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NELLA SOCIETA’ BORGHESE)
I – ELOGIO DEL DUELLO
1. Il tranviere gentiluomo
Fatto epocale nell’ultima fase della millenaria storia del duello: la sua democratizzazione o meglio il suo
pieno inserimento in una società senza ceti, ben diversa dall’ambiente in cui il duello era sorto ed aveva
prosperato.
Persino nelle controversie aziendali qualche conflitto si risolse lungo le vie dell’onore.
Non più come strumento di rigida espressione cetuale, il duello d’onore si conservò per l’affermazione dello
statuto civile di gentiluomo, per ideali romantici e per il consolidamento delle identità nazionali, ma anche
per i più lievi motivi di disputa al gioco, al ballo o quant’altro.
Di pari passo con la vitalità del duello borghese si diffonde un rinnovato profluvio di pubblicazioni contro il
duello, che riprendono più o meno gli antichi argomenti di carattere morale, politico o normativo. Ma l’800
vide pure l’affermazione di vivaci leghe antiduelliste e della netta opposizione socialista al duello.
Nell’esperienza italiana, il partito socialista vietò nel 1896 agli iscritti di partecipare ai duelli a qualsiasi
titolo.
La Lega internazionale antiduellista rispondeva allo spirito dei tempi, ma era sorta in Austria quasi
occasionalmente nell’anno di grazia 1900, a seguito della vicenda del marchese Tacoli. Ad opera di alti
esponenti della nobiltà e dell’esercito si diffuse rapidamente in Germania, Francia, Ungheria.
In Italia la Lega antiduellista, aderente alla Lega internazionale, ebbe come fervido protagonista il
cattolicissimo marchese Filippo Crisopolti e si strutturò fedelmente sull’esempio austriaco, copiandone lo
statuto salvo marginalissimi aggiustamenti.
2. Duelli politici e d’opinione
Il duello nell’Italia unita divenne assai più frequente che nei decenni precedenti.
Negli anni ’90 ebbe inizio un declino che si protrasse fino alla prima guerra mondiale. Infine, un ultima forte
ripresa dei duelli ebbe luogo nel clima, denso d’aggressività, del dopoguerra fra il 1919 e il 1925.
La prassi del duello, normalmente non mortale, era estremamente diffusa nell’Italia liberale.
La prima categoria sociale implicata era di gran lunga quella dei militari, ma anche il curriculum vitae di
numerosi nobili, politici, scrittori e giornalisti italiani fra il 1860 e il 1930 annoverava normalmente almeno
un duello, spesso assai di più. Anche gli artisti non ne andavano esenti.
Rarissimi erano, peraltro, i casi di duelli mortali, quantomeno in paesi come la Francia e l’Italia:
percentualmente ben più numerosi in Germania.
La scarsa letalità dei duelli era determinata ovviamente dal fatto che lo scontro terminava solitamente al
‘primo sangue’. Contribuivano anche le regole dello scontro particolarmente ‘garantiste’ e l’uso massiccio
della sciabola, che ferendo di taglio permetteva di arrivare senza troppi rischi ad una rapida e
‘soddisfacente’ lesione.
I duelli d’arma bianca, però, se non erano di gran pericolo nell’immediatezza dello scontro, recavano con
sé gravi rischi di infezioni, al tempo assai insidiose: le parti di norma restavano a digiuno prima del duello,
per circoscrivere gli effetti delle paventate lesioni ventrali. Più problematico era il livello di pericolo del
duello alla pistola.
Per la letalità dell’abbattimento non si deve enfatizzare troppo il ruolo della tipologia delle armi. Quel che
contava veramente era la volontà delle parti.
La prassi italiana, in particolare, conservò il diritto della scelta delle armi in capo al provocato con i soliti
antichi abusi
Nella massa dei duelli un luogo di spicco fu per risonanza e scalpore quello dei duelli politici e d’opinione.
Innumerevoli furono le sfide (quasi sempre senza esiti letali) che coinvolsero i principali politici dell’Europa
dell’800.
Il Proudhon duellò con un collega che lo aveva insultato alla Camera dei deputati, superando le sue
convinzioni antiduelliste con la stringata argomentazione per cui <<il mondo è troppo stupido per
comprendere il mio rifiuto di battermi>>. I deputati stessi si battevano comunemente e impunemente a
duello, sfruttando l’immunità parlamentare e la solidarietà dei colleghi.
Quelli che si atteggiavano a massimi garanti della giustizia statale, non sapeva sottrarsi alla legge
dell’onore.
Un fenomeno che la diceva lunga sulla perdurante cattiva volontà nella repressione del duello era
l’amplissimo risalto che la stampa riservava ai fatti d’arme con estrema dovizia di particolari. Nel 1884 il
Crivellari ricordava che, mentre anni prima i nomi dei duellanti erano indicati con le mere iniziali, al
presente anche tale schermo era caduto e i nomi delle parti erano riportati a chiare lettere.
Negli anni ’20, durante l’elaborazione del nuovo codice penale, la Corte di cassazione e l’Azione cattolica
avevano proposto l’introduzione di una norma che vietasse <<ogni pubblicità ai verbali e ad altri atti
riflettenti il duello>>.
La proposta non fu accolta, mentre fu parzialmente formalizzata dal codice di sicurezza del 1931.
La cruenta fama ambita dai duellanti era stroncata, insieme al venir meno della libertà politica e di parola,
che era stata alle radici del duello liberale. Ma era un rimedio, ragionevole, che era già stato dibattuto da
diversi decenni a livello europeo.
