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I figli nati da genitori legati tra loro da relazione di parentela o affinità:
Con la disciplina della rif.75 non potevano essere riconosciuti i figli nati da genitori tra i quali esisteva un rapporto di
parentela (anche solo naturale), in linea retta all'infinito e in linea collaterale nel secondo grado (fratelli) oppure un
vincolo di affinità in linea retta (suocero e nuora o suocera e genero). Le prime due ipotesi riguardano una relazione
biologica e quindi situazioni permanenti, la terza dipende dall'esistenza di un valido matrimonio e quindi il divieto
veniva meno se il matrimonio era dichiarato nullo.
Il riconoscimento era consentito ai genitori che al tempo del concepimento ignoravano il vincolo di parentela o
affinità. Se solo uno era in buona fede solo lui/lei poteva riconoscere il figlio. In ogni caso il riconoscimento doveva
essere autorizzato dal giudice avendo riguardo all'interesse del figlio e alla necessità di evitargli qualsiasi pregiudizio.
Erano poi vietate le indagini sulla paternità e sulla maternità nel caso in cui il riconoscimento da parte dei genitori era
vietato e quindi non ci poteva essere un accertamento giudiziale della filiazione derivante da una relazione incestuosa
(da parte del genitore in mala fede).
La C. Cost. nel 2002 ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 278 permettendo così la dichiarazione giudiziale della
paternità o maternità dei figli di genitori consapevoli dell'incesto, ma non si è pronunciata sull'art 251 e quindi era
ammissibile l'accertamento giudiziale della filiazione naturale anche in caso di incesto ma restava il divieto di
riconoscimento da parte dei genitori dei figli incestuosi.
La nuova disciplina prescinde da una valutazione del comportamento e dell'elemento psicologico dei genitori che
hanno commesso l'incesto (che resta penalmente sanzionato). Con la l.219/12 infatti viene meno la distinzione tra
genitori in buona o mala fede e si basa la valutazione sull'interesse del figlio. E quindi il figlio nato da incesto può
essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo dell'interesse del figlio e alla necessità di
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evitargli qualsiasi pregiudizio. La stessa autorizzazione si prevede per la dichiarazione giudiziale di paternità o
maternità di figli incestuosi.
L'art 279 dà la possibilità ai figli non riconoscibili di ottenere il mantenimento, l'istruzione e l'educazione o se
maggiorenni e in stato di bisogno di ottenere gli alimenti e questo articolo ora trova applicazione solo nell'ipotesi in
cui il figlio biologico non sia stato riconosciuto e non sia intervenuta sentenza di accertamento giudiziale della
paternità o maternità naturale. Infatti la nuova disciplina non stabilisce un'incondizionata libertà del genitore stesso di
procedere al riconoscimento del figlio. Ciò perché questo potrebbe non essere conforme all'interesse del figlio o
anche recargli pregiudizio. Per questo è necessaria l'autorizzazione del giudice che dovrà sentire il figlio che si deve
riconoscere. Esiste quindi la possibilità che un figlio resti non riconosciuto o perché il giudice non ha concesso
l'autorizzazione o perché il figlio nato fuori dal matrimonio non è interessato ad acquisire lo stato di figlio.
In tutti questi casi la legge concede al figlio la possibilità di agire per il mantenimento con l'azione dell'art. 279 c.c. e
si potranno avanzare nei confronti degli eredi del genitore biologico le pretese successorie. Con quest'azione il figlio
può ottenere la tutela di taluni dei suoi interessi e bisogni ma non si istaura una relazione di filiazione, ne un rapporto
di parentela con la famiglia del genitore, ne vengono ad esistenza tutti gli effetti giuridici propri dello stato di figlio.
Anche questa azione deve essere autorizzata dal giudice considerando l'interesse del figlio.
Profili di disciplina della condizione dei figli nati fuori dal matrimonio: l'esercizio delle
funzioni genitoriali, il cognome del figlio e il suo inserimento nella famiglia del genitore:
Fino al 2012 lo status di figli nati fuori dal matrimonio presentava notevoli differenze rispetto a quelle dei figli
legittimi. Nel 1975 si è equiparata la posizione dei figli naturali riconosciuti a quella dei figli legittimi anche se
restava la differenza per la quale, mentre il figlio legittimo acquisiva uno status che gli garantiva un rapporto
giuridico con la coppia dei genitori e i loro parenti e quindi l'appartenenza ad una famiglia, il figlio naturale assumeva
uno status solo nei confronti di ciascun genitore e anche se riconosciuto da entrambi, la mancanza di un rapporto
coniugale tra i due, determinava la costituzione di due rapporti giuridici distinti tra loro con ciascuno dei genitori.
Questo ha ricadute sul rapporto tra i genitori e i figli e sull'esercizio della potestà. Nel 1975 l'art 317 bis prevedeva
una specifica disciplina (diversa quindi da quella della filiazione legittima) per il caso in cui uno solo o entrambi i
genitori avessero riconosciuto il figlio, distinguendo in questa seconda ipotesi tra coppie di genitori naturali
conviventi o no. Il genitore che riconosceva il figlio naturale aveva la potestà su di lui. Se il riconoscimento era fatto
da entrambi i genitori l'esercizio della potestà spettava congiuntamente ad entrambi se conviventi ed in questo caso si
applicavano le norme generali sull'esercizio della potestà genitoriale. Se invece non convivevano la potestà spettava
al genitore che viveva con il figlio e se non abitava con nessuno dei due, spettava al primo che avesse compiuto il
riconoscimento. Poi, il giudice nell'esclusivo interesse del figlio poteva disporre diversamente e giungere ad escludere
entrambi nominando un tutore. Il genitore che non esercitava la potestà aveva il diritto di vigilare sull'istruzione,
sull'educazione e sulle condizioni di vita del figlio minore.
