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L’azione tendente all’accertamento della simulazione è imprescrittibile, mentre le
azioni volte ad ottenere l’adempimento del contratto dissimulato si prescrivono
secondo le regole applicabili in relazione ai diritti specificamente attribuiti alle parti.
Effetti della simulazione rispetto a terzi
I terzi interessati a dedurre la simulazione possono farne accettare l’inefficacia (art
1415), ad esempio possono farlo i creditori di chi ha ceduto il bene.
Ai terzi in buona fede che hanno acquistato diritti (anche di proprietà) dal titolare
apparente non può essere opposta la simulazione e l’atto con il quale hanno
acquistato diritti produrrà i suoi effetti anche se posto in essere da un titolare
apparente (la buona fede si presume, quindi spetta a chi vuole opporre la simulazione
fornire la prova che il terzo è in mala fede). La buona fede è necessaria al momento
dell’acquisto, la conoscenza successiva della simulazione non nuoce.
Effetti della simulazione nei confronti dei creditori
I creditori dell’apparente alienante hanno interesse a far valere la simulazione in
quanto non possono agire sui beni che sono apparentemente usciti dal patrimonio del
debitore. I beni dell’acquirente simulato hanno invece un interesse contrario perché
hanno la possibilità di far espropriare i beni che sono fittiziamente entrati nel
patrimonio del debitore.
La simulazione è inopponibile al creditore che abbia acquistato un diritto reale di
garanzia (pegno o ipoteca) sui beni oggetto dell’apparente simulazione. La
simulazione non è poi opponibile ai creditori del simulato acquirente che abbiano già
compiuto in buona fede atti di esecuzione sui beni oggetto dell’acquisto simulato (art
1416).
La simulazione è invece opponibile ai creditori chirografari che non abbiano ancora
avviato un procedimento esecutivo. Nel conflitto tra le due categorie di creditori, la
legge preferisce i creditori chirografari del simulato alienante solo se il credito è
anteriore all’atto simulato. Se il credito è invece nato successivamente si preferiscono
i creditori del simulato acquirente del bene.
La prova della simulazione
La simulazione si regge sulla riservatezza dell’accordo simulatorio e quindi il problema
di prova che si pone è rilevante.
La deduzione della simulazione implica l’allegazione di un patto contrario al contenuto
di un documento.
Accertamento della simulazione da parte delle parti contraenti: il patto di simulazione
deve essere necessariamente datato anteriormente al contratto apparente, quindi non
è ammessa la prova per testimoni né per presunzioni. È quindi necessario un atto
scritto nel quale la parte convenuta in giudizio da atto della simulazione, oppure da
prova della simulazione mediante interrogatorio dell’altra parte oppure ancora
deferisce all’altra parte il giuramento decisorio. Le parti del contratto simulato possono
comunque dar prova della simulazione con ogni mezzo (anche testimoni…) nel caso in
cui intendano far valere l’illiceità del contratto dissimulato.
Per quanto riguarda l’accertamento da parte dei terzi, essi possono anche ricorrere a
testimoni e presunzioni. Queste ultime sono i mezzi di prova maggiormente utilizzati
(come ad esempio la parentela, l’imminenza di un’azione esecutiva…). Gli eredi delle
parti simulanti subentrano nella posizione dei rispettivi danti causa.
Negozio indiretto e negozio fiduciario. Il trust
La differenza tra simulazione e frode è che nel negozio simulato gli effetti negoziali
non sono voluti, mentre nella frode si.
Con la simulazione non deve essere confusa l’intestazione di un bene a nome di altri,
ovvero quando un bene viene intestato a favore di un soggetto sebbene acquistato da
un altro.
Il negozio simulato si distingue poi anche da quello fiduciario e da quello indiretto. Si
ha il negozio indiretto (o procedimento negoziale indiretto) quando un determinato
effetto giuridico non viene realizzato direttamente ,a viene conseguito mediante una
via traversa con la combinazione di più atti. Nel negozio simulato quindi le due parti si
accordano per escludere gli effetti dell’atto, mentre in quello indiretto il negozio è
realmente voluto.
Il negozio fiduciario si ha quando un soggetto detto fiduciante trasferisce senza
corrispettivo (o fa trasferire da un terzo, pagando o mettendo a disposizione il denaro
per farlo) ad un fiduciario la titolarità di un bene con il patto che l’intestatario
utilizzerà e disporrà del bene esclusivamente in conformità alle istruzioni che il
fiduciante gli ha già impartito o si riserva di impartirgli. Nel negozio fiduciario le parti
vogliono che il fiduciario acquisti la titolarità del diritto trasferitogli, ma vogliono che lo
utilizzi solo nell’interesse del fiduciante.
Al fiduciario si attribuisce una mera legittimazione quando l’oggetto del rapporto è
costituito da valori mobiliari e da titoli di credito, mentre di considera un normale
proprietario quando si tratta di beni immobili o altri tipi di beni mobili.
Il negozio fiduciario non è regolato dal codice civile ma è consentito a meno che non
sia diretto a finalità illecite.
