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IL MODUS
Del modus il legislatore non ha dettato una disciplina organica. Le
uniche norme si rinvengono in materia di donazione e di
testamento.
Il modus o onere, “è un peso imposto dall’autore di un atto di
liberalità (donazione, legato, istituzione di erede) che grava sul
beneficiario”. 13
L’obbligazione oggetto del modus è secondaria rispetto a quella di
liberalità cui è apposta e di cui costituisce un limite.
Il modus si distingue dalla condizione, perché forma un precetto
autonomo rispetto alla disposizione principale per la cui attuazione
non è necessario attendere che venga adempiuto l’onere.
Se il modus non viene adempiuto gli interessati possono agire per
chiedere l’adempimento dell’obbligo oggetto dell’onere senza che
cada l’atto.
Il modus impossibile o illecito è considerato come non apposto,
salvo che abbia costituito l’unico motivo determinante, perché
allora è nullo. Risoluzione e rescissione
Risoluzione
La risoluzione contrattuale è lo scioglimento del vincolo
contrattuale.
Il CC distingue 3 ipotesi di risoluzione:
1. La risoluzione per inadempimento -> riguarda i contratti a
prestazioni corrispettive. Presupposto è l’inadempimento, ossia
la violazione di una obbligazione contrattuale. A seguito
dell’inadempimento, l’altra parte ha due possibilità: può
scegliere di richiedere nuovamente l’adempimento, oppure
può richiedere la risoluzione del contratto. In entrambi i casi,
se l’inadempimento ha prodotto un danno, la parte
danneggiata avrà diritto ad un risarcimento; nel primo caso, il
danno e il conseguente risarcimento corrisponderanno al
ritardo dell’adempimento, nel secondo caso, corrisponderanno
alla prestazione mai adempiuta.
Nel caso in cui venga richiesta l’azione di adempimento, la
parte proponente, ha comunque la possibilità di chiedere in un
momento successivo la risoluzione; se, al contrario, si è deciso
di agire con la risoluzione, la parte non potrà poi
successivamente chiedere nuovamente l’adempimento.
Perché? perché richiesta la risoluzione, la parte inadempiente
potrà in un momento successivo non essere più nelle
condizioni di poter adempiere alla prestazione (es. un bene
che, in seguito alla risoluzione, è stato venduto a qualcun
altro).
Invece, nel caso in cui sia stato già posto l’atto di risoluzione e,
nel mentre, la parte inadempiente abbia adempiuto in ritardo,
la parte può rifiutare la prestazione.
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Affinché il giudice accolga la richiesta per la risoluzione del
contratto, è necessario che l’inadempimento sia di non scarsa
importanza.
La giurisprudenza si è pronunciata in merito alla prova
dell’inadempimento ed ha ritenuto che il creditore debba
soltanto provare l’esistenza del contratto dal quale sorge il
diritto alla prestazione (non è tenuto a provare anche
l’inadempimento); dovrà invece, in caso, essere la parte
inadempiente a dimostrare di aver adempiuto.
La risoluzione del contratto, pronunciata con sentenza dal
giudice, ha efficacia retroattiva (ex tunc), con la conseguenza
che le prestazioni già eseguite, devono essere restituite.
Esiste però un limite a questa retroattività riguarda i
contratti a prestazione periodica o continuata.
La retroattività opera solo tra le parti: se dei terzi hanno
acquisito diritti nascenti dal contratto dichiarato risolto, questi
diritti vengono fatti salvi.
La risoluzione può essere conseguenza non soltanto di una
sentenza del giudice, ma può anche essere una conseguenza
automatica di diritto in 3 precisi casi previsti dalla legge:
a. Clausola risolutiva espressa -> clausola che le parti
inseriscono nel regolamento contrattuale, con la quale
prevedono che il contratto si risolva di diritto (in modo
automatico), se una determinata obbligazione non venga
adempiuta secondo le specifiche modalità previste.
b. Diffida ad adempiere -> se nel contratto non è prevista la
clausola risolutiva espressa, il creditore può ottenere la
risoluzione del contratto diffidando l’altra parte ad
adempiere entro un determinato termine congruo,
avvertendo la parte che, se scaduto il termine la prestazione
non sarà ancora adempiuta, il contatto si intenderà risolto.
c. Termine essenziale -> caso in cui la prestazione diventi
inutile se non eseguita entro un termine prestabilito -> la
prestazione si dice “essenziale”; l’essenzialità della
prestazione può essere oggettiva (quando è oggettivo che
essa non sia più utile) o soggettiva (quando oggettivamente
essa potrebbe ancora essere eseguita, ma il creditore ha
perso l’interesse che questa venga eseguita, poiché voleva
che essa si realizzasse solo entro quel termine.
2. La risoluzione per impossibilità sopravvenuta della
prestazione (per causa non imputabile) -> il contratto si
intende risolto di diritto quando la prestazione è divenuta
impossibile; la risoluzione è automatica e l’eventuale sentenza
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del giudice si limiterà ad accertare l’intervenuta risoluzione.
L’impossibilità della prestazione può essere totale o parziale e
specularmente anche la risoluzione può essere totale o
parziale; l’impossibilità parziale legittima l’altra parte a
richiedere una corrispondente riduzione della
controprestazione oppure a recedere dal contratto in
mancanza di un interesse apprezzabile all’adempimento
parziale.
L’impossibilità può essere anche temporanea -> essa non
comporta subito la risoluzione, infatti il contratto entra in una
situazione di sospensione.
Nei contratti traslativi, quelli in cui vi è uno scambio di
prestazioni, in linea generale il perimento della cosa non
imputabile non libera la controparte dall’obbligo di effettuare
la controprestazione.
Effetti della risoluzione per impossibilità:
- La parte la cui prestazione è divenuta impossibile, è liberata
dall’obbligo di eseguire la prestazione.
- La parte la cui prestazione è divenuta impossibile, non può
chiedere la controprestazione; se ha ricevuto qualcosa dalla
controparte, deve restituire quanto eventualmente ricevuto.
3. La risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ->
riguarda i contratti a prestazioni corrispettive, purché ad
esecuzione continuata, periodica o differita. Dall’applicazione
di tale istituto sono esclusi i contratti aleatori, ossia i contratti
nei quali non è noto né certo il rapporto tra l'entità del
vantaggio e quella del rischio.
Presupposti:
- Eccessiva onerosità sopravvenuta: essa si valuta confrontando
il valore delle prestazioni nel momento in cui sono sorte con
quello in cui devono eseguirsi.
- L’eccessiva onerosità sopravvenuta deve essere conseguenza
di un evento straordinario e imprevedibile, cioè quegli eventi
che fuoriescono dalla normale area del contratto.
Conseguenze:
- La parte che subisce tale eccessiva onerosità, ossia colui che è
chiamato a pagare di più la prestazione, può chiedere la
risoluzione (non è una conseguenza automatica)
- la controparte può evitare la risoluzione offrendo di ricondurre
il contratto ad equità.
Rescissione 16
La rescissione è un istituto che tende a far venir meno gli effetti del
contratto allorché si versi in una delle ipotesi espressamente
previste dalla legge; in particolare, essa è un’azione che spetta al
contraente, che abbia stipulato a condizioni svantaggiose, perché il
suo consenso è stato estorto in uno stato di pericolo o in uno stato
di bisogno.
Una parte della dottrina riconduce la rescissione ad un’invalidità, in
particolare ad un vizio della volontà; altra parte della dottrina
ritiene, invece, che essa sia una categoria autonoma di
impugnabilità del contratto (GAZZONI).
ipotesi di rescissione:
1. art. 1447 cc -> rescissione per contratto concluso in
“Il contratto con cui una parte ha assunto
stato di pericolo:
obbligazioni a condizioni inique, per la necessità, nota alla
controparte, di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, può essere rescisso sulla domanda
della parte che si è obbligata. Il giudice nel pronunciare la
rescissione può, secondo le circostanze, assegnare un equo
compenso all'altra parte per l'opera prestata. ”. Lo stato di
pericolo:
- essere conseguenza di un fatto naturale o umano;
- deve essere causa efficiente del consenso;
- deve essere finalizzato ad evitare un danno grave;
- deve essere diretto verso la persona (in senso lato) e non
verso le cose;
- deve essere noto all’altra parte;
- deve far sì che il contratto sia concluso a condizioni inique.
2. art. 1448 cc -> rescissione per contratto concluso in
“Se vi è sproporzione tra la prestazione di
stato di bisogno:
una parte e quella dell'altra, e la sproporzione è dipesa dallo
stato di bisogno di una parte, del quale l'altra ha approfittato
per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la
rescissione del contratto”.
Lo stato di bisogno è una difficoltà economica oppure morale,
purché avente dei riflessi economici. Esso può riguardare
anche i familiari o altre persone diverse da colui il quale
conclude il contratto, purché causa efficiente del contratto.
Affinché si possa chiedere ed ottenere la rescissione del
contratto concluso in stato di bisogno, è necessario che esso
sia concluso a condizioni non eque e che vi sia
l’approfittamento dell’altra parte contrattuale.
ultra dimidium “L'azione non è
È necessario che la lesione sia
ammissibile se la lesione non eccede la metà del valore che la
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prestazione eseguita o promessa dalla parte danneggiata
aveva al tempo del contratto” (esclusi il valore di affezione e
l’eventuale costo di stipula dell’atto).
La lesione deve, inoltre, essere attuale al