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PRINCIPI GENERALI

La materia su cui la riforma del 1975 è intervenuta in maniera più importante è stata quella dei rapporti

patrimoniali tra coniugi. In breve la vecchia disciplina prescriveva l'obbligo per il marito di mantenere la

moglie in qualunque caso ed il regime di separazione dei beni, inoltre prevedeva che la moglie costituisse

una dote per il marito, che avrebbe dovuto restituirla se il matrimonio si fosse poi sciolto. La riforma ha

equiparato le posizioni di uomo e donna e ha introdotto il regime legale di comunione dei beni. Tuttavia

anche il regime vigente prevede che i coniugi possano accordarsi e ottenere la separazione dei beni.

L'OBBLIGO DI CONTRIBUZIONE PER IL SODDISFACIMENTO DEI BISOGNI DELLA FAMIGLIA

L'art. 316-bis specifica che entrambi i coniugi hanno l'obbligo di provvedere a mantenere, istruire ed

educare la prole “in proporzione alle rispettive sostanze e alla loro capacità di lavoro”. Per capacità di lavoro

si intende una potenzialità, il genitore deve attivarsi con le sue forze per lavorare per mantenere la famiglia,

per sostanze invece si intendono i cespiti patrimoniali di cui ciascun coniuge è titolare. In proposito si fanno

largo due ipotesi: la prima interpreta la norma nel senso che il coniuge, una volta adempiuto ai doveri di

mantenimento della famiglia può sfruttare il resto dei propri cespiti come meglio crede; la seconda

interpreta nel senso in cui i “bisogni della famiglia” non sono un qualcosa di oggettivo, ma sono

rappresentati da tutti quei bisogni che i patrimoni della coppia possono soddisfare.

Nell'ipotesi in cui la coppia non abbia mezzi sufficienti al mantenimento dei figli, la legge impone ai loro

ascendenti di fornire i mezzi necessari al mantenimento della prole.

REGIME PATRIMONIALE LEGALE. LE CONVENZIONI MATRIMONIALI.

L'art. 159 cod. civ. Stabilisce che in mancanza di apposita convenzione, il regime patrimoniale legale della

famiglia è costituito dalla comunione dei beni. Riforma fatta nel '75, per le coppie sposate prima è stata

emanata una norma transitoria che prevedeva un periodo di pendenza di due anni. Se in questo lasso di

tempo in comune accordo o anche solo uno dei coniugi con atto unilaterale dichiarava di non volere il

regime di comunione legale, allora la coppia restava in regime di separazione, in mancanza di dichiarazione,

trascorsi i due anni, la coppia passava automaticamente in regime di comunione con effetti ex tunc a partire

dal 20 settembre 1975.

Per le coppie sposate dopo il '75 il regime è quello della comunione, si può richiedere (ma solo con l'accordo

di entrambi) il regime di separazione mediante atto pubblico o risultante dall'atto di matrimonio.

LA COMUNIONE LEGALE

La comunione legale non è una comunione universale, cioè non tutto appartiene ad entrambi i coniugi in

comunione: innanzitutto essa ha per oggetto solo gli acquisti compiuti dopo la celebrazione di matrimonio.

Più precisamente, nell'ambito del regime di comunione si distinguono tre categorie di beni:

• Beni a comunione immediata: divengono oggetto di comunione fin dal loro acquisto;

• Beni a comunione “de residuo”: divengono oggetto di comunione nel momento dello scioglimento

della comunione stessa;

• Beni personali: rimangono nella titolarità esclusiva del singolo coniuge.

Sono beni sottoposti a comunione immediata:

Gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente, ad eccezione degli oggetti

• strettamente personali.La legge delinea, nel caso di acquisto effettuato separatamente, una sorta di

coacquisto ex lege, per effetto del quale l'acquisto effettuato da uno dei coniugi estende i suoi

effetti al patrimonio dell'altro.

Le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

• Gli utili delle aziende gestite da entrambi ma costituite prima del matrimonio.

Per quanto riguarda i beni a comunione de residuo, solitamente solo risparrmi.

I beni personali di ciascun coniuge solo elencati all'art. 179 cod. civ.:

1. I beni di cui il coniuge era titolare prima del matrimonio;

2. I beni da lui acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di una donazione a suo favore;

3. I beni che servono all'esercizio della professione del coniuge;

4. I beni acquisiti con il prezzo di trasferimento derivante da altri beni personali

L'escluso di un immobile o di un mobile registrato è escluso dalla comunione quando all'esclusione

consenta il coniuge escluso. Si è a lungo discusso se i crediti potessero entrare a far parte o meno della

comunione legale. Dopo sentenze contrastanti della Suprema corte, un'ultima sentenza ha precisato che

cadono nella comunione i crediti derivanti da documenti (obbligazioni, titoli di Stato ecc.), NON cadono

invece nella comunione i crediti derivanti da contratti.

L'amministrazione dei beni della comunione spetta ad entrambi i coniugi, che potranno amministrare

disgiuntamente tranne che per gli atti di straordinaria amministrazione per i quali serve il consenso di

entrambi. Se un coniuge rifiuta il consenso ad un atto di straordinaria amministrazione, l'altro può rivolgersi

al giudice se questo è strettamente necessario per i bisogni della famiglia.

I creditori personali di ognuno dei coniugi non possono soddisfarsi dei beni della comunione, tranne nel

caso in cui i beni del coniuge creditore non siano abbastanza capienti, allora potranno rivalersi sui beni della

comunione nella misura del 50%, quella cioè di proprietà del coniuge-creditore, ma sono comunque

preferiti i creditori della comunione. Allo stesso modo i creditori della comunione possono agire sui beni del

singolo coniuge nella misura del 50%.