Il trust è un istituto in forza del quale il soggetto che lo costituisce (inter vivos o
mortis causa) pone dei beni sotto il controllo di un trustee (amministratore fiduciario),
affinché questi gestisca, amministri o disponga dei beni conferiti nel trust secondo le
disposizioni impartite dal costituente, agendo in vista dell’interesse di un terzo indicato
dal costituente stesso (il beneficiario del trust), oppure in realizzazione di un fine
specifico.
I beni del trust anche se sono intestati a nome del trustee non fanno parte del suo
patrimonio ma costituiscono una massa distinta, quindi i creditori del trustee non
possono pignorare i beni del trust.
Invalidità ed inefficacia del contratto
Il problema generale
Il negozio giuridico è invalido quando è affetto da vizi che lo rendono inidoneo ad
acquistare pieno ed inattaccabile valore giuridico.
L’invalidità può assumere due aspetti distinti: nullità e annullabilità. Controversa è
invece la categoria dell’inesistenza (vengono così classificati atti assolutamente
difformi dal modello legale), ad esempio in Italia un matrimonio tra due persone dello
stesso sesso. In materia contrattuale la categoria dell’inesistenza trova scarso spazio.
Un contratto è inesistente quando non è in alcun modo confrontabile con la fattispecie
legale.
La distinzione più importante è quella tra validità (o invalidità) e efficacia (o
inefficacia). L’efficacia è la concreta idoneità del negozio a produrre gli effetti ai quali è
preordinato. Un negozio efficace non è per forza anche valido e viceversa.
L’inefficacia può essere originaria o successiva. La prima è sempre transitoria (ad
esempio può derivare dall’apposizione di una condizione sospensiva o di un termine),
mentre l’inefficacia successiva può dipendere (oltre che da altre cause come una
condizione risolutiva) dall’impugnativa di una delle parti o di terzi (rescissione,
risoluzione…).
L’atto nullo è invalido ed inefficace.
La cessazione degli effetti può anche derivare da appositi atti negoziali come la revoca
(negozio successivo che rimuove il negozio originario) o il recesso (negozio diretto a
sciogliere il rapporto determinato dal contratto).
La nullità
Il negozio nullo non è idoneo a produrre in alcun modo gli effetti ai quali è orientato.
Il codice spesso qualifica un atto come nullo ma non specifica cosa comporta tale
qualifica.
Cause della nullità
Articolo 1418 enumera le cause di nullità del contratto. La nullità è la più grave delle
sanzioni che possono colpire il negozio, e le sue cause possono essere raggruppate in
tre grandi categorie:
1) Le nullità testuali: la qualificazione di nullità è espressamente e testualmente
sancita dalla legge.
2) Le nullità strutturali: vi è la mancanza o il vizio di uno degli elementi essenziali
del negozio (art 1418). Producono la nullità del contratto la mancanza di uno
dei requisiti dell’articolo 1325 (forma quando richiesta, difetti di causa…),
l’illiceità della causa (art 1343) o del motivo comune delle parti (art 1345), la
mancanza dell’oggetto. Queste nullità sono dette strutturali.
3) La nullità virtuale: un atto è nullo quando è contrario a norme imperative (art
1418), anche quando la nullità dell’atto non è espressamente prevista da una
norma specifica. Si parla in questo caso di nullità virtuale, contrapposta a quella
testuale, perché la legge non descrive un tipo negoziale disapprovato. Ad
esempio per l’esercizio dell’attività di mediatore occorre essere iscritto in un
apposito ruolo e solo il mediatore iscritto ha diritto alla provvigione, ma non
viene espressamente detto nulla sulle sorte del contratto di mediazione che la
giurisprudenza ritiene nullo.
Un’altra categoria che si sta diffondendo è quella delle nullità di protezione, in cui il
contatto non è qualificato nullo per ragioni di interesse generale o per contrarietà
all’ordine pubblico economico, ma ai fini di tutela delle parti nell’ambito dei contratti
del consumatore. Questo avviene ad esempio in relazione alle clausole vessatorie.
Caratteristica delle nullità di protezione è la deducibilità ad opera della parte a tutela
della quale la nullità è comminata e non dell’altro contraente.
Nullità parziale e sostituzione di clausole
Il vizio che determina la nullità può investire l’intero negozio (nullità totale) oppure
solo alcune clausole dell’atto (nullità parziale). Nell’ultimo caso il contratto è nullo se
risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto
che è colpita da nullità (cioè se la parte invalida era essenziale), in caso contrario
l’atto rimane valido per la parte non colpita da nullità. Questa valutazione va però
valutata in base a una comune volontà delle parti e non in relazioni alle motivazioni
individuali.
Avvolte sono le leggi stesse a descrivere in quali casi un contratto rimanga valido o
meno, ad esempio l’articolo 36 del codice del consumo stabilisce che le clausole
vessatorie sono nulle mentre il resto del contratto rimane valido.
Vi sono poi casi per i quali è prevista la sostituzion