La nuova legge invece contempla un unico regime normativo sullo status di figlio ma ci sono ancora aspetti peculiari
della disciplina della filiazione fuori dal matrimonio. Il primo aspetto riguarda l'attribuzione del cognome al figlio
nato fuori dal matrimonio: se il figlio è riconosciuto contemporaneamente dai genitori assume il cognome del padre,
altrimenti assume il cognome del genitore che l'ha riconosciuto per primo. Se il riconoscimento da parte del padre (o
la dichiarazione giudiziale della paternità) è posteriore al riconoscimento della madre, il figlio può scegliere di
assumere il cognome paterno aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre. Nel caso di minore
età del figlio la decisione è affidata al giudice. Se alla nascita non viene riconosciuto da nessuno dei due genitori il
nome e il cognome sono attribuiti dall'ufficiale di stato civile e il successivo riconoscimento da parte di uno o di
entrambi i genitori comporta da parte del figlio l'assunzione del cognome di questi secondo le regole citate.
Un tale mutamento dei segni identificativi della persona può essere lesivo degli interessi del figlio, soprattutto se
riconosciuto in età adulta, perciò la C. Cost. nel 1996 aveva dichiarato illegittimo l'art 262 c.c. nella parte in cui non
prevedeva che il figlio naturale potesse ottenere dal giudice il diritto di mantenere anche il cognome che gli era stato
attribuito in precedenza quando questo sia divenuto autonomo segno distintivo della sua identità. Oggi l'art 262
attribuisce al figlio la facoltà di conservare il cognome avuto alla nascita o di aggiungere ad esso quello dei genitori.
Il secondo aspetto riguarda l'affidamento del figlio e la sua collocazione nel caso in cui il riconoscimento di un figlio
minorenne sia effettuato da una persona sposata. In tal caso il giudice valutate le circostanze decide se affidare il
minore al genitore ed adotta ogni provvedimento idoneo a tutelare l'interesse materiale e morale del figlio. Il figlio
nato fuori dal matrimonio può essere inserito nella famiglia del genitore se vi è il consenso del coniuge di
quest'ultimo, dei figli che abbiano più di 16 anni e dell'altro genitore se ha effettuato il riconoscimento. Il consenso
degli interessati non è sufficiente, serve anche l'autorizzazione del giudice che dovrà valutare l'interesse del minore
stabilendo le condizioni a cui devono attenersi entrambi i genitori. Inoltre in caso di riconoscimento da parte di
persona coniugata, di un figlio non riconosciuto dall'altro genitore, la legge 184/83 stabilisce che l'ufficiale di stato
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civile informi il tribunale per i minorenni che dispone indagini per accertare la veridicità del riconoscimento, ciò per
evitare falsi riconoscimenti volti ad aggirare le norme sull'adozione.
Se una persona si sposa dopo aver riconosciuto il figlio, questi può essere inserito nella casa coniugale se già
conviveva con il genitore che l'ha riconosciuto o se il coniuge ne conosceva l'esistenza o se il coniuge dà il suo
consenso. In ogni caso è necessario il consenso anche dell'altro genitore che ha riconosciuto il figlio. Nel 2012 si è
stabilito che in caso di disaccordo tra genitori o mancato consenso dei figli conviventi, sia il giudice a decidere
valutando l'interesse dei minori coinvolti.
La procreazione medicalmente assistita:
Il progresso della scienza ha trovato rimedio a molte patologie che riguardano l'infertilità e la sterilità. Le pratiche di
p.m.a. sono diffuse da anni ma c'era un vuoto normativo sulla regolamentazione giuridica sia all'interno della
fecondazione assistita sia con riguardo allo status del figlio nato da tali interventi.
Una questione controversa si presentava nel caso in cui un uomo coniugato dopo aver prestato consenso
all'inseminazione artificiale eterologa della moglie (quindi con seme diverso dal suo) avesse proposto un'azione di
disconoscimento della paternità del nato allegando a fondamento della domanda proprio la sua impotenza di generare
che aveva indotto la coppia a ricorrere alla procreazione artificiale. Tali vicende avevano portato a ripetuti e non
uniformi interventi della giurisprudenza, che talvolta aveva anche accolto l'azione di disconoscimento. Anche la C.
Cost. fu investita della questione: si deduceva l'illegittimità dell'art 235 c.c. in quanto non impediva al marito, che
avesse inizialmente acconsentito all'intervento, di disconoscere successivamente il figlio nato in conseguenza
all'intervento voluto da entrambi i coniugi. La C. Cost. però dichiarò inammissibile la questione osservando che la
norma sia stata scritta in un'epoca in cui tali tecniche non esistevano e che quindi non può essere applicata al caso in
questione visto che non era contemplato nella norma. La via offerta dalla corte ha però creato un indir