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LIMITI DI EFFICACIA DELLA LEGGE PENALE

La legge penale incontra limiti di efficacia in rapporto al tempo (principio di irretroattività), allo spazio e alle persone.

Limiti di efficacia della legge penale nello spazio

I criteri di applicazione della legge penale nazionale - Ogni ordinamento è caratterizzato da un territorio sottoposto

alla sovranità e da un popolo; pertanto, in linea di principio, le sue norme sono destinate a valere in riferimento o

all’ambito spaziale nel quale si è verificato l’atto o il fatto disciplinato (principio di territorialità, lex loci) o alla persona

cui essi sono riferibili (principio di personalità, lex personae).

Poiché i precetti della legge penale si riferiscono ad aspetti particolarmente significativi della vita associata, nessuno

Stato può rinunciare, in linea di principio, ad esercitare la propria potestà punitiva sui fatti di reato commessi nel proprio

territorio: anche gli ordinamenti come quello tedesco, basati sul criterio di personalità della legge penale, lo integrano

con quello di territorialità, nell’ipotesi che il reato sia stato commesso da uno straniero nel territorio dello Stato. D'altro

canto, anche un fatto commesso all'estero può sottostare alla potestà punitiva dello Stato in base ad un criterio di

collegamento idoneo a fondare l'interesse dello Stato a reprimerlo: ad esempio, se un italiano viene ucciso all'estero, la

cittadinanza della persona offesa è elemento sufficiente a giustificare l'intervento repressivo del nostro ordinamento.

I criteri cui il diritto penale internazionale può ispirarsi sono

a) il criterio di territorialità, nel quale il collegamento tra potestà punitiva e fatto è evidente (anche un reato commesso

in Italia da uno straniero a danno di un altro straniero rappresenta l'offesa di un interesse cui il nostro ordinamento è

impegnato ad offrire indiscriminata tutela nel proprio ambito di sovranità);

b) il criterio di personalità attiva o dello statuto personale del reo, nel quale il collegamento è rappresentato dalla

cittadinanza dell'autore del reato, sul presupposto che rei pubblicae interest habere bonos subditos;

c) il criterio di personalità passiva o della difesa, nel quale il collegamento è costituito dalla cittadinanza della persona

offesa o dal carattere strettamente nazionale dell'interesse leso (come nel caso dei delitti politici);

d) il criterio di universalità riferisce l'applicazione della legge penale nazionale a chiunque abbia commesso un reato,

dovunque l'abbia commesso: secondo l'espressione di Grozio, lo stato nel quale il reo si trova dovrebbe aut dedere aut

punire (o consegnarlo ad altro Stato per la punizione o punirlo direttamente). Si tratta di un criterio che postula una

piena integrazione della comunità internazionale e una piena coincidenza nella valutazione di rilevanza penale dei fatti;

trattandosi di condizioni che sono ben lungi dal verificarsi in concreto, esso può essere utilizzato solo in relazione a

reati la cui repressione è di interesse comune per tutti gli stati, secondo norme di diritto internazionale (genocidio).

Il criterio di territorialità. Il luogo di commissione del reato - In linea di principio, il diritto penale italiano si ispira

al criterio di territorialità: l'art.3, co.1 stabilisce che la legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri,

si trovano nel territorio dello Stato; l'art.6, co.1 ribadisce che chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è

punito secondo la legge italiana, sottolineando, rispetto all’art.3 che si riferisce solo alla legge penale sostanziale, la

necessaria sottoposizione alla potestà giurisdizionale italiana dell'autore di reati commessi nel territorio statale (art.11).

La nozione di territorio dello Stato è data, in termini generali, dall'art.4, co.2, che deve essere integrato dagli artt.2 e 3

c.nav. per quanto concerne il mare territoriale e lo spazio aereo soggetto alla sovranità dello Stato, e dall'art.29 del

d.p.r.n°43/73 per quanto riguarda la vigilanza doganale sino al limite delle 12 miglia marine e i reati di contrabbando

commessi entro tale limite.

L’art.4, co.2, assimila al territorio dello Stato (territoire flottant) le navi e gli aeromobili italiani, ovunque si trovino,

salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera (legge della bandiera):

- le navi e gli aeromobili militari italiani sono sottoposti alla legge penale nazionale dovunque si trovino; 15

- le navi e gli aeromobili civili sono equiparati al territorio quando si trovino in acque o in uno spazio aereo

internazionale o in un ambito soggetto alla sovranità di uno Stato straniero per i soli fatti interni non suscettibili di

ripercuotersi sugli interessi di tale stato (si applica la legge della bandiera); per i fatti interni suscettibili di ripercussioni

e per i fatti esterni si applica il principio di territorialità in favore dello Stato estero.

Nessuna disposizione è dettata per le navi o gli aeromobili stranieri, ma la Convenzione di Tokyo del ’63 stabilisce un

riparto di giurisdizione analogo; è vero che il reato a bordo di navi o di aeromobili presenti in luogo di sovranità italiana

dovrebbe considerarsi commesso nel territorio dello Stato e soggiacere alla regola dell'art.6, co.1, ma un'applicazione

indiscriminata di tale norma, in contrasto col diritto internazionale generalmente riconosciuto, porterebbe alla sua

parziale incostituzionalità in relazione all'art.10 Cost.

