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12. L’ESPROPRIAZIONE CONTRO IL TERZO PROPRIETARIO
Si è accennato alla possibilità di scissione tra debitore e soggetto esecutato, che dà luogo alla c.d.
espropriazione contro il terzo proprietario (artt. 602-604 c.p.c.). Le ipotesi in cui tale scissione si può
verificare sono essenzialmente di due tipi:
Esistenza di un diritto reale di garanzia. Si tratta essenzialmente di due casi:
Terzo datore di garanzia. Un terzo, in forza dei rapporti con il debitore, decide di
o offrire un proprio bene in pegno o di consentire un’iscrizione ipotecaria sullo
stesso, per garantire i crediti esistenti nei confronti del debitore stesso. Si badi: se il
terzo presta garanzia con un proprio bene non assume in proprio alcuna
obbligazione; diversamente, un terzo fideiussore è un obbligato vero e proprio, e
può essere escusso per un debito proprio di cui risponde con l’intero patrimonio
(anche se ha ragioni di regresso sul debitore principale).
Terzo acquirente. È noto che i diritti di pegno e ipoteca danno luogo al c.d. diritto di
o sequela, che si sostanzia nel potere di aggredire esecutivamente il bene oggetto
della garanzia, anche se acquistato da terzi. Pertanto, chi acquista un bene già
gravato da un diritto reale di garanzia sopporta il rischio di esecuzione forzata sullo
stesso.
Esperimento di azione revocatoria ex art. 2901 c.c. Com’è noto, l’azione revocatoria è uno
strumento posto a tutela delle ragioni creditorie, contro gli atti di disposizione del
patrimonio con cui il debitore reca pregiudizio a tali ragioni. Nel linguaggio del Codice civile,
si tratta di un’azione che permette di rendere inefficaci rispetto al creditore gli atti di
alienazione compiuti dal debitore, sì che i beni alienati possano essere aggrediti in via
esecutiva, anche se transitati nel patrimonio di terzi. Probabilmente il riferimento alla
inefficacia o inopponibilità non è del tutto corretto: a ben vedere, infatti, il passaggio di
proprietà è pienamente efficace anche nei confronti del creditore, il quale non a caso deve
rivolgere l’espropriazione direttamente nei confronti del terzo (se l’alienazione fosse
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inefficace, il creditore potrebbe pignorare il bene direttamente presso il suo debitore). Più
correttamente, anche in questo caso si ha un diritto di sequela, che permette di “inseguire”
il bene anche nel patrimonio dell’acquirente, dopo il vittorioso esperimento dell’azione
revocatoria.
Dal punto di vista processuale, le peculiarità dell’espropriazione contro il terzo sono limitate, e per
quanto non espressamente disposto si applicano le regole ordinarie.
A norma dell’art. 603 c.p.c., il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati anche al terzo
proprietario; con ogni evidenzia, tuttavia, il precetto non conterrà alcuna intimazione di pagamento
rispetto al terzo (il quale, si è detto, non è debitore), ma avrà solo la funzione di informarlo che la
procedura esecutiva si sta per avviare. Avvenuta la notifica, il terzo ha degli strumenti per evitare
l’espropriazione:
1) Adempiere l’obbligo del debitore, pagando la somma dovuta. In questo caso si ha un’ipotesi di
surrogazione legale nel diritto del creditore procedente.
2) Dar luogo alla procedura di liberazione del bene dalle ipoteche, ai sensi degli artt. 2889 e ss. c.c.
3) Rilasciare il bene ai creditori, lasciando che questi effettuino l’espropriazione nei confronti di
un curatore speciale ed evitando così di dover partecipare in prima persona al processo
esecutivo.
Se non si verifica alcuna di queste ipotesi, il terzo proprietario diventa un esecutato in litisconsorzio
necessario con il debitore, e acquista gli stessi poteri processuali di quest’ultimo (fatta eccezione per il
divieto di acquistare il bene alla vendita forzata, che non si applica al terzo in quanto egli non è
debitore). Gli atti esecutivi verranno effettuati nei confronti del terzo, e ogni volta che il Codice
richiede che il debitore sia sentito dovrà essere sentito anche il terzo.
Una importante differenza riguarda la posizione dei creditori del terzo, che saranno legittimati a
intervenire nel processo esecutivo: anche questi, infatti, hanno astrattamente diritto a essere soddisfatti
nei confronti del bene oggetto dell’azione revocatoria, ovvero dato in pegno o su cui è stata costituita
l’ipoteca, ovviamente nel rispetto dei diritti di prelazione esistenti.
Come il debitore, il terzo può spiegare opposizione all’esecuzione, contestando il diritto dei creditori a
procedere a esecuzione forzata. Le difese possono essere di due tipi:
Ex causa propria. Il terzo tende a contestare l’esistenza del diritto di sequela, negando
l’esistenza del diritto reale, ovvero negando di aver acquistato il bene dal debitore, o ancora
rilevando l’inopponibilità dell’azione revocatoria nei suoi confronti.
Ex causa debitoris. In via surrogatoria, il terzo adopera le difese proprie del debitore. In
questo caso trova applicazione l’art. 2859 c.c.:
Il terzo acquirente che abbia trascritto il proprio titolo di acquisto prima della
o domanda diretta alla condanna del debitore può sollevare tutte le eccezioni che
sarebbero spettate al debitore (purché il terzo non abbia preso parte al giudizio).
