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12. I PROCEDIMENTI SOMMARI IN GENERALE

Nell’ambito della giurisdizione dichiarativa, accanto ai processi a cognizione piena visti sinora (rito

ordinario e del lavoro) esistono dei processi genericamente definiti sommari, poiché caratterizzati da

una fase di trattazione meno approfondita di quella del rito ordinario. Esistono varie forme di

sommarietà:

 Cognizione parziale. Si ha quando il giudice emette un provvedimento conoscendo solo alcuni

degli elementi della fattispecie. È il caso della condanna con riserva di eccezioni: il giudice

 Il primo comprende anche le controversie in materia di comodato, cui il secondo non si applica.

 Il primo riguarda qualsiasi controversia nelle materie indicate, il secondo solo determinate modalità di

estinzione del rapporto locatizio (scadenza del termine, morosità).

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ritiene sussistenti i fatti costitutivi del diritto ed emette un provvedimento di condanna,

rimettendo a una fase successiva la cognizione di eventuali effetti modificativi, estintivi o

impeditivi (è la struttura del decreto ingiuntivo).

 Cognizione superficiale. Il giudice considera tutti i fatti ma la fase istruttoria è semplificata,

poiché alcuni mezzi istruttori (in genere quelli più complessi) non sono ammessi. Di tale forma

di sommarietà si ha un esempio nel processo sommario di cognizione (che, come vedremo, è un

rito speciale di recente introduzione).

 Cognizione sommaria in senso stretto. Anche qui la cognizione ha ad oggetto tutti gli elementi di

fattispecie, ma vengono in rilievo mezzi di prova atipici ovvero assunti in maniera atipica. Un

esempio di tale cognizione si ha nei giudizi cautelari.

La cognizione sommaria determina sempre una riduzione del grado di tutela offerto alle parti: per

questo motivo, di regola la scelta di ricorrere a un rito sommario è rimessa alla parte attrice, ma il

convenuto è in grado di imporre il passaggio al rito a cognizione piena, se la sommarietà gli reca un

pregiudizio. I riti sommari hanno il fine di realizzare economie processuali e, conseguentemente, un

risparmio di risorse pubbliche, compatibilmente con il grado di complessità delle controversie: in tale

ottica, pur se rimessa alla volontà delle parti, la funzione dei riti sommari non è diversa da quella del

rito ordinario di cognizione, poiché si tratta pur sempre di fornire una tutela dichiarativa .

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Elementi di sommarietà si possono rinvenire anche nell’ambito della funzione cautelare che, come si è

visto, non rientra nella tutela dichiarativa in senso stretto, costituendo piuttosto uno strumento di

tutela della parte contro i danni che possono derivare dal decorso del tempo: in questi casi, di norma il

processo sommario porta alla costituzione di un titolo esecutivo privo di efficacia dichiarativa, e

inidoneo a stabilizzarsi con efficacia di giudicato.

13. IL PROCESSO SOMMARIO DI COGNIZIONE

Si tratta di un rito introdotto nel 2009, disciplinato dagli artt. 702bis – 702quater e connotato da

sommarietà per superficialità. L’ambito applicativo del rito non è limitato in ragione della materia,

salve alcune eccezioni:

 Sono escluse le cause di competenza del tribunale in composizione collegiale ai sensi dell’art.

50bis c.p.c.

Ciò vale anche per i riti speciali di cui si evidenzia, nella pratica, la preordinazione alla fase esecutiva: si pensi

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al decreto ingiuntivo o al procedimento per convalida di sfratto, attraverso i quali l’attore si procura un titolo

esecutivo giudiziale. In realtà, anche questi processi danno luogo a tutela dichiarativa: vedremo, ad esempio, che

il decreto ingiuntivo non opposto è suscettibile di passare in giudicato, esattamente come una sentenza. Una

deroga era costituita dall’ormai abrogato rito sommario societario introdotto dal d. lgs. 5/2003, che aveva

l’esclusiva funzione di precostituire un titolo esecutivo, restando tuttavia esclusa ogni forma di tutela

dichiarativa. 27

 Sono escluse le cause normalmente soggette ad altri riti speciali. Ciò in quanto l’art. 702ter

prevede che, in caso di conversione del rito sommario in rito ordinario, venga fissata l’udienza

ex art. 183 c.p.c.: tale udienza non è prevista da riti diversi da quello ordinario.

 Sono escluse le cause di competenza del giudice di pace, per lo stesso motivo evidenziato sopra.

La fase introduttiva del giudizio ricalca quella del rito ordinario, ma con alcune differenze. L’atto

introduttivo ha la forma del ricorso, e deve contenere tutti gli elementi di cui all’art. 163 (fatta

ovviamente eccezione per la data dell’udienza); successivamente al deposito del ricorso, il giudice

designato dal presidente del tribunale fissa la data dell’udienza con decreto, che deve essere notificato

unitamente al ricorso al convenuto, almeno trenta giorni prima della data fissata per la costituzione del

convenuto. Il convenuto deve costituirsi in giudizio almeno dieci giorni prima dell’udienza .

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A parte la contrazione dei termini processuali, la posizione del convenuto è la stessa del processo

ordinario: eventuali domande riconvenzionali, eccezioni in senso stretto e chiamate in causa di terzo

devono essere effettuate a pena di decadenza nella comparsa di costituzione e risposta

tempestivamente depositata.

