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La testimonianza di Mevio e Sempronio nel processo
B. Mevio e Sempronio sono gli unici testimoni per stabilire come sono andati i fatti. A quale dei due il giudice dovrà dare ragione? Può accadere però che il giudice nel corso del processo abbia acquisito un argomento di prova: ad esempio il soggetto a cui favore la testimonianza è stata resa, non abbia partecipato al processo, abbia mancato di presenziare l'udienza. Ecco che allora il giudice, nell'alternativa se accordare più rilevanza alla testimonianza di Mevio piuttosto che a quella di Sempronio, potrà accordare rilevanza a quella prova testimoniale che sia favorevole al soggetto che con il proprio comportamento non abbia originato argomenti di prova. In altre parole, per poter scegliere tra quelle due deposizioni testimoniali, che sono fra loro equivalenti ed opposte, il giudice potrà dar rilievo all'argomento di prova, per l'appunto alla circostanza che uno dei due soggetti non sia materialmente comparso in udienza.
Dunque l'argomento di prova, che è la conseguenza della mancata partecipazione della parte in udienza, va tenuto ben distinto rispetto alla prova e va considerato alla stregua di un mero elemento sulla cui base il giudice può valutare altre prove. Ricapitolando, in sede di udienza di prima trattazione il giudice procede all'interrogatorio libero, ascolta le parti, cerca di conciliarle e, se in effetti le concilia le lite finisce lì. Se viceversa la conciliazione non viene raggiunta ecco che l'udienza di trattazione, dopo lo svolgimento di questi adempimenti preliminari, potrà davvero entrare nel vivo. In che modo entrerà nel vivo? Entra nel vivo attraverso una serie di attività concatenate fra loro, compiute e dal giudice quanto dalle parti. Recita il terzo comma dell'art.183: "Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari ed indica le questioni rilevabili d'ufficio delle"
"quali ritiene opportuna latrattazione."
In altre parole il giudice, dopo aver letto le carte, l'atto di citazione e la comparsa dirisposta, sarà in condizione di farsi una idea circa il contenuto della lite e allora potrà ritenereopportuno che il contraddittorio delle parti si focalizzi su una questione che nessuna delle due partiabbia posto alla sua attenzione; il giudice riterrà cioè che per risolvere quella controversia occorradar rilievo ad una circostanza di fatto, non evidenziata né dall'attore con l'atto di citazione né dalconvenuto con la comparsa di risposta, essenziale per decidere di quella controversia. Quid iuris? Ilgiudice si limiterà ad evidenziare l'importanza che la questione sia trattata: ecco allora che le parti,rese edotte di questa circostanza che sino ad allora hanno trascurato, potranno provvedere a sanarequesta loro iniziale inerzia. E' questo il senso della previsione di cui
Al terzo comma dell'art.183: seci sono delle questioni che il giudice di sua iniziativa può ritenere rilevanti ai fini della decisione, è bene che il giudice, prima di porle a fondamento della decisione, le abbia sottoposte alcontraddittorio delle parti. Questa norma risponde ad una manifesta esigenza di buon senso prima ancora che giuridica: se si agita fra Tizio e Caio una controversia fondata sulla ragione A e se il giudice decide invece quella controversia sulla base della ragione B oscurando in tal modo tanto l'attore che il convenuto, si determinerà un sentenza addirittura a sorpresa, che desterebbe certamente più di una perplessità. Il legislatore, per evitare che il giudice ponga fondamento delladecisione circostanze di fatto o di diritto che siano estranee alla materia litigiosa, gli fa obbligo di sottoporre alle parti queste questioni. Una volta esaminata la previsione del terzo comma dell'art.183, bisogna adesso analizzare il
Il successivo svolgersi di questa udienza prevede l'inizio del processo, durante il quale si acquisiscono i fatti in funzione di una eventuale istruttoria per preparare la causa ai fini della decisione.
Il discorso in questione ha come oggetto l'ipotesi fisiologica, ovvero ciò che accade nella maggioranza dei casi. In altre parole, è possibile che ancora in udienza di trattazione i problemi di individuazione del diritto controverso e i problemi dei soggetti che devono partecipare al processo non siano ancora stati risolti.
Si è detto ciò per sottolineare come sia possibile che alla fine del processo possa intervenire un terzo facendo valere un proprio diritto. È anche possibile che alla fine del processo il giudice decida di esercitare un suo potere di ufficio e chiamare in causa un terzo. Inoltre, è possibile che alla fine del processo un litisconsorte necessario decida di intervenire.
incorrispondenza di ciascuna di queste ipotesi accadrà che il processo deve ricominciare da capo o comunque accadrà che nel processo si ponga un problema di individuazione del diritto, un problema di acquisizione dei fatti rilevanti, un problema di istruttoria. L'ordinata sequenza di udienze, contemplata nel codice di rito, è tale soltanto in via tendenziale. Se l'udienza di trattazione è di regola quell'udienza preordinata all'acquisizione dei fatti ed è udienza che presuppone un diritto già individuato nei suoi estremi identificativi di petitum e di causa petendum, non è escluso che vi possono essere delle ipotesi in cui un problema di identificazione del diritto si pone in costanza o addirittura dopo l'udienza di trattazione. Passiamo adesso all'analisi del quarto comma dell'art.183: "Nella stessa udienza l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delladomanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269 terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto.