Accanto ai duelli politici la cronaca pullulava di duelli d’onore legati al giornalismo e alla carta stampata. Per
i giornalisti le vertenze erano un problema serio. I casi di duelli implicanti giornalisti erano pressoché
quotidiani.
3. Duelli nazionalisti
3.1. In difesa dell’onore italico: Gabriele Pepe e Alphonse de Lamartine; Vittorio Emanuele di
Savoia-Aosta ed Enrico d’Orléans
La storia militare era prodiga di duelli che si potevano definire a buon diritto nazionalisti. Due vicende
colpirono particolarmente l’immaginario collettivo.
La malcerta fama delle armi italiane in guerra andò spesso ricercando sul campo privato dell’onore un
improbabile riscatto.
3.2. Stralci di teoria nazionalista del duello
Carlo Maria Brunetti propugnò la cultura dell’onore e del duello in un’ottica fortemente nazionalista.
Non meramente passivo come l’onore ‘nazionale’, l’onore ‘nazionalista’ era da considerarsi attivamente
vigile e impegnato per il predominio della propria nazione su tutte le altre, sotto ogni profilo.
La cultura del duello ritrovava, in un certo nazionalismo italiano prefascista, una funzione spiccatamente
etica, di baluardo dell’individuo e della società ad un tempo.
Rilettura di una tradizione marziale ripresa quale fiero attributo nazionale e dimostrazione dell’orgoglio
etnico.
Nazionalismo non significava necessariamente nazismo.
3.3. La sciabola del Duce, il sangue dell’onore ariano: duello e nazifascismo
Benito Mussolini praticava la scherma e fu pure duellante tutt’altro che mediocre. Sfidò e fu sfidato più
volte.
Due furono i duelli che maggiormente si segnalarono nella biografia di Mussolini.
Il primo risale agli anni drammatici dell’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale. Nel marzo 1915,
sul Popolo d’Italia, Mussolini si era scagliato contro Claudio Treves, noto deputato socialista, ingiuriandolo
pesantemente sul piano personale con un articolo intitolato Palanca greca. Treves sarebbe stato un ‘triplice
coniglio’, un ‘mantenuto’ della facoltosa moglie greca: sarebbe stato un neutralista davanti alla guerra
europea un po’ per viltà e un po’ per certi suoi bassi problemi personali.
Treves reagì con violente repliche sulle pagine dell’Avanti ed inviò i suoi padrini a Mussolili.
Il duello (29 marzo 1915) fu duro e accanito, terminando senza riconciliazione.
Dopo l’avvento del regime pare che Treves talvolta esclamasse: <<E pensare che l’ho avuto sotto la mia
spada>>.
Ancora poco prima della marcia su Roma, Mussolini si impegnò in una questione d’onore motivata da certi
articoli pubblicati sul Mondo e, a suo dire, diffamanti, responsabile il direttore socialista del giornale,
Ciccotti Scozzese.
Il duello parve subito inevitabile e fu perseguito con tenacia, a dispetto degli occhiuti tentativi della polizia,
informata del progetto.
Lo scontro si articolò in 14 assalti e si protrasse per più di un’ora, sinché Ciccotti dimostrò un’insufficienza
cardiaca, che indusse i medici presenti a dichiarare la loro volontà di dimettersi se lo scontro fosse
continuato.
Il codice cavalleresco del Gelli prevedeva che entrambe le parti fossero assistite da un medico e che
almeno uno dei due dovesse necessariamente restar presente per la regolarità dello scontro.
I padrini di Ciccotti richiesero, quindi, l’immediata interruzione e il rinvio. L’accordo non fu raggiunto e i
padrini di Mussolini ritennero chiusa e vinta la vertenza.
Se, dunque, Mussolini uomo avvertiva profondamente il fascino delle partite d’armi, Mussolini capo dello
Stato e più in generale il regime fascista si dimostrarono ostili, quantomeno diffidenti. Il fascismo ebbe
atteggiamento ambiguo nei confronti del duello, espressione encomiabile di virtù marziale, ma anche
negazione individualistica dello Stato fascista, organico, disciplinato e tendenzialmente totalitario.
La Germania unita aveva ereditato dalla Prussia la prassi del dovere del duello per i militari.
Il duello fu percepito come un opportuno momento formativo di quello spirito guerriero e patriottico che si
intendeva incentivare, ma su questa valenza pedagogica sovrastava la diffidenza per l’intima anti-statualità
dell’istituto. Anche fra i militari il duello poteva, quindi, essere ammesso, ma sotto stretto controllo
gerarchico.
Hitler da parte sua considerava il duello irrazionale.
Nel 1937 Hitler si indignò per il caso di Roland Strunk, esponente di spicco del regime, che cadde vittima di
un duello alla pistola con il preteso amante di sua moglie. Dopo quella vicenda, i controlli sugli eventuali
duelli divennero ancora più incisivi, ma la propaganda ideologica rimase sempre ambiguamente
ammiccante.
La seconda guerra mondiale avrebbe reciso alle radici le reviviscenze del duello in chiave nazionalista.
4. Duelli iniziatici: l’iniziazione di un camorrista napoletano, l’iniziazione di uno studente tedesco
In particolari contesti il duello otto-novecentesco assunse anche le forme di cerimonia iniziatica.
Una prova di valore, una prova cruenta, che attesta il pieno titolo del duellante ad essere ammesso in una
comunità ristretta ed ‘eletta’.
Un ambito di elezione dei duelli iniziatici è