Le novità cominciano con la fase di trattazione, disciplinata dall’art 702ter c.p.c. Vediamo le possibili

ipotesi:

 Difetto di presupposti processuali. Nel rito ordinario si avrebbe una definizione della causa in

rito con sentenza, salva la pronuncia sulla sola competenza (che ha la forma dell’ordinanza).

Nel processo sommario di cognizione, invece, i provvedimenti decisori hanno la forma

dell’ordinanza: sicché avremo ordinanze definitive di rito pronunciate dal giudice monocratico.

 Inammissibilità. Se il giudice rileva che la causa non rientra tra quelle per cui è applicabile il

rito sommario, dichiara inammissibile la domanda. Secondo Luiso, l’ordinanza non deve essere

ritenuta appellabile né in altro modo impugnabile, esattamente come accade per il decreto

motivato ex art. 640 c.p.c. Ciò perché la parte non ha comunque diritto a una tutela nella forma

sommaria, ed è sempre libera – se vuole – di instaurare il processo ordinario di cognizione. Alla

stessa conclusione si dovrebbe giungere quando a rilevare l’inammissibilità sia il giudice

d’appello.

 Conversione del rito. Se il giudice ritiene che la causa richieda una istruzione non sommaria, con

ordinanza non impugnabile fissa l’udienza ex art. 183 c.p.c. e il giudizio prosegue nelle forme

del rito ordinario. La possibilità di proseguire puramente e semplicemente il giudizio è data,

come si è visto, dalla sostanziale identità delle fasi introduttive, tale da rendere superfluo

qualsiasi regresso processuale.

Pertanto il ricorso è notificato al convenuto almeno 40 giorni prima dell’udienza, mentre nel rito ordinario

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l’art.163bis prevede un termine minimo di 90 giorni liberi a difesa, peraltro riferiti alla data d’udienza indicata

nella citazione, che può non coincidere con l’udienza effettiva.

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 Separazione delle cause. Il Legislatore considera solo la domanda riconvenzionale, ma

ovviamente la regola si può generalizzare: ove una delle domande cumulate richieda

un’istruzione non sommaria, ovvero non sia suscettibile di decisione con il rito sommario, è

disposta la separazione delle cause. Di regola, pertanto, l’esigenza di speditezza del rito

sommario di cognizione prevale sul simultaneus processus .

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Se non ritiene di dover definire in rito la causa, il giudice sentite le parti, omessa ogni formalità non

essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti

in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto, e accoglie o rigetta le domande con ordinanza,

provvedendo sulle spese. Detta ordinanza è immediatamente esecutiva e costituisce titolo per

l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale.

Avverso il provvedimento che definisce il primo grado nel merito è ammesso l’appello, ai sensi dell’art.

702quater. La disciplina dell’appello è quella ordinaria, con la precisazione che le novità istruttorie

sono ammesse solo ove il collegio le ritenga indispensabili, ovvero la parte dimostri di non averli

potuti produrre prima per causa non imputabile . L’appello si svolge in forma collegiale, ma l’attività

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istruttoria può essere delegata a uno dei componenti dal presidente.

14. IL PROCEDIMENTO DI INGIUNZIONE

Uno dei riti speciali sommari con particolare vocazione esecutiva è certamente il procedimento di

ingiunzione (o monitorio). Il rito è caratterizzato da una fase sommaria necessaria, che culmina

nell’emanazione di un decreto ingiuntivo (provvedimento di condanna che può essere dotato di

efficacia esecutiva provvisoria) e una fase a cognizione piena eventuale, detta opposizione a decreto

ingiuntivo.

L’art. 633 c.p.c. pone le condizioni per l’emanazione del decreto ingiuntivo:

 Oggetto. Il decreto può essere adottato in favore di chi vanti un credito pecuniario, altro credito

avente ad oggetto cose fungibili ovvero un credito per la consegna di una cosa mobile

determinata.

In presenza dei crediti sopra enunciati, il decreto ingiuntivo può essere emanato in tre ipotesi:

1) Credito fondato su prova scritta. È il requisito generale, caratterizza il c.d. procedimento

monitorio spurio. Il giudice emette il decreto inaudita altera parte, ma non si basa

esclusivamente sulle allegazioni dell’attore, dovendo valutare l’esistenza della prova richiesta

Luiso osserva che, in caso di connessioni “forti” (pregiudizialità-dipendenza), l’esigenza di evitare un contrasto

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di giudicati dovrebbe imporre il passaggio dell’intero processo al rito ordinario, per mantenere l’accertamento

simultaneo.

Nella versione introdotta nel 2009, erano ammesse le nuove prove “rilevanti”, non “indispensabili”. Tale

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infelice formulazione aveva portato parte della dottrina (tra cui Luiso) a ritenere che in appello vi fosse una

cognizione piena, nella quale poteva espletarsi l’attività istruttoria omessa in primo grado. Si trattava

probabilmente di una svista del Legislatore, corretta nel 2012.

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dalla legge. Si badi, tale prova deve riguardare i soli fatti costitutivi del diritto. Costituiscono

prova scritta, ai sensi dell’art. 634 c.p.c.:

Le scritture private. Ai fini del procedimento monitorio non è richiesta la piena efficacia

o probatoria necessaria, invece, per costituire una prova nel processo ordinario di

cognizione: le scritture private fanno f

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
65 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lex88 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Vaccarella Romano.