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SCIOGLIMENTO O CESSAZIONE DEGLI EFFETTI CIVILI DEL MATRIMONIO
Art. 149, Codice civile:
Il matrimonio si scioglie con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi previsti dalla legge.
Gli effetti civili del matrimonio celebrato con rito religioso, ai sensi dell'articolo 82 o
dell'articolo 83, e regolarmente trascritto, cessano alla morte di uno dei coniugi e negli altri
casi previsti dalla legge. scioglimento del matrimonio cessazione
L’ dà atto della distinzione tra e
art. 149 c.c.
degli effetti civili del matrimonio: il primo si riferisce al matrimonio civile, il secondo a
quello religioso concordatario.
La causa di scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio citata
espressamente dal Codice civile è la morte di uno dei coniugi. A tal proposito, è bene
vedovo
ricordare che la condizione di non è equiparabile in tutto alla condizione di
non coniugato, in quanto il matrimonio, sebbene sciolto, continua a produrre taluni
effetti in capo al coniuge superstite:
Nascono i diritti successori
o Ha diritto alla pensione di reversibilità
o lutto vedovile
Sorge il divieto di nuove nozze durante il c.d.
o Ha diritto a conservare la cittadinanza italiana, se straniero
o Ha diritto a conservare il diritto all’uso del nome del marito, se donna.
o
L’altra causa di scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio non citata
direttamente dal Codice civile è il divorzio, il quale si atteggia nell’ordinamento
rimedio
italiano quale al fallimento coniugale, ed è quindi ammissibile solamente
la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o
quando
ricostituita. L’accertamento di tale dissoluzione dell’unione coniugale è, però,
ammissibile esclusivamente quando ricorra una delle cause indicate dall’art. 3 l.
separazione
898/1970. La causa più importante è costituita dalla (ma non la semplice
separazione di fatto); le altre sono:
Condanna penale, passata in giudicato, di particolare gravità
Condanna penale per reati in danno del coniuge o di un figlio
Assoluzione per vizio totale di mente da uno dei delitti per il quale la condanna
comporterebbe causa sufficiente a giustificare la domanda di divorzio
Annullamento del matrimonio o divorzio ottenuti all’estero dal coniuge straniero
Mancata consumazione del matrimonio
PROCEDIMENTI GIUDIZIALI DI DIVORZIO
Il divorzio in Italia può essere solo giudiziale e può svolgersi: 25
con un procedimento contenzioso si ha quando un coniuge
(art. 4 l. div.)
o propone domanda per ottenere lo scioglimento/cessazione degli effetti civili del
matrimonio.
Il procedimento, in estrema sintesi, è così scandito: udienza presidenziale,
provvedimenti temporanei e urgenti, nomina del giudice istruttore, fase istruttoria,
decisione.
su domanda congiunta dei coniugi la domanda
(art. 4, co. 16, l. div.)
o congiunta dei coniugi è proposta con ricorso, contenente le condizioni inerenti alla
prole rapporti economici.
e ai Il tribunale, sentiti i coniugi, verificata l’esistenza dei
presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli,
decide con sentenza. Qualora il tribunale ravvisi che le condizioni relative ai figli
siano in contrasto con gli interessi degli stessi, si ha un mutamento del rito in
contenzioso. Anche qui, come nella separazione consensuale, il tribunale ha,
nell’interesse della prole, il potere di sindacare il merito delle pattuizioni
economiche che la riguardino.
ASSEGNO DI DIVORZIO
L’assegno di divorzio è previsto dall’ , Il quale adopera una
art. 5, co. 6, l. 898/1970
terminologia in parte simile a quella dell’ sull’assegno di
art. 156, co. 1, c.c.
mantenimento. somministrare
L’articolo, infatti, stabilisce che il giudice dispone l’obbligo di
periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi
adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive mezzi
(i sintagmi
adeguati adeguati redditi propri,
e infatti, sono molto simili).
Fin da due fondamentali pronunce della Cassazione a Sezioni unite del 1990 (la n.
11490 e la n. 11492), la Suprema Corte ha sempre ripetuto - fino ai primi mesi del
2017 (in cui è intervenuta una sentenza innovativa) - che i mezzi adeguati di cui
tenore di vita analogo a
all’art. 5 co. 6 l. 898/1970 dovessero essere parametrati al
quello goduto in costanza di matrimonio; pertanto prima del revirement della
Cassazione del 2017, sia l’assegno di mantenimento che l’assegno di divorzio erano
volti ad assicurare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di
matrimonio. Gli assegni erano, dunque, speculari, condividendo il medesimo
presupposto.
Anche l’accertamento del diritto all’assegno di divorzio si articolava, prima della
sentenza della Cassazione a Sezioni unite del 2018, in due fasi:
an
Fase certa dell’ il giudice doveva comparare i redditi
(presupposto dell’assegno)
o dei coniugi e, in presenza di uno squilibrio, doveva capire se il coniuge che
guadagnava meno era comunque in grado di avere un tenore di vita analogo a
quello tenuto in costanza di matrimonio; se la risposta era negativa il giudice
riteneva adeguata la domanda a procedere alla seconda fase.
quantum
Fase solo eventuale del il giudice definiva la quantità
(quantificazione)
o dell’assegno (generalmente 100€ o 200€) tenuto conto delle condizioni dei coniugi
, delle ragioni
(es. salute, età, titolo di studio, appetibilità nel mercato del lavoro, etc.)
della decisione (anche se non esiste il divorzio con addebito, riemerge il profilo della
e dei contributi personali ed economici dati da ciascuno dei coniugi alla
colpa)
conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno .
La Cassazione intervenne, però, con la sentenza n. 11504/2017 dicendo che
l’impostazione assunta fino a quel momento era errata, in quanto:
Nella pratica quei parametri venivano solo marginalmente applicati (non venivano
veramente valutati i contributi di ciascun coniuge) 26
Parametrare l’assegno di divorzio all’analogo tenore di vita tenuto in costanza di
matrimonio non si concilia affatto con lo scioglimento del matrimonio, in quanto
quest’ultimo sciogliendosi, appunto, non può conservare un’ultrattività così
pesante per l’ex coniuge soccombente (egli ha diritto a potersi rifare una vita, e la
cosa è molto difficile se deve mantenere l’ex coniuge).
La Cassazione ha, quindi, detto che l’assegno di divorzio va parametrato non
non autosufficienza economica,
all’analogo tenore di vita ma alla e che, di
conseguenza, ne ha diritto solo l’ex coniuge non economicamente autosufficiente. Ha
dell’an quantum,
inoltre detto che l’assegno di divorzio conserva le due fasi e del ma
l’an
che è, ovviamente, basato sulla non autosufficienza economica.
La Cassazione ha inoltre configurato il limite di autosufficienza economica nella cifra
gratuito
di 1100€, sulla base che quella stessa cifra è la discriminante per ottenere il
patrocino (spese legali pagate dallo Stato).
Il problema di questa sentenza risiede, però, nel fatto che così facendo non si tiene
affatto conto dei contributi che il coniuge economicamente più debole ha apportato in
famiglia, anche non economici, per poter permettere, casomai, all’ex coniuge di poter
guadagnare quanto guadagna.
La Cassazione a sezioni unite è nuovamente intervenuta con la sentenza n.
18287/2018 affermando che i criteri dell’analogo tenore di vita e della non
autosufficienza economica sono criteri extralegali, inventanti, e, dunque, inaccettabili;
il giudice, infatti, è soggetto alla legge e non può inventare niente.
La sentenza introduce due grandi novità:
L’art. 5, co. 6 non disegna affatto due fasi, ma una fase unica, in quanto i parametri
servono a giustificare l’assegno.
L’assegno di divorzio non ha soltanto una funzione assistenziale ma assolve
anzitutto una funzione perequativo compensativa; deve, cioè, compensare gli
effetti negativi dei sacrifici fatti durante il matrimonio. Effetti negativi che
emergono solo in sede di divorzio, in quanto finchè vi è matrimonio ci sono solo
effetti positivi (si pensi, ad es., alla decisione di un coniuge di passare ad un contratto
part-time per accudire i figli mentre l’altro fa la specializzazione).
Il giudice, quindi, a seguito della sentenza, a fronte della domanda di divorzio non
deve attribuire l’assegno per garantire un analogo tenore di vita analogo o per far
fronte alla non autosufficienza economica dell’altro, ma deve valutare se lo squilibrio
reddituale fra i coniugi dipende dalla vita matrimoniale.
La Cassazione, a sostegno di ciò che dice, porta in causa l’ ,
art. 29, co. 2, Cost.
dicendo che l’uguaglianza tra coniugi deve operare anche in sede di scioglimento,
altrimenti quella stessa parità viene depotenziata.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno cessa se il coniuge beneficiario passa a
nuove nozze, in quanto in tal caso acquista diritto all’assistenza economica nei
confronti del nuovo coniuge.
ALTRI DIRITTI DEL CONIUGE DIVORZIATO
La , oltre all’assegno di divorzio, prevede altri diritti di cui è titolare
legge n. 898/1970
l’ex coniuge economicamente debole; si tratta di diritti collegati alla titolarità
dell’assegno di divorzio. Essi sono:
Pensione di reversibilità in caso di morte del
(art. 9, co. 2 e 3, l. 898/1970)
o titolare della pensione, spetta all’ex coniuge del defunto la pensione di reversibilità
se tale coniuge:
sia titolare dell’assegno ai sensi dell’art. 5;
non sia passato a nuove nozze.
27
Se al momento della morte del titolare della pensione vi è, oltre all’ex coniuge,
anche il coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una
quota della pensione di reversibilità è attribuita dal tribunale all’ex coniuge
tenendo conto di una serie di elementi.
Assegno periodico a carico dell’eredità se l’ex
(art. 9-bis, l. 898/1970)
o coniuge debitore dell’assegno di divorzio muore, all’ex coniuge creditore che si
trovi in stato di bisogno il tribunale può attribuire un assegno periodico a carico
dell’eredità, tenendo conto di una serie di elementi ai fini della quantificazione di
detto assegno indicati dall’art. 9-bis.
Percentual