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ESPONSABILITA’ CIVILE ED ILLECITO
a. Responsabilità da fatto illecito.
.
Nozione Esistono situazioni giuridiche tutelate in sé, in quanto tali, quali l’integrità della persona,
il suo onore, la proprietà sulle cose che le appartengono.
La violazione di una di queste costituisce un fatto illecito, in conseguenza del quale, se scaturisce un
pregiudizio per il titolare dell’interesse protetto (danneggiato), l’autore del fatto (il danneggiante) è
obbligato a risarcire il danno causato. Questo è il significato del precetto secondo il quale
“qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha
commesso il fatto a risarcire il danno” (2043). Fatto illecito è, perciò, quello che lede l’integrità
altrui o l’altrui reputazione o l’altrui diritto di proprietà o altra situazione soggettiva tutelata dalla
legge.
La responsabilità che consegue alla violazione del precetto del neminem laedere – espressione con
la quale s’indica l’insieme dei doveri che incombono su ciascuno in relazione alle altrui situazioni
giuridicamente tutelate – prende il nome di responsabilità aquiliana o extracontrattuale o da atto o
da fatto illecito o ancora, quello di responsabilità civile.
Il termine responsabilità civile – descrive l’effetto legale dell’illecito – ma trascura il
comportamento del danneggiante – sta a significare l’esigenza, sempre più sentita, di far prevalere
la funzione riparatoria dell’istituto su quella sanzionatoria del comportamento antigiuridico del
danneggiante: la quale ultima è meglio espressa dal termine responsabilità da atto illecito”.
Il termine “responsabilità da fatto illecito” è usato per denominare il fenomeno che, dal vecchio
codice, era qualificato come responsabilità da “atto illecito” e che, ora, è disciplinato più
ampiamente dal codice vigente.
Il termine “responsabilità aquiliana” sta ad indicare una radice romanistica di questo istituto, che si
fa risalire alla lex Aquilia de damno del III sec. a.C.
Di contro, l’espressione “responsabilità extracontrattuale” sta ad indicare il contrapporsi della
responsabilità civile alla responsabilità gravante sul debitore per inadempimento dell’obbligazione
la quale, consistendo in un vincolo specifico e nell’obbligo della prestazione, non si esaurisce in un
generico dovere di astenersi dal ledere un’altrui situazione soggettiva tutelata in via generale dalla
legge. Dal fatto illecito, nasce un’obbligazione, quella di risarcire il danno, nella quale il creditore è
il danneggiato e debitore l’autore del fatto illecito (1173).
Il fatto illecito e l’inadempimento dell’obbligazione sono accumunati nel più ampio concetto
d’illecito civile quale fatto lesivo di un diritto altrui.
L’inadempimento dell’obbligazione quando lede anche diritti assoluti della persona si configura
come fatto illecito: si pensi ad un’operazione chirurgica erroneamente eseguita, con conseguenze
lesive dell’integrità fisica della persona. Una pluralità di disposizioni concorre a disciplinare la
fattispecie fonte di danno: ed è opinione consolidata che il danneggiato, realizzandosi un concorso
di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, è tutelato sia dall’azione ex contractu sia da
quella ex delicto.
Imputazione del fatto. Affinché dal fatto illecito sorga responsabilità per chi l’ha posto in
essere, sono necessari alcuni presupposti, ai quali – in corrispondenza con quanto avviene nel diritto
penale, là dove si discorre di elementi costitutivi del reato – si assegna comunemente il nome di
elementi del fatto illecito. Alcuni di questi concernono l’imputazione materiale o oggettiva del fatto
al suo autore, altri la sua imputazione morale o soggettiva.
Sotto il primo profilo viene in considerazione il nesso di causalità fra il comportamento della
persona e l’evento lesivo del bene tutelato, cui la legge fa riferimento quando chiama a rispondere
del danno che “ha commesso” il fatto. Tale nesso, per diffusa opinione, è ispirato al principio della
adeguatezza causale, secondo il quale si possono e devono imputare alla persona soltanto le
conseguenze del suo comportamento che, in un determinato momento storico, secondo lo stato della
scienza e della tecnica, sono normale conseguenza di quel comportamento.
Sotto il secondo profili, quello della imputazione morale del fato, viene in rilievo la colpa, che
indica la contrarietà del comportamento della persona al modello legale, idoneo ad evitare eventi
lesivi dell’altrui diritto (colpa in senso normativo). Si dice che taluno è in colpa per indicare una
situazione di difformità del suo comportamento rispetto al modello legale.
Con riferimento alla persona, la colpa è intesa sia quale volontà di produrre l’evento lesivo (dolo),
sia quale atteggiamento del soggetto che, senza voler causare un determinato evento, ha tenuto un
comportamento improvvido, causativo della non voluta lesione del dritto altrui (colpa in senso
proprio). La mancanza di volontà dell’evento lesivo caratterizza la colpa rispetto al dolo: si che vi è
colpa anche quando la persona ha previsto che l’evento avrebbe potuto prodursi quale conseguenza
del proprio agire, ma tuttavia non l’abbia voluto (colpa con previsione)
La colpevolezza in senso lato, comprensiva del dolo e della colpa in senso proprio, sta a d indicare
l’imputabilità morale del fatto lesivo all’agente, quale regola generale affermata dall’ordinamento e
quale esigenza fondamentale ispiratrice della disciplina della responsabilità civile.