Entrambe le parti possono precisare e modificare le domande, le conclusioni e le eccezioni già formulate.
L'art.183 quarto comma prevede due ulteriori modalità di specificazione dell'oggetto del processo, il c.d. thema decidendum, da parte dell'attore. Innanzitutto prevede la c.d. contro eccezione: si notiche il processo consiste in un alternanza dialettica di domande ed eccezioni tra attore e convenuto. Comunque sia, sarà sempre il giudice a valutare la consequenzialità delle domande dell'attore rispetto alle eccezioni del convenuto. Viene poi in rilievo la c.d. chiamata di terzo: il convenuto nega di essere legittimato passivo, indicando un altro soggetto. L'ultima parte del quarto
comma contiene il termine “precisare” e “modificare”: la precisazione è una ulteriore specificazione di fatti già acquisiti al processo; la modificazione è l’introduzione di fatti nuovi, tali però da non modificare la domanda principale. In sede di modificazione della domanda ritorna la distinzione tra diritti autodeterminati e diritti eterodeterminati. Nei diritti autodeterminati l’identificazione del diritto è possibile grazie soltanto alle individuazioni del bene e del soggetto cui è riferito. Nei diritti eterodeterminati è invece necessaria la specificazione della fattispecie costitutiva del diritto stesso. Tale distinzione rileva per l’appunto in sede di modificazione della domanda: nei diritti autoderminati l’eventuale modificazione dei fatti allegati costituisce una modificazione consentita; nei diritti eterodeterminati l’allegazione di nuovi fatti comporta la proposizione di una nuova domanda,
di per sé inammissibile. Vediamo infine l'ultimo comma dell'art.183: "Se richiesto, il giudice fissa il termine perentorio non superiore a 30 giorni per il deposito di memorie contenenti precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte. Concede altresì alle parti un successivo termine perentorio non superiore a trenta giorni per replicare alle domande ed alle eccezioni nuove o modificate dall'altra parte e per proporre le eccezioni che sono conseguenza delle domande o delle eccezioni medesime. Con la stessa ordinanza il giudice fissa l'udienza per i provvedimenti di cui all'art.184."
Se i fatti acquisiti sono pacifici, se su essi cioè il convenuto tace, perché appunto pacifici, e cioè non controversi, non dubbi nella loro veridicità, quei fatti saranno definitivamente cristallizzati nella proposizione dell'attore. L'istruzione probatoria ex art.184
avrà dunque luogo solo se i fatti sono controversi. Tale udienza è volta alla definizione dei mezzi di prova di cui ciascuna parte intende avvalersi, del c.d. thema probandum. L'art.184 (deduzioni istruttorie) primo comma così dispone: "Salva l'applicazione dell'art.187 il giudice istruttore, se ritiene che siano ammissibili e rilevanti, ammette i mezzi di prova proposti; ovvero, su istanza di parte rinvia ad altra udienza, assegnando un termine entro il quale le parti possono produrre documenti ed indicare nuovi mezzi di prova, nonché altro termine per l'eventuale indicazione di prova contraria." Si desume quindi che, pur non essendo obbligati, sia attore che convenuto possono indicare nell'atto di citazione o nella comparsa di risposta mezzi di prova. Il termine "nuovi mezzi di prova" è stato per tempo interpretato come mezzi "ulteriori" a quelli già proposti, impedendone la richiesta.
Per la parte che fino a quel momento non ne aveva proposti. Secondo il prof. Picardi "nuovi mezzi" non vuol dire mezzi ulteriori, ma semplicemente nuovi.
Passiamo adesso all'istruzione probatoria. La prova è quell'eccezionale strumento per verificare le ipotesi di fatto prospettate dalle parti nel processo. Ora, se il convenuto assume un contegno ammissivo (esplicito) nei confronti dei fatti allegati dall'attore, questi vanno di conseguenza ritenuti pacifici per cui non arriverà all'istruzione probatoria. Ancora, se il convenuto manca di contestare i fatti allegati dall'attore, c.d. contegno implicito, anche questi risulteranno pacifici, quindi niente istruzione probatoria. Vi sono altre due ipotesi in base alle quali la fase dell'istruzione probatoria viene addirittura omessa. La prima concerne i fatti che risultino provati, a mezzo di documenti prodotti in giudizio: se il fatto allegato in giudizio dall'attore trova la sua.
prova nel documento già allegato dall'attore, questo non abbisognerà di ulteriori prove: in tal caso si tratta di un fatto allegato in giudizio tramite la produzione di un documento. Per produzione si intende l'allegazione del