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IMPRESA FAMILIARE.

L’impresa familiare è disciplinata dall’art. 230 bis c.c. ed è una comunità di lavoro fondata sulla

solidarietà familiare in cui un gruppo di familiari svolge con continuità e in posizione paritaria

un’attività produttiva. La legge 151/75 ha disciplinato chi può far parte dell’impresa familiare:

− il coniuge;

− i parenti entro il terzo grado;

− gli affini entro il secondo grado.

Ogni partecipante all’impresa ha diritto al mantenimento e quindi è necessaria una forma di

remunerazione dell’attività lavorativa, la cui entità è stabilita secondo la condizione patrimoniale

della famiglia e non in base al rendimento o alle capacità del singolo. Naturalmente si ha una

partecipazione di chi fa parte di un’impresa familiare agli utili, agli acquisti e agli incrementi della

stessa.

La qualifica di imprenditore, facendo riferimento alla nozione di cui all’art. 2082 c.c., viene

riconosciuta soltanto al soggetto che svolge l’attività a proprio rischio e a questi spettano tutte le

decisioni relative all’impresa familiare, mentre agli altri partecipanti spetterà il diritto di deliberare a

maggioranza sui modi di impiego degli utili e degli incrementi, sugli indirizzi produttivi, sulla

cessazione dell’impresa e su tutti gli altri atti di ordinaria amministrazione; gli atti di straordinaria

amministrazione spettano ovviamente all’imprenditore.

SUCCESSIONE MORTIS CAUSA.

L’argomento delle successioni a causa di morte è trattato interamente nel secondo libro del Codice

Civile, il quale è proprio intitolato Delle Successioni, quindi artt dal 456 c.c. all’809 c.c. Con ciò si

fa riferimento ad una vicenda traslativa di diritti patrimoniali di una persona a seguito della sua

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morte. Le situazioni personali invece si estinguono con la morte della persona che ne è titolare,

mentre le situazioni patrimoniali si trasmettono ad altri soggetti in virtù del fenomeno successorio

perché si vuole garantire la continuità di esse. Nel caso della successione a causa di morte si ha la

trasmissione di una situazione giuridica da un soggetto, che prende il nome di dante causa o de

cuius, ad un altro soggetto, che prende il nome di successore o avente causa. Vige la regola della

intrasmissibilità, quindi i diritti personali si estinguono con la morte del titolare e ci sono invece

alcuni diritti che pur essendo di carattere patrimoniale presentano una stretta connessione con la

persona, ad esempio il diritto di usufrutto, per cui si estinguono alla morte del titolare.

È possibile individuare due tipi di successione:

− successione testamentaria, per cui la scelta dei soggetti chiamati a succedere è rimessa al

testatore, ossia il de cuius, naturalmente nel rispetto di alcune regole previste dal legislatore

a tutela di alcuni soggetti indicati nel Codice Civile;

− successione legittima nel caso in cui la persona non abbia manifestato la sua volontà

mediante il testamento, il legislatore si sostituisce al de cuius e la legge indica i soggetti

chiamati a succedere.

L’art. 565 c.c. indica le categorie dei successibili ed è previsto che nella successione legittima

l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai

collaterali, agli altri parenti e allo Stato secondo l’ordine stabilito nel presente titolo. Ci sono quindi

alcune categorie che prevalgono rispetto ad altre. Nel caso dell’art. 581 c.c. è previsto il concorso

del coniuge con i figli dove il legislatore stabilisce le quote spettanti alle due categorie. L’art. 583

c.c. prevede che in mancanza di figli legittimi o naturali, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al

coniuge si devolve tutta l’eredità. Nel caso della successione del coniuge separato il legislatore ha

previsto che al coniuge a cui essa non sia stata addebitata, con sentenza passata in giudicato,

spettano gli stessi diritti successori del coniuge non separato.

La successione legittima ha una funzione di tutela dei successibili, i quali hanno comunque diritto

ad una quota del patrimonio, quindi laddove il de cuius non abbia provveduto ad indicarli mediante

testamento ci sono delle categorie che non possono essere estromesse dalla successione e sono

prioritariamente tutelate dal legislatore. Inoltre hanno diritto ad una quota di patrimonio anche

contro la volontà del dante causa, nel rispetto delle regole previste dalla legge. L’art. 570 c.c.

prevede la successione dei fratelli e delle sorelle, quindi a colui che muore senza lasciare prole o

genitori succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali.

Una distinzione importante, con riferimento alla successione mortis causa, intercorre tra:

− mediante la quale si verifica la trasmissione della generalità

successione a titolo universale,

dei rapporti giuridici del defunto, cioè colui che succede in realtà subentra nell’intera

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situazione patrimoniale del de cuius, oppure in una quota del patrimonio complessivamente

considerato, quindi non identificata con un bene singolo determinato;

− successione a titolo particolare, nel cui caso si comprendono solo beni determinati, ad

esempio si subentra nel diritto di proprietà di un immobile determinato, ma non nella totalità

dei beni o in una quota di essi.

Il successore a titolo universale viene denominato erede, mentre il successore a titolo particolare

sarà chiamato legatario.

Nel caso della successione a titolo universale si deve fare riferimento alla nomina del designato

quale erede, il quale risponde dei debiti del defunto ad eccezione del caso in cui egli decida di

accettare a beneficio di inventario. Nel caso in cui ci siano più eredi, essi rispondo dei debiti senza

vincolo di solidarietà, bensì ciascuno in proporzione delle rispettive quote.

Il legatario, invece, consegue soltanto i diritti che gli sono espressamente attribuiti e di regola non

risponde dei debiti del defunto. Il testatore però può decidere di imporre al legatario alcuni obblighi,

ossia quello che viene denominato onere testamentario che è espressamente disciplinato dall’art.

647 c.c.: tanto all’istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere. Se il testatore

non ha diversamente disposto, l’autorità giudiziaria, qualora ne ravvisi l’opportunità, può imporre

all’erede o al legatario gravato dall’onere una cauzione.

Un’altra distinzione fondamentale tra eredità e legato fa riferimento all’accettazione: l’eredità deve

essere sempre accettata, invece il legato si acquista di diritto, quindi non è necessaria l’accettazione

espressa da parte del legatario, il quale potrà naturalmente rinunciare e la rinuncia non è revocabile.

Per ciò che riguarda il legato sono previsti una serie di tipologie:

− che ha ad oggetto il diritto di proprietà o un altro diritto reale su cosa

legato di specie

determinata. Naturalmente il legato determina l’acquisto del diritto in capo al legatario al

momento della morte del testatore;

− legato di genere che ha ad oggetto il diritto di proprietà o un altro diritto reale su cose

determinate solo nel genere;

− legato di credito che ha ad oggetto un credito del defunto verso terzi.

Per quanto riguarda il testamento il legislatore ha ovviamente previsto dei limiti della libertà di

disporre dei proprio beni, quindi non se ne può disporre in maniera assoluta. L’art. 457 c.c. al 3°

comma fa riferimento alla disponibile: le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i

diritti che la legge riserva ai legittimari, ossia coloro che per legge hanno diritto ad una quota

dell’eredità perché tutelati in via prioritaria dal legislatore. Un altro divieto importantissimo, e

quindi un’altra limitazione della capacità di disporre dei propri beni mediante testamento, è il

che il legislatore ha distinto in tre categorie, disciplinati

cosiddetto divieto dei patti successori 41

dall’art. 458 c.c.: “è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione”, ciò

significa che non si può disporre della propria successione anzitempo mediante convenzione e

questo è quello che prende il nome di patto dispositivo. Il secondo comma dell’art. 458 c.c. prevede

che “è del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una

successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi”, riferendosi ai cosiddetti patti rinunciativi.

che sono finalizzati a disporre dei beni per il tempo

Esistono poi i cosiddetti patti istitutivi

successivo alla morte della persona; questi ultimi, a differenza dei primi due che riguardano la

disposizione di diritti, riguardano la disposizione di beni.

Ci sono due principi generali relativi alla limitazione della capacità di disporre dei propri beni

mediante testamento:

− Art. 679 c.c. in merito alla revocabilità del testamento: non si può in alcun modo rinunciare

alla facoltà di revocare o mutare le disposizioni testamentarie perché questo sarebbe

fortemente lesivo della libertà dell’individuo;

− non si può fare

Art. 589 c.c. in materia di divieto del testamento congiuntivo o reciproco:

testamento da due o più persone nel medesimo atto, né a vantaggio di un terzo, né con

disposizione reciproca. Il testamento deve rispecchiare la volontà unica del testatore unico.

APERTURA DELLA SUCCESSIONE.

L’art. 456 c.c. prevede che la successione si apre al momento della morte nel luogo dell’ultimo

domicilio del defunto. Si ha quindi il primo momento dell’apertura che coincide con la morte del de

ossia la designazione del soggetto chiamato a succedere.

cuius, a cui farà seguito la vocazione,

Dopo di che si avrà un terzo momento che è specificamente previsto dall’art. 457 c.c., la delazione:

l’eredità si divolve per legge o per testamento. Per delazione si intende la messa a disposizione

dell’eredità a favore del chiamato, il quale può acquistare l’eredità mediante accettazione. Si ha

anche l’ipotesi della devoluzione: nel caso in cui l’erede chiamato a succedere non accetti, l’eredità

viene devoluta ad altre categorie di successibili secondo una scala che privilegerà determinati di essi

rispetto ad altri. Per quanto riguarda la delazione bisogna distinguerne due tipi:

− Delazione per legge, facendo riferimento alla successione legittima, cioè la messa a

disposizione del patrimonio in mancanza di scrittura testamentaria;

− Delazione per testamento, che qui

Dettagli
A.A. 2009-2010
50 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AngeloNELLAnebbia di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Patti Salvatore.