All’elemento della colpa si aggiunge la necessità che l’autore del fatto, per poterne rispondere, sia
capace d’intendere e di volere al momento che lo ha posto in essere. Se tale capacità manca per
causa a lui imputabile, tale assenza è irrilevante e l’autore risponde comunque del fatto (c.d.
actiones liberae in causa). La possibilità di comprendere il proprio comportamento sul piano della
causalità, cioè quale fonte di effetti dannosi per latri, è posta dalla legge a presupposto della
responsabilità civile. Essa sta significare anche che la persona, per rispondere del fatto, debba
possedere una maturità tale da poter comprendere i valori tutelati dalla legge.
L’imputazione, soggettiva e oggettiva, dell’evento lesivo spiega, mediante i suoi elementi che si
rifanno a criteri di normalità, l’intento della legge di assegnare alla disciplina della responsabilità
civile una funzione sanzionatoria nei confronti del danneggiante. L’obbligo al risarcimento ha il
senso di far rispondere in modo consistente del fatto dannoso estendendo la responsabilità anche per
i danni non prevedibili al momento della commissione del fatto (2056 e 1224).
Imputazione del fatto e fattispecie c.d. speciali di responsabilità. Il sistema generale
d’imputazione sopra delineato è integrato da ulteriori disposizioni che imputano a determinate
persone fatti posti in essere da altri, o addirittura accadimenti addebitabili a cose o animali. Per
alcune di queste si discorre di responsabilità indiretta o per fatto altrui.
Il disegno del legislatore è quello di ricondurre ogni ipotesi di responsabilità ad un comportamento.
E perciò s’individua nel fatto proprio dell’agente la fonte della responsabilità: là dove “fatto
proprio” è sia quello immediatamente riferibile alla persona, sia quello che tale è reputato in virtù di
fattispecie particolari espressamente disciplinate dalla legge. Così è considerato fatto proprio del
sorvegliante, cioè a lui imputato, il fatto dannoso dell’incapace d’intendere e di volere a lui affidato
(2047); fatto proprio del genitore il illecito del figlio minore abitante con lui (2048); fatto proprio
del committente il fatto illecito del dipendente commesso nell’esercizio delle sue mansioni.
Si distingue tra la colposità della condotta e l’imputazione obiettiva che la legge fa in via presuntiva
di alcuni fatti alle persone, in virtù della posizione da queste ricoperta: infatti, negli artt. 2047-2054
è stabilita sia una presunzione di colpa, sia una presunzione di causalità, cioè di cooperazione nella
commissione dell’illecito, a carico delle persone indicate. In realtà, le ulteriori ragioni di
responsabilità che si affiancano alla colpa sono modi d’imputazione oggettiva dell’evento alla
persona, e come tali, individuano, in ipotesi specifiche, quella che sul piano generale è l’azione
commissiva o omissiva della persona che causa l’evento lesivo (2043).
Si è, qui, su di un piano diverso da quello di conformità o difformità del comportamento rispetto ad
un modello legale, come è testimoniato dagli stessi articoli 2047-2054; questi, permettendo di
provare in concreto l’assenza di colpa, lasciano intendere di aver imputato in via oggettiva l’evento
al c.d. responsabile.
Fra gli ulteriori e nuovi criteri di responsabilità vanno annoverati il rischio-profitto, il rischio
d’impresa e l’esposizione al pericolo, che da alcuni sono considerati elementi idonei ad imputare
fatti dannosi alle persone, in nome, rispettivamente, del profitto che esse traggono dall’attività, del
fatto che esse gestiscono l’attività d’impresa rivelatasi fonte di danno e del fatto che esse hanno
creato con loro attività un pericolo per gli altri.
Lesione dell’altrui situazione. Affinché possa nascere responsabilità nell’autore del fatto, è
necessario che questo leda una situazione soggettiva tutelata erga omnes dalla legge. Affinché possa
nascere l’obbligo del risarcimento del danno è necessario che il danno sia “ingiusto”. Tale è soltanto
il danno conseguenza di una lesione dell’altrui situazione giuridicamente tutelata: l’ingiustizia della
lesione è un prius logico rispetto alla ingiustizia del danno. Se non vi è lesione del diritto altrui, il
danno è giusto, nel senso che esso va sopportato da chi lo subisce (ad es. nell’ipotesi di un atto di
concorrenza leale) e non può essere trasferito su altri, cioè sul danneggiante o su altra persona
indicata quale responsabile. Soluzione, questa, conforme a tradizione e rispondente al comune
modo di sentire.
La responsabilità costituisce la reazione a un danno ingiusto e che tale ingiustizia definisce l