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Il terzo datore può sempre sollevare tali eccezioni, in quanto non vi è alcun
o rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il suo diritto e quello del debitore, e
pertanto non gli è in ogni caso opponibile la sentenza resa tra il creditore e il
debitore.
Se anziché una sentenza viene posto a fondamento dell’esecuzione un titolo
o esecutivo stragiudiziale, gli effetti preclusivi dello stesso rispetto ai terzi dovranno
essere valutati alla luce della disciplina sostanziale propria del titolo.
13. L’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA
Tra le forme di esecuzione diretta, abbiamo visto l’espropriazione (o esecuzione in forma generica),
che rappresenta certamente l’ipotesi più rilevante dal punto di vista economico. Passiamo ora
all’esame delle altre forme di esecuzione diretta, volte a soddisfare crediti di natura diversa, cui
corrisponde l’obbligo del debitore di consegnare o rilasciare una cosa determinata ovvero di compiere
determinate azioni.
La peculiarità dell’esecuzione in forma specifica, che permette di distinguerla dall’espropriazione,
risiede nei diritti coinvolti nel processo esecutivo: nell’espropriazione vi è necessariamente un
contrasto tra il diritto di credito vantato dal creditore e il diritto di proprietà del debitore, risolto in
favore del primo con l’estinzione del secondo; nell’esecuzione in forma specifica, al diritto del creditore
procedente non viene contrapposto alcun diritto dell’esecutato.
Si badi, non vi è coincidenza tra le espressioni esecuzione in forma specifica e tutela in forma specifica.
Dal punto di vista del diritto sostanziale, in presenza di una violazione di diritti la legge può prevedere
due forme di tutela:
In forma generica. Si tratta del comune rimedio del risarcimento del danno per equivalente,
che è generico poiché, nel nostro ordinamento, il denaro è misura generale di qualsiasi
valore patrimoniale.
In forma specifica. Anche in questo caso si tratta di forme di risarcimento, solo che
l’ordinamento impone all’obbligato di ripristinare la situazione esistente prima della
violazione del diritto. Con ogni evidenza, vi sono delle lesioni che non permettono la tutela
in forma specifica (si pensi al danno morale da morte del congiunto); in altri casi, pur
essendo possibile, il legislatore semplicemente scegliere – per ragioni di opportunità – di
non concedere la tutela specifica. 45
Tutto ciò vale sul piano sostanziale, e non ha nulla a che vedere con l’esecuzione in forma specifica, la
quale si caratterizza per il semplice fatto che l’obbligo da portare ad esecuzione non consiste in una
dazione di denaro .
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Controversa è la possibilità di esperire l’azione esecutiva in forma specifica in presenza di obblighi di
consegnare cose indeterminate. In merito si deve, secondo l’opinione preferibile, fare una distinzione:
Se le cose sono già state individuate, non si pone alcun problema. Infatti, i contratti di
compravendita aventi ad oggetto cose già individuate producono da subito l’effetto
traslativo del diritto di proprietà, sicché l’attività da portare ad esecuzione è meramente
materiale.
Se le cose non sono ancora state individuate, poiché determinate solo nel genere, il discorso
cambia. La proprietà dei beni individuati a peso, misura o numero, infatti, viene trasferita
non con il consenso delle parti, ma solo nel momento in cui le stesse siano state individuate, ai
sensi dell’art. 1378 c.c. Ora, in tale ipotesi l’attività esecutiva realizzerebbe l’individuazione
dei beni, e pertanto comporterebbe lo spostamento della proprietà del bene: tale effetto si
ritiene vietato dall’ordinamento poiché, alterando la consistenza del patrimonio del
debitore, priverebbe gli altri creditori dei beni costituenti la garanzia patrimoniale generica
di cui all’art. 2740 c.c., e ciò in violazione della par condicio creditorum .
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In dottrina è stata avanzata una ricostruzione alternativa, volta a individuare il quid proprium dell’esecuzione
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in forma specifica non nell’obbligo da portare a esecuzione ma, piuttosto, nel diritto da tutelare. I sostenitori della
tesi in parola ritengono che solo i diritti assoluti sarebbero suscettibili di esecuzione in forma specifica, poiché
per i diritti relativi ricorrerebbe sempre il rimedio risarcitorio, che in caso di inottemperanza sarebbe
suscettibile di esecuzione in forma generica. Lo schema sarebbe il seguente:
Diritto assoluto (proprietà) --> Lesione --> Esecuzione in forma specifica
Diritto relativo (credito) --> Lesione (inadempimento) --> Estinzione del credito e nascita del diritto al
risarcimento --> Inadempimento al risarcimento --> Esecuzione in forma generica (espropriazione).
Per quanto suggestiva, la tesi è pienamente smentita dal dato positivo che, tanto nel codice di diritto sostanziale
quanto in quello di rito, fa riferimento espresso all’obbligo, non al titolo giuridico su cui lo stesso trova
fondamento. Peraltro, la tesi non è condivisibile poiché, sul piano del diritto sostanziale, non ogni fatto integrante
inadempimento determina l’estinzione del diritto di credito e la sostituzione dello stesso con un diritto
risarcitorio (si pensi, banalmente, al ritardo nell’adempimento).
Chiariamo ancora una volta il ragionamento con un es