Non sono territorio italiano le nostre sedi diplomatiche all’estero, né territorio straniero le sedi diplomatiche in Italia:

non si può parlare di extraterritorialità, in quanto tali sedi beneficiano di immunità particolari, che limitano l’esercizio

dei poteri coercitivi da parte dello Stato; ma continuano a far parte del territorio cui attengono.

Quanto al locus commissi delicti, l’art.6, co.2, stabilisce che il reato si considera commesso nel territorio dello Stato

quando l'azione o l'omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, o si è ivi verificato l'evento che è la

conseguenza dell'azione od omissione. È così accolto il criterio dell'ubiquità, che si richiama indifferentemente al luogo

della condotta o a quello dell'evento, scartando il criterio della condotta (che, riferendosi al luogo dell'azione o

dell'omissione, privilegia in via esclusiva un'esigenza di prevenzione generale) e il criterio dell'evento (che, basandosi

sul luogo della lesione all'interesse, è ispirato in modo unilaterale da una esigenza di difesa).

La parte di azione sufficiente a determinare la commissione del reato nel territorio dello Stato,

. secondo alcuni, deve essere penalmente rilevante (suscettibile di costituire di per sé gli estremi del tentativo)

- secondo la giurisprudenza prevalente, basta un qualsiasi frammento dell'iter criminis, anche se soltanto preparatorio.

In realtà, in Italia deve essersi realizzato un momento del processo esecutivo, ma non è indispensabile ch'esso assuma la

rilevanza autonoma del tentativo (anch’esso un reato la cui condotta potrebbe essere realizzata solo in parte in Italia): è

piuttosto necessario che, considerando ex post l'intero sviluppo dell'attività criminosa, risulti commesso in Italia un atto

dalla cui valutazione non si possa prescindere per ritenere integrata la fattispecie obiettiva del reato.

In caso di concorso di persone, è sufficiente che sia commessa in Italia una qualunque attività di compartecipazione,

anche se il reato sia stato poi interamente eseguito all’estero: la fattispecie plurisoggettiva eventuale attribuisce infatti

carattere tipico a tutte le condotte concorsuali.

Il concetto di evento, per taluno deve essere inteso in senso naturalistico, per altri in senso giuridico, come offesa

all'interesse tutelato; poiché l'art.6, co.2, si riferisce all'evento che è la conseguenza dell'azione o omissione, sembra

doversi accedere all'idea che si tratti dell'evento in senso naturalistico, anche perché, aderendo all'altra tesi, la

disposizione si dilaterebbe a dismisura: infatti, ogni fatto lesivo di un interesse nazionale, pur se commesso all'estero,

rappresenta un'offesa destinata a ripercuotersi sul nostro ordinamento. Per questa via perderebbero dunque gran parte

del loro significato le disposizioni dettate per consentire la punizione secondo la legge italiana dei reati commessi

all'estero in danno di un cittadino o di interessi nazionali (artt.7, 8, 10, co.1), perché il fatto dovrebbe considerarsi

addirittura commesso nel territorio dello Stato ex art.6, co.2.

I reati commessi all'estero: le ipotesi dell'art.7 - Il principio di territorialià non è esclusivo: il nostro ordinamento

prevede infatti numerose ipotesi in cui un reato commesso all'estero è punibile secondo la legge italiana in base a criteri

di collegamento ispirati agli altri principi applicabili in tema di efficacia della legge penale nello spazio.

L'art.7 indica 5 categorie di reati commessi all'estero che sono incondizionatamente punibili secondo la legge penale

italiana, chiunque ne sia l'autore. Nelle prime quattro sono compresi delitti che compromettono interessi direttamente

riferibili all'esercizio di funzioni sovrane, la cui repressione illimitata corrisponde ad un’esigenza di difesa.

Il n.5 si riferisce invece ad ogni altro reato per il quale è stabilita l'applicabilità della legge penale italiana da

speciali disposizioni di legge (che si fondano per lo più sul criterio di personalità passiva o di difesa)

convenzioni internazionali (ispirate per lo più al principio di universalità, dato che si tratta della tutela di interessi

internazionalmente riconosciuti, comuni a tutti gli Stati); in questi casi, l'applicabilità della legge penale italiana dipende

o dalla legge di esecuzione o dai meccanismi normativi di adattamento, mediante la previsione di disposizioni

incriminatrici dichiarate applicabili anche a fatti commessi all'estero.

Il delitto politico commesso all'estero - Ispirato ad una ulteriore difesa dello Stato (rispetto alle ipotesi già previste

dall'art.7) è l'art.8, co.1, secondo cui il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero un delitto politico, non

compreso tra quelli indicati nel n.1 dell'articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro

della giustizia, oltre che (art.8, co.2) a querela della persona offesa, se prevista per quel reato. La necessità della

richiesta del Ministro subordina la perseguibilità del delitto politico commesso all'estero ad una valutazione ispirata da

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A.A. 2013-2014
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher moati di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Assumma Bruno.