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PARTE QUARTA

Le forme di manifestazione del reato

Nel linguaggio tradizionale della dottrina penalistica, la locuzione “forme di manifestazione del reato”

esprime un concetto destinato in genere, a raggruppare ipotesi normative in cui il reato appare

contrassegnato, nel suo concreto manifestarsi, da caratteristiche peculiari cache lo differenziano dal prototipo

dell’illecito penale, corrispondente ad un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, completo di tutti gli elementi

necessari a costituirli e realizzato da un autore singolo nella forma base descritta da una norma incriminatrice

speciale. A questa classica modalità di realizzazione dell’illecito penale, corrispondente alla figura del reato

semplice, consumato e monosoggettivo, si contrappongono infatti, altrettante modalità, alternative con cui il

reato può manifestarsi nella realtà fattuale, corrispondente alla figura del reato circostanziato, tentato e

plurisoggettivo.

Il reato circostanziato

La struttura del reato consta di elementi essenziali, cioè di elementi che sono indispensabili per la

realizzazione del reato (si pensi, ad esempio, alla condotta materiale, all’elemento psicologico, all’evento), e

accessori), che in quanto tali, non incidono nell’esistenza del reato, bensì sulla sua

di elementi accidentali (o

gravità, determinando un aumento ovvero una diminuzione della pena base (le quali sarebbero appunto, le

circostanze). In particolare, la sussistenza di una circostanza, aggravante o attenuante, trasforma la fattispecie

incriminatrice da semplice in circostanziata, esprimendo l’esigenza di conformare la pena da irrogare in

concreto all’effettivo disvalore del fatto posto in essere. Definire la circostanza come un elemento accessorio

del reato consente tuttavia, di coglierne la differenza con gli elementi essenziali della fattispecie, ma non

permette di stabilire un criterio generale idoneo alla sua individuazione. In genere, la previsione da parte del

del reato, si caratterizza per l’uso di specifiche formule: non sempre però, tali

legislatore, di circostanze

indicazioni sono sufficienti a stabilire quando ci si trovi di fronte ad un reato circostanziato e quando invece,

ci si trovi di fronte ad elementi costitutivi di un‘autonoma fattispecie di reato, rendendosi necessari altri

criteri di individuazione. A tal proposito, la dottrina sostiene che possono considerarsi circostanze, quegli

elementi costituenti una specificazione di corrispondenti elementi essenziali della fattispecie base: in

sostanza, le circostanze si porrebbero in un rapporto di specie a genere rispetto agli elementi costitutivi del

reato (si pensi, ad esempio, alle cose esposte alla pubblica fede (ex art. 625, n. 7, C.P.), che sono una specie

mobile, costituente l’oggetto materiale dei reati di furto. Ciò posto, non saranno allora,

del genere cosa

inquadrabili tra le circostanze quei fattori che piuttosto che specificare, si aggiungono o si sostituiscono ai

cioè, non già come “species a genus”, bensì come un

corrispettivi elementi della fattispecie base (ponendosi

dato alternativo), dando luogo ad un autonomo titolo di reato (si pensi, ad esempio, all’aborto seguito da

lesione o da morte ella nonna che costituisce reato autonomo, e non mera circostanza aggravante della

fattispecie aborto non consentito). Il suddetto criterio non è tuttavia, sempre idoneo a distinguere la

circostanza da ciò che tale non è: ciò è quanto accade nelle ipotesi in cui l’elemento specializzante fondi

un’autonoma fattispecie del reato (si pensi, ad esempio, all’oltraggio, ex art. 341 C.P., oggi abrogato, rispetto

al reato di ingiuria, ex art. 549 C.P.), ipotesi in cui soccorre l’ulteriore criterio che fa leva sull’interesse

tutelato dalla norma incriminatrice. In realtà, a tali sistemi distintivi se ne aggiungono di ulteriori, ma

ciascuno non suscettibile di applicazione generalizzata: di conseguenza, qualora nonostante il ricorso a tali

rimedi interpretativi, permanga il dubbio circa la natura circostanziale di un elemento della fattispecie, la

dottrina prevalente ritiene preferibile concludere per il carattere costitutivo, e non accessorio dello stesso.

I diversi tipi di circostanze e il loro regime giuridico

Nel sistema del Codice Penale vigente, la circostanza di fatto a cui la legge collega come conseguenza un

aumento o una diminuzione della pena edittale (circostanze aggravante o attenuante), è caratterizzata di

regola, da un contrassegno di tipicità: il legislatore prevede cioè, di regola circostanze definite (o tipiche),

espressamente previste da una norma, in modo più o meno puntuale. Ad esse si contrappongono tuttavia,

quelle indefinite (o discrezionali), rimesse all’individuazione discrezionale del giudice (si pensi, ad esempio,

la pena sia aumentata “nei casi più gravi”, o al contrario,

al caso in cui la legge si limita a stabilire che

diminuita “nei casi di lieve entità”). A tal proposito, e in particolare, con riferimento alle circostanze

aggravanti indefinite, la dottrina ha segnalato un problema di legittimità con l’art. 25 Cost., in quanto in

questi casi, l’incremento della responsabilità penale dipenderebbe in pratica, da una valutazione

discrezionale del giudice, non ricollegabile ad un vincolo normativo predeterminato; analogo problema non

si porrebbe invece, per le circostanze attenuanti indefinite, operando esse a favore del reo.

Oltre che in base al diverso livello di predeterminazione normativa del loro contenuto, le circostanze si

distinguono in:

circostanze a effetto proporzionale o autonome, a seconda che l’aumento

a) o la diminuzione si

esplichino proporzionalmente sulla pena base del reato non circostanziato (si pensi, ad esempio, ad un

aumento o ad una diminuzione di pena fino ad un terzo della pena prevista per il reato semplice), o la

circostanza preveda invece, una pena di specie diversa o una nuova cornice edittale, distinta da quella del

reato semplice (si pensi, ad esempio, al caso di modificazione dalla reclusione all’ergastolo);

b) circostanze a effetto comune o a effetto speciale, a seconda che ad esse consegua un aumento o una

diminuzione della pena in misura superiore (ovvero non superiore) ad un terzo della pena prevista per il reato

(si precisa che ogniqualvolta la legge si limita a prescrive che la pena sia aumentata o diminuita, senza

indicarne l’entità, si intende che l’aumento sia fino ad un terzo (ex artt. 64 e 65 C.P.);

c) circostanze comuni o speciali, a seconda che si tratti di circostanze potenzialmente applicabili a

qualsiasi reato o comunque, ad una serie di reati non preventivamente determinati o determinabili, ovvero si

tratti di circostanze riferibile ad un singolo reato o a gruppi di reati;

circostanze oggettive e soggettive, di cui le prime concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto,

d)

il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o

le qualità personali dell’offeso; le seconde invece, concernono l’intensità del dolo o il grado della colpa, o le

e l’offeso, ovvero che sono

condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole

inerenti alla persona del colpevole (si precisa che il secondo comma del suddetto articolo precisa che “Le

circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano l’imputabilità e la recidiva”);

e) circostanze intrinseche ed estrinseche, a seconda che si riferiscano ad uno o più degli elementi

costitutivi del fatto tipico, ovvero ad altri aspetti dell’illecito, tali da condizionarne la gravità;

f) circostanze obbligatorie o facoltative, a seconda che il giudice, accertata la circostanza, debba o

possa procedere all’aumento o alla diminuzione della pena.

Il criterio di imputazione delle circostanze (artt. 59 e 60 C.P.)

E’ necessario ora, precisare che nel testo originario del Codice Penale, il criterio di imputazione delle

sia aggravanti che attenuanti, era di carattere rigorosamente oggettivo: il primo comma dell’art.

circostanze,

59 C.P. stabiliva infatti, che “Salvo che la legge disponga altrimenti, le circostanze che aggravano o

attenuano (…) la pena sono valutate, rispettivamente, a carico o a favore dell’agente, anche se da lui non

conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti”. L’effetto di aggravamento o di attenuazione della pena

conseguiva dunque, alla mera esistenza obiettiva della circostanza, del tutto indipendentemente

dall’atteggiamento psichico dell’agente (chi ad esempio, sottraeva al fine di trarne profitto, dei gioielli di

grande valore, rispondeva del fatto con l’aggravante costituita dall’aver cagionato un danno patrimoniale di

rilevante entità (ex art. 61, n.7, C.P.), anche se per errore, aveva creduto di impossessarsi di bigiotteria di

modestissimo valore).

Tale criterio trovava unica deroga espressa nella previsione contenuto nell’art. 60 C.P., il quale con

riferimento alle ipotesi di errore sulla persona offesa, escludeva (e esclude ancora oggi) la valutazione a

carico del reo delle circostanza aggravanti concernenti le condizioni o le qualità dell’offeso o i rapporti tra

offeso e colpevole (perciò, se ad esempio, Tizio spara a Caio, ma colpisce Sempronio, che è pubblico

ufficiale, l’aggravante di cui all’art. 61, n. 10, C.P., non si applica in nessun caso) (a tal proposito, si precisa

che il secondo comma del suddetto articolo, sancisce viceversa, che “Sono invece valutate a suo favore le

circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concerno le condizioni, le qualità, o i rapporti predetti

(perciò, se ad esempio, Tizio spara a Caio, che lo ha provocato, ma colpisce Sempronio, l’attenuante di cui

all’art. 62, n. 2, C.P., si applicherà ugualmente, nonostante essa non possa riferirsi al fatto commesso in

danno di Sempronio): tale disposizione costituisce invece, una deroga al secondo comma (oggi terzo)

dell’art. 59 C.P., vecchia formulazione (il quale sancisce l’irrilevanza delle circostanze putative, sia

aggravanti che attenuanti). Il terzo comma del suddetto articolo sancisce infine, che “Le disposizione di

questo articolo non applicano, se si tratta di circostanze che riguardano l’età o le altre condizioni o qualità,

offesa”).

fisiche o psichiche, della persona

Il sistema predisposto dall’art. 59 C.P. risultava però, almeno con riguardo alle circostanze aggravanti, in

palese contrasto con il principiò di colpevolezza: conseguenze di ordine sanzionatorio, talvolta assai

infatti, a ricadere sull’autore del reato, a prescindere dalla sua conoscibilità e

rilevanti, venivano

indipendentemente da ogni legame psichico con il dato ignorato dall&rsquo

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Publisher
A.A. 2012-2013
80 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giusyci di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Assumma Bruno.