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RESPONSABILITA’ DA FATTO ILLECITO
Esistono situazioni giuridiche tutelate in sé, come l’integrità della persona, il suo onore, la proprietà sulle cose che le
appartengono. Esse non si risolvono in una pretesa verso un soggetto determinato, come per i crediti. La violazione di
una di queste situazioni costituisce un fatto illecito, in conseguenza del quale, se scaturisce da un pregiudizio per il
è obbligato a risarcire il danno causato.
titolare dell’interesse protetto danneggiato, l’autore del fatto (danneggiante)
Illecito civile: comprendente i concetti di fatto illecito e inadempimento dell’obbligazione, esso è un fatto lesivo di un
diritto altrui; il rimedio del risarcimento del danno previsto per entrambe le ipotesi, è disciplinato in modo unitario nella
disciplina generale delle obbligazioni, salvo le specifiche disposizioni adottate nel settore della responsabilità civile.
Imputazione del fatto. Gli elementi del fatto illecito, necessari affinché sorga la responsabilità per chi l’ha commesso,
riguardano:
- imputazione materiale o oggettiva del fatto al suo autore: legata al nesso di causalità tra comportamento e evento
lesivo; legata alla colpa in senso normativo, intesa come volontà di produrre l’evento
- imputazione morale o soggettiva:
lesivo (dolo), o come atteggiamento del soggetto che, senza voler causare un determinato evento, ha tenuto un
comportamento causativo della lesione; alla colpa si aggiunge anche la necessità della capacità di intendere e volere,
senza la quale l’autore non risponde del fatto.
L’imputazione ha funzione sanzionatoria e preventiva.
Fattispecie speciali di responsabilità. Il sistema generale di imputazione è integrato da ulteriori disposizioni, che
imputano a determinate persone fatti altrui o addirittura accadimenti addebitati a cose o animali. Si parla di “fatto
proprio”, ovvero quello immediatamente riferibile alla persona o quello che tale è reputato in virtù di fattispecie
particolarmente disciplinate.
Ingiustizia del danno. Affinché possa nascere l’obbligo del risarcimento del danno è necessario che il danno sia
“ingiusto”. Tale è soltanto il danno conseguenza di una lesione della situazione altrui giuridicamente tutelata erga omnes.
Se non vi è lesione del diritto altrui il danno è giusto. Il problema è stabilire se e quando le norme creano una situazione
soggettiva direttamente protetta. Soltanto l’interpretazione può dare una risposta equilibrata che sappia anche limitare
l’area tutelata, sì da non paralizzare le attività del soggetto che ha diritto di sapere di quali lesioni di interessi altrui può
essere chiamato a rispondere.
Cause di giustificazione. La responsabilità dell’autore del fatto è esclusa o limitata quando ricorrono alcune circostanze
o situazioni indicate come cause di giustificazione o esimenti o cause di esclusione dell’antigiuridicità.
Stato di necessità: quando chi ha compiuto il fatto dannoso è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato causato da lui volontariamente né era altrimenti
evitabile, al danneggiato è dovuta un’indennità, la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, basato su
fattori non determinati a priori: il pericolo deve essere realmente sussistente, e non deve esistere altra via per sfuggire al
danno se non quella dell’illecito. È anche causa di rescindibilità del contratto.
Fatto colposo del terzo: qualora lo stato di pericolo sia determinato dal fatto colposo di un terzo, il danneggiante si può
rivalere nei suoi confronti, relativamente all’indennità versata al danneggiato.
Legittima difesa: non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto
proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta (se lede interessi patrimoniali o personali), sempre che la
difesa sia proporzionale all’offesa. La non risarcibilità del danno causato per legittima difesa funge da mezzo di
prevenzione dell’illecito.
Esercizio di un diritto: (fa parte delle cause di giustificazione) quando il soggetto è autorizzato dalla legge a tenere un
dato comportamento, per altri lesivo, nessuna responsabilità sorge in capo a lui.
Consenso dell’avente diritto: il soggetto autorizza un fatto lesivo del proprio diritto e, nei casi in cui può validamente
essere prestato, esclude la responsabilità della condotta lesiva.
Distribuzione dell’onere di prova. L’onere di provare il fatto illecito altrui incombe su chi intende agire per la
riparazione del pregiudizio subito. Questa regola subisce vari temperamenti giurisprudenziali (presunzioni di colpa):
- la capacità di intendere e volere è presunta in tutti i maggiorenni; sì che chi adduca la propria incapacità per non
rispondere del fatto dannoso, ha l’onere di provarlo (benché danneggiante);
- nel caso di sorveglianti, genitori, proprietari, custodi, il danneggiato deve provare il fatto lesivo del sorvegliato,
minore, custodito ecc.
A seconda delle situazioni la legge stabilisce prove liberatorie più o meno gravose per il danneggiante, che consistono
nel dimostrare di non aver potuto impedire il fatto o di aver fatto tutto il possibile per impedire il danno o nel fatto che
l’evento dannoso è imputabile al caso fortuito.
Il danneggiato deve provare la connessione dell’evento con l’attività o la situazione prevista dalla legge, nonché la
posizione della persona indicata da questa come responsabile.
Principio della colpa. Il principio secondo il quale la responsabilità della persona si fonda necessariamente su un suo
comportamento (colpa). Dal fatto che la legge talvolta stabilisce la responsabilità anche per colpa lievissima, si è desunto
che sussiste responsabilità anche al di là della colpa. Si adduce che esistono fattispecie di responsabilità legate ad una
posizione ricoperta dalla persona e non da una sua colpa.
Negare questo principio al giorno d’oggi significa assicurare risarcimento del danno a danneggiati che altrimenti
avrebbero difficilmente trovato un risarcitore nel caso in cui questo avesse dovuto corrispondere all’autore dell’evento
lesivo (danni anonimi).
Il sistema della colpa è un sistema residuale, in quanto nel nostro sistema la responsabilità oggettiva (per mera causalità)
è la vera eccezione.
Responsabilità da posizione: la colpa viene presunta secondo regole di probabilità e di esperienza; la presunzione non
implica l’esistenza della colpa né la sua inesistenza. Tuttavia l’inesistenza della colpa deve essere provata dall’imputato.
Nella nuova ottica, il risarcimento ha funzione riparatoria e non più sanzionatoria.
RESPONSABILITA’ SPECIALI
Responsabilità per danno cagionato dall’incapace. Quando il danno è arrecato da persona incapace d’intendere o di
volere, l’obbligo del risarcimento è posto dalla legge a carico delle persone che sono tenute alla sua sorveglianza, che si
presume, fino a prova contraria, non abbiano fatto quanto necessario per impedire il prodursi del fatto dannoso. La prova
liberatoria consiste nella dimostrazione che il fatto dannoso si è verificato nonostante il normale e diligente esercizio
della sorveglianza. Qualora il danneggiato non consegua il risarcimento dal sorvegliante, può comunque ottenere
un’equa indennità dallo stesso incapace, autore materiale del danno.
Responsabilità dei genitori, tutori, genitori, maestri d’arte. Per il fatto illecito dei minori non emancipati, ma capaci
d’intendere e volere, sono responsabili i genitori o il tutore con essi coabitanti, i quali, fino a prova contraria, si presume
non abbiano fatto quanto necessario per impedire il fatto (responsabilità per fatto altrui). Lo stesso vale per gli adottanti,
i “precettori” e “coloro che insegnano un mestiere o un’arte”, per i danni cagionati dai loro “allievi” e “apprendisti”
durante il tempo nel quale sono sottoposti alla loro sorveglianza. Prova liberatoria:
- genitori: si richiede una prova positiva, ovvero che il genitore provi di aver svolto una sorveglianza adeguata all’età e
all’indole del figlio, e allo stesso tempo di avergli dato in precedenza una corretta educazione;
- precettori: secondo alcuni l’illecito dell’allievo deve essere stato “repentino e imprevedibile”; secondo altri si
dovrebbe correlare l’illecito all’età e al grado di maturazione degli alunni.
Responsabilità dei padroni e dei committenti. I padroni ed i committenti sono responsabili per i danni arrecati dal fatto
illecito dei loro domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti. I presupposti sono: fatto illecito
dei domestici o commessi; esistenza di un rapporto di preposizione fra questi e i committenti; nesso di interdipendenza
tra danno e incombenze (accertata dal giudice). Onere della prova: spetta al danneggiante. Prova liberatoria: deve
provare non la mancanza di colpa propria per l’illecito del dipendente, ma l’interruzione del nesso tra le mansioni e
l’illecito (ovvero la difformità tra comportamento previsto nella mansione affidata al dipendente e comportamento tenuto
dal dipendente). Il committente che abbia risarcito il danno cagionato dal commesso, può esperire azione di rivalsa
contro il dipendente per l’intera somma pagata al terzo danneggiato, escludendosi la possibilità di attribuire al
committente una qualsiasi parte dell’onere risarcitorio.
Responsabilità per l’esercizio di attività pericolosa. La sua disciplina è “a struttura aperta”e si riferisce a tutte le
attività pericolose, anche quelle svolte occasionalmente, siano o no a carattere imprenditoriale. Pericolosità: è la
rilevante probabilità di danno e la spiccata potenzialità offensiva. Il suo accertamento va effettuato in concreto, e la
formulazione del giudizio va fatta tenendo conto delle situazioni preesistenti al danno.
Tra l’attività pericolosa e il danno deve esistere un nesso di causalità adeguata. Prova liberatoria: l’esercente l’attività
pericolosa ha l’onere di dimostrare l’adozione di tutte le misure idonee ad evitare il danno (onere positivo).
Responsabilità per danno cagionato da cose in custodia. Affinché sorga la responsabilità del custode è necessario che
il danno sia stato prodotto dalla cosa per un suo “connaturale dinamismo” o per la sua &l