SCIOGLIMENTO DELLA COMUNIONE

La comunione legale si scioglie ex art. 191 cod. civ. Per effetto di una delle seguenti cause:

Morte di uno dei coniugi;

• Sentenza di divorzio;

• Dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi;

• Annullamento del matrimonio. Importante notare che in caso di annullamento, gli effetti di questo

• operano ex nunc riguardo alla comunione, NON ha quindi, in questo caso, efficacia retroattiva);

Fallimento di uno dei coniugi;

• Convenzione tra coniugi per abbandonare il regime di comunione;

• Separazione giudiziale dei beni, che può essere pronunciata per:

• Interdizione o inabilitazione di uno dei coniugi;

◦ Cattiva amministrazione della comunione;

◦ Disordine negli affari personali del coniuge tali da mettere in pericolo la comunione;

◦ Mancata o insufficiente contribuzione di uno dei coniugi ai bisogni familiari.

Verificatasi una causa di scioglimento, cessa il regime legale di coacquisto, ma rimane la contitolarità dei

beni acquistati in comunione, si dovrà pertanto procedere alla divisione in parti eguali dei beni comuni.

Il principio della comunione in parti eguali è inderogabile ex art. 210 cod. civ.

COMUNIONE CONVENZIONALE

In mancanza di una apposita convenzione il regime patrimoniale che si applica ai coniugi è quello legale

della comunione dei beni. Tuttavia se anche fosse stipulata una convenzione ex art. 210, questa non

dovrebbe necessariamente escludere il regime di comunione, potrebbe limitarsi a regolarlo diversamente.

Le convenzioni tuttavia non possono derogare ai principi della comunione dei coniugi in parti uguali,

dell'amministrazione comune della comunione e non possono convenire di ricomprendere in comunione i

beni strettamente personali di ciascun coniuge.

LA SEPARAZIONE DEI BENI

Quando si applica il regime di separazione ciascun coniuge conserva i beni di cui è titolare, salvo comunque

l'obbligo di provvedere ai bisogni della famiglia. Se in regime di separazione, come spesso accade, un

coniuge fa godimento dei beni dell'altro, è tenuto a tutte le obbligazioni cui sarebbe tenuto se fosse un

normale usufruttuario.

IL FONDO PATRIMONIALE

Istituto previsto dalla riforma del '75. Può essere costituito da uno, da entrambi i coniugi o da un terzo.

Possono far parte del fondo solo beni immobili, mobili registrati e titoli di credito. I frutti del fondo

patrimoniale devono essere utilizzati per i bisogni della famiglia. I beni facenti parti del fondo non possono

essere sottoposti ad esecuzione forzata da parte dei debitori per debiti contratti per motivi estranei ai

bisogni della famiglia, ciò ha portato a qualificare quest'istituto come “patrimonio separato” ed ha portato

numerosi soggetti ad utilizzarlo con lo scopo esclusivo di sottrarsi ai creditori, per tale motivo la

giurisprudenza ammette che i beni del fondo patrimoniale possano essere soggetti ad azione revocatoria se

il fondo è stato costituito in frode ai creditori.

L'IMPRESA FAMILIARE

Una delle novità assolute introdotte dalla riforma del '75 è l'impresa familiare, disciplinata all'art. 230-bis.

La norma mira a tutelare i familiari dell'imprenditore che lavorino in modo continuativo nell'impresa del

loro congiunto. I familiari tutelati sono il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo. A

costoro viene riconosciuto il diritto al mantenimento e alla partecipazione agli utili in relazione al lavoro

svolto.

LA DOTE

Era un istituto di antica origine per il quale la moglie apportava dei beni al marito per aiutarlo a sostenere il

peso del matrimonio. Ovviamente una volta introdotto il regime di assoluta eguaglianza tra coniugi,

l'istituto della dote perse ogni motivo di esistere e venne abolito. Non solo, il nostro codice prevede

addirittura il divieto di costituzione di dote.

69. LA FILIAZIONE

L'UNICITA' DELLO STATUS DI FIGLIO DOPO LA LEGGE 219/2012

La relazione biologica tra genitore e figlio diventa rapporto giuridico quando sia accertata secondo le

modalità previste dal diritto. In tal caso si costituisce in capo al figlio uno status che porta con sé il relativi

effetti giuridici. Per un'antica tradizione il trattamento giuridico dei figli era diverso a seconda che essi

fossero nati all'interno del matrimonio o fuori da esso. La riforma del 1975 non ha modificato granchè

questa situazione, limitandosi a mutare il nome del figlio nato fuori dal matrimonio da illegittimo a naturale.

La prima differenza di tale diversità emergeva nei rapporti di parentela, infatti il figlio naturali avevano un

rapporto di parentela esclusivamente con il genitore che lo aveva un rapporto di parentela solo con il

genitore che lo aveva riconosciuto e non con i parenti e gli affini di questo, con tutte le conseguenze

patrimoniali e successorie che ne derivano. Inoltre non tutti i figli nati fuori dal matrimonio potevano essere

riconosciuti, non potevano esserlo quelli nati da relazioni adulterine o incestuose.

La L. 219/2012 ha eliminato questa distinzione, stabilendo il principio dell'unicità dello status di figlio,

operando quind

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A.A. 2017-2018
15 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher salvatoresalerno97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bari o del prof Lobuono Michele.