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CESSIONE DEL CREDITO
La cessione del credito è un contratto consensuale ad efficacia traslativa con il quale
un soggetto che vanta un credito verso un debitore (creditore cedente) trasferisce ad
un altro soggetto detto cessionario un diritto di credito che il cedente medesimo
vanta nei confronti del terzo debitore. La cessione realizza un negozio bilaterale,
poiché le parti del contratto di cessione solo solo il cedente e il cessionario, il
debitore ceduto non è parte del contratto di cessione. Il consenso di quest’ultimo non
è necessario al perfezionamento del contratto di cessione. Una volta raggiunto
l’accordo per il principio consensualistico dell’ Art. 1376, la cessione del credito si è
perfezionata. Tuttavia anche se il consenso non è necessario ai fini della cessione, la
sua accettazione può rilevare sotto un duplice profilo: sotto il profilo dell’ efficacia
della cessione e sotto il profilo della pubblicità (opponibilità a terzi) della cessione.
Ai fini dell’efficacia nei confronti del debitore la cessione produce i suoi effetti
rispetto al debitore nel momento in cui ha accettato la cessione oppure nel momento
in cui gli viene notificata. E’ necessaria l’accettazione o la notificazione perché il
debitore può non essere a conoscenza dell’avvenuta cessione, può accadere che il
debitore che non ha accettato la cessione e che non ha ricevuto la notificazione di tale
atto, ignorandolo del tutto, laddove adempia la propria prestazione a favore del
creditore originario (creditore cedente), questi è liberato dalla sua obbligazione.
L’accettazione del debitore, in realtà, rileva sotto altro profilo pubblicitario, poiché
può accadere che il cedente ceda il medesimo credito a più cessionari. Si pone,
dunque, un problema di conflitto tra più cessionari. Secondo il codice civile in questo
caso prevale colui che: ha ricevuto per primo l’accettazione del debitore oppure colui
che per primo gli ha notificato la cessione.
In base all’accordo pervenuto tra cedente e cessionario si verifica una successione
inter vivos a titolo particolare del credito. Non tutti i crediti sono suscettibili di
cessione, lo stesso codice stabilisce che alcuni crediti non sono cedibili (come il
credito agli alimenti), generalmente questi sono quei crediti strettamente personali.
Quando parliamo di cessione del credito viene in rilievo anche il profilo delle
garanzie: cosa deve garantire il cedente? Deve garantire solo l’esistenza del credito o
anche la solvibilità dello stesso (l’adempimento da parte del debitore)? La regola è
che: se nulla è stabilito dalle parti, il cedente deve soltanto garantire il nomen verum
,
ossia l’esistenza del credito ma non deve garantire anche l’adempimento del credito
da parte del debitore ceduto, salvo patto contrario.
Nel primo caso si dice che la cessione avviene “pro soluto”, ossia quando il cedente
deve garantire solo l’esistenza del credito, non risponde dell’inadempimento del
debitore. La cessione avviene a “pro solvendo” quando il cedente garantisce anche
l’adempimento. Questa distinzione pro solvendo e pro soluto viene in rilievo
soprattutto quando la cessione ha “solvendi causa”. La cessione del credito in
generale viene indicata tra quei negozi che hanno “causa variabile”: non ha una
causa fissa ma può avere una causa solvendi quando il credito è ceduto in luogo
dell’adempimento (si verifica una sorta di datio in solutum). Può accadere che
creditore e debitore si accordino al fine di stabilire che il debitore possa liberarsi
dell’obbligazione effettuando una prestazione diversa, in questo caso poiché viene
ceduto un credito in luogo di un’altra prestazione, in questo caso si dice che la
cessione avviene pro solvendo, poiché il debitore/creditore cedente si libera della
precedente prestazione solo quando il creditore cessionario abbia riscosso il credito.
ESEMPIO:
Tizio è creditore verso Caio di 100 che è debitore verso Sempronio di 100, allora,
anziché prestare a Caio 100, Tizio cede il credito che ha verso Sempronio di 100.
Questo è un caso si cessione a solvendi causa: ha funzione solutoria, ossia di
estinguere un debito che ha verso il cessionario, cedere un credito per estinguere un
debito che si ha verso un cessionario. In questo caso la cessione avviene sempre pro
solvendo, salvo che le parti abbiano disposto diversamente.
Il cedente non si libera solo tramite la cessione del credito, ma è liberato dalla sua
obbligazione solo quando il cessionario riscuote il credito dal debitore ceduto.
In base all’Art. 1348 può avvenire una cessione di crediti futuri purché i crediti siano
determinati o determinabili e che sia sorta la fonte del rapporto. Solo guardando
alla fonte possiamo rendere determinato quel credito. E’ necessario il requisito
almeno della determinabilità perché vi è bisogno di tutelare il cedente. Quest’ultimo
quando compie la cessione di un credito futuro deve essere consapevole dell’entità
del credito stesso. La determinabilità e la misura dell’impegno del debitore. Deve
essere nota dall’inizio la misura dell’impegno che grava sul debitore, o su uno dei
contraenti.
Una particolare ipotesi di cessione del credito è, secondo alcuni, il FACTORING.
Il factoring in Italia è noto come: “cessione dei crediti di impresa” ed è disciplinato
dalla l. 52/1991; caratteristica di questa particolare cessione è che avviene tra parti
qualificate. Le parti sono: l’imprenditore da un lato e il cessionario è una banca o un
intermediario finanziario. L’imprenditore, normalmente per soddisfare esigenze di
liquidità, può cedere in massa i crediti di impresa sia presenti che futuri, per esempio
ad una banca, la quale si impegna nella gestione e nell’amministrazione di detti
crediti. Si cedono crediti futuri con il limite che detti crediti debbano venire ad
esistenza nell’arco di 24 mesi dall’avvenuta cessione. La cessione in questo caso
avviene pro solvendo: laddove il cessionario non riesca a riscuotere i crediti ceduti,
l’imprenditore è responsabile per la mancata riscossione.
SURROGAZIONE
La surrogazione è un fenomeno di successione a titolo particolare del credito che
sorge in seguito al pagamento. Il pagamento deve essere accompagnato a seconda
delle ipotesi di surrogazione o dalla volontà del creditore originario o dalla volontà
dello stesso debitore o da una espressa previsione di legge.
Prima di parlare delle surrogazione dobbiamo soffermarci sull’Art.1180.
Quest’ultimo stabilisce che: “l’obbligazione può essere adempiuta da un terzo anche
contro la volontà del creditore se questi non ha interesse che il debitore esegua
personalmente la prestazione”.
La regola afferma che se un terzo va dal creditore e adempie ad una prestazione
oggetto di un’obbligazione altrui (consapevolmente), quell’adempimento estingue
l’obbligazione, quindi il debitore non è più tenuto ad eseguire la prestazione né nei
confronti del debitore, né nei confronti del terzo.
Tuttavia può accadere che il pagamento di un terzo non estingue l’obbligazione ma
comporta una successione a titolo particolare nel credito e quindi una sostituzione del
terzo nelle ragioni creditorie, e il creditore soddisfatto. Questo è ciò che accade nella
surrogazione: per volontà del debitore, o per volontà del creditore o per disposizione
di legge. La legge contempla il c.d. “pagamento surrogatorio”, che avviene in 3
ipotesi:
per volontà del creditore
- per volontà del debitore
- previsione di legge.
-
In questi casi il terzo che paga il creditore non estingue l’obbligazione,
semplicemente si surroga (sostituisce) nei suoi diritti. Si ha una successione a titolo
particolare del credito. Il debitore originario non è liberato dall’obbligazione,
semplicemente non è più obbligato verso il creditore originario ma verso il terzo,
diventato il nuovo creditore.
La legge in determinati casi stabilisce la sostituzione del nuovo creditore al vecchio,
le ipotesi contemplate sono:
Art. 1201: surrogazione per volontà del creditore. Il creditore, ricevendo il
- pagamento del terzo può surrogarlo nei propri diritti. La surrogazione deve
essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento. Il terzo che
adempie alla prestazione altrui può (non è un dovere, bensì una facoltà),
attraverso una dichiarazione espressa e contestuale al pagamento del
creditore soddisfatto, surrogarsi nei diritti del creditore originario.
Art. 1202: il debitore che prende a mutuo una somma di denaro o altra cosa
- fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del
creditore (soddisfatto) anche senza il consenso di quest’ultimo. Deve essere
dichiarato dal debitore l’utilizzo che viene fatto della somma presa in prestito
dal mutuante. L’effetto più importante della surroga è che se il creditore
originario era garantito (garantito da pegno o ipoteca) con la sostituzione di un
creditore all’altro vengono trasferite anche tutte le garanzie e tutti i diritti. La
surroga per volontà del debitore opera solo quando vi sono questi presupposti:
il debitore ha preso una somma a mutuo di scopo (nel mutuo va espressamente
menzionato che quella somma è presa per pagare quel debito), quando il mutuo
e la quietanza hanno data certa e quando nella quietanza si menziona la
dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma da impiegare nel
pagamento.
Art. 1203: surrogazione legale. La legge a prescindere dalla volontà del
- debitore, a prescindere dalla volontà del creditore, stabilisce che in determinate
ipotesi il terzo che paga si surroga ipso iure nei diritti del creditore. La
surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi: a vantaggio di chi essendo
creditore, ancorché chirografario (non garantito da pegno o ipoteca, non
privilegiato), paga un altro creditore che ha diritto di essergli preferito in
ragione dei suoi privilegi, del suo pegno o delle sue ipoteche. Pegno e ipoteca
insieme ai privilegi costituiscono delle cause legittime di prelazione. In
presenza di più creditori, questi generalmente hanno tutti pari diritto di rifarsi
sul debitore, salvo che siano titolari di cause legittime di prelazione. Le cause
legittime di prelazione sono: privilegi, pegno e ipoteca. Nel concorso tra più
creditori, quelli garantiti o privilegiati hanno diritto di soddisfarsi per primi
sui beni oggetto