei
due modelli, essendo prevalse nel tempo forme di rappresentanza uniche ed elettive,ma che hanno
mantenuto un forte collegamento con le associazioni sindacali esterne.
2.Le commissioni interne , le sezioni sindacali aziendali,i delegati e i Consigli di fabbrica
Fin dai primissimi anni del secolo, l’esigenza di un’adeguata organizzazione interna all’azienda condusse
alla creazione di un canale di rappresentanza strutturalmente diverso e comunque separato da quello dei
sindacati. Mentre questi si davano la struttura associativa che ancora conservano,gli organi che siamo per
analizzare il più delle volte hanno assunto la forma di una struttura elettiva di rappresentanza di tutti i
lavoratori occupati nell’impresa, che siano iscritti o meno ad una delle associazioni sindacali esterne.
L’espressione più antica di questa forma di rappresentanza è costituita dalle Commissioni Interne (CI), che
furono per la prima volta regolate nel 1906 in un accordo tra FIOM e la fabbrica di automobili Itala. Le CI
furono soppresse durante il periodo fascista e ripristinate dopo la caduta del regime, durante il governo
Badoglio,con un accordo stipulato nel 1943 (patto Buozzi-Mazzini) che attribuiva ad esse la funzione di
negoziare i contratti collettivi a livello aziendale. Dopo la librazione il loro funzionamento fu regolato da un
accordo interconfederale che sottrasse a tali strutture ogni potere contrattuale , riconoscendo a esse solo
funzioni di controllo sull’applicazione di alcune discipline collettive e di composizione delle controversie
aziendali ,individuali, collettive.
Le CI sono elette a suffragio universale e la ripartizione dei seggi avveniva con metodo proporzionale. La CI
era una struttura di rappresentanza distinta dai sindacati e come tale, poco coordinabile. Inoltre la
composizione della CI non rispecchiava la differenzazione degli interessi dei lavoratori. Per tali motivi le CI
sono state sostituite dalle nuove forme di rappresentanza sorte durante il ciclo delle lotte sindacali. Prima
che ciò avvenisse furono compiuti numerosi tentativi soprattutto dalla Cisl, per costituire nei luoghi di lavoro
sezioni sindacali aziendali (SAS), che a differenza delle CI,erano un’articolazione interna alle aziende del
sindacato esterno e dunque,ne riproducevano oltre che il pluralismo, la struttura associativa e il fondamento
volontario della rappresentanza. Ove si fossero diffuse,accanto alle CI, si sarebbe realizzato in Italia il
sistema a canale doppio,ma la diffusione concreta delle SAS si limitò a ben poche imprese.
Nel corso delle lotte sindacali si affermarono nuove strutture di rappresentanza dei lavoratori all’interno delle
imprese: i delegati e i Consigli di fabbrica.
Il delegato era eletto direttamente da tutti i lavoratori appartenenti ad uno stesso gruppo omogeneo e di
conseguenza connotato da un elevato grado di omogeneità di interessi. In genere, la designazione l’elezione
era libera da ogni vincolo di designazione da parte di sindacati esterni e non era neanche prescritto che il
delegato fosse iscritto l sindacato. L’insieme di tutti i delegati di una certa unità costituiva il Consiglio di
fabbrica.
Cgil, Cisl e Uil strinsero un patto federativo e riconobbero questi organismi come la propria struttura di base
all’interno dei luoghi di lavoro,attribuendo ad essi poteri di contrattazione sui posti di lavoro.
Queste strutture erano si unitarie come le CI, ma da questi si differenziavano per la composizione più
articolata e per l’esistenza di un legame organizzativo di tipo politico con il sindacato esterno. Questa forma
di rappresentanza non è riconducibile interamente né al canale doppio né al modello del canale unico, ma è
un compromesso tra i due
3.La RSA dell’art 19 dello Statuto dei lavoratori
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Le forme di rappresentanza dei lavoratori nei luoghi di lavoro si sono formate in assenza di
regolamentazione legislativa. Il primo intervento in materia è stato realizzato nel 1970 con lo Statuto dei
lavoratori , con esso il legislatore non intende regolarne forma e struttura , lasciando libero arbitrio ai
lavoratori ed ai sindacati in merito alla forma organizzativa da adottare. L’art 19 si limita ad identificare le
rappresentanze sindacali titolari dei diritti sindacali,ma rinuncia a prescrivere una forma organizzativa
determinata. La ratio è facilmente carpibile se si osserva che nel 1970 continuavano ad operare le vecchie CI,
in alcune aziende le SAS, mentre in alte stavano nascendo i delegato con i relativi consigli. In una situazione
così vasta la scelta per l’una o per l’altra struttura di rappresentanza avrebbe corso il rischio di entrare in
conflitto con la realtà.
L’assenza di regolamentazione ha anche un significato sistematico , lo statuto dei lavoratori è una legge di
sostegno all’azione sindacale,non di regolamentazione della forma che deve assumere la rappresentanza.
Bisogna specificare come la RSA possa essere o un’articolazione organizzativa del sindacato esterno (come
la SAS) ovvero essere riconosciuta dai sindacati esterni come propria struttura comune di base (consigli di
fabbrica) ovvero ancora intrattenere altro tipo di collegamento con questi. Ciò che conta è che questo
collegamento ci sia e sia abbastanza intenso da poter dire che “operino nel’ambito” del sindacato esterno, che
ci si in sostanza una sorta di riconoscimento da parte di quest’ultimo.
La scelta contenuta nell’art 19 di non regolare né la struttura della RSA,né il tipo di collegamento con il
sindacato esterno,ha conferito alla norma un’elasticità tale da consentire di identificare senza difficoltà nelle
RSA sia le forme di rappresentanza che,all’interno dei luoghi di lavoro, erano diretta emanazione del
sindacato esterno,sia le strutture elettive, come i consigli di fabbrica, che erano costituiti ad iniziativa dei
lavoratori e operavano nell’ambito di Cgil,Cisl,Uil. Insomma le RSA dell’art 19 sono una fattispecie che il
legislatore ha voluto lasciare aperta al fine di applicare il precetto normativo, quale che sia la forma
organizzativa attribuita alla rappresentanza dei lavoratori sui luoghi di lavoro.
4.La crisi dei Consigli e le rappresentanze sindacali unitarie nel settore privato
I Consigli di fabbrica sono entrati in crisi nel corso degli anni 80, in primo luogo a causa della rottura del
patto federativo tra Cgil, Cisl e Uil. La conflittualità tra le organizzazioni che ne scaturì generò spesso
divisioni interne e difficoltà nella regolarità del rinnovo elettorale di questi organismi o addirittura, la revoca
del riconoscimento del consiglio da parte di uno o più dei sindacati esterni e la costituzione di RSA separate.
Specifichiamo inoltre che i processi di robotizzazione avevano eliminato l’omogeneità all’interno
dell’azienda, creando così una serie di figure professionali e tecniche molto articolata e differenziata, che
stentava a riconoscersi in questa forma di rappresentanza sindacale.
La formula dei consigli di fabbrica conteneva in sé un arduo compromesso tra l’idea del sindacato-
organizzazione (rappresentato dagli iscritti) verso cui ha sempre inclinato Cisl, e quella del sindacato-
movimento (rappresentativo di tutti i lavoratori) propria della tradizione Cgil ; tra l’esigenza di lasciare spazi
a formazioni sindacali diverse da quelle aderenti alle tre Confederazioni e quella di mantenere coesione
organizzativa e politica tra l’azione interna ai luoghi di lavoro e quella esterna.
Dopo vari tentativi la mediazione è stata realizzata con le Rappresentanze sindacali unitarie (RSU),
previste dal Protocollo tra Governo e parti sociali del 1993 e poi regolate da un accordo stipulato da Cgil,
Cisl e Uil con la Confindustria nel medesimo anno. Tale accordo prevede che le organizzazioni firmatarie
acquistino il diritto, nelle unità produttive con più di 15 dipendenti, di promuovere la formazione delle RSU
e di partecipare alle relative elezioni, rinunziando a costituire proprie RSA. Di conseguenza la RSU subentra
alla RSA di tutti i sindacati che hanno stipulato l’accordo o che vi abbiano successivamente aderito. La
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conseguenza è che un sindacato firmatario può revocare il proprio riconoscimento della RSU in un
determinato luogo di lavoro e costituire la propria RSA solo dando disdetta dell’intero accordo
interconfederale, così precludendosi la possibilità di partecipare alle elezioni delle RSU in tutti gli altri
luoghi di lavoro. L’accordo stabilisce che l’iniziativa per la costituzione delle RSU (o per il loro rinnovo – di
regola triennale) possa essere presa, anche disgiuntamente:
• Dalla RSU di cui sta per scadere il mandato
• Da ciascuna delle associazioni sindacali firmatarie del Protocollo 23 Luglio 1993
• Da ciascuna delle associazioni sindacali firmatarie dell’accordo interconfederale
• Da ciascuna delle associazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale
• Da ciascuna delle associazioni sindacali dotate di un proprio statuto ed atto costitutivo, raccolgano
un numero di firme non inferiore al 5% dei lavoratori aventi diritto al voto.
Risulta chiaro che l’accordo sia aperto all’adesione di sindacati diversi da quelli affiliati alle Confederazioni
inizialmente sottoscrittrici (Cgil,Cisl,Uil) i quali acquisiscono così il pieno titolo di assumere l’iniziativa per
l’avvio del procedimento elettorale, sia partecipare alle elezioni, presentando delle liste elettorali.
Rimangono invece esclusi i gruppi occasionali di lavoratori , a presentare le liste devono infatti essere
associazioni sindacali formalmente costituite con un proprio statuto ed atto costitutivo.
Le associazioni sindacali non hanno rinunciato, inoltre, a strumenti di controllo e di raccordo sulle RSU
orientati soprattutto a prevenire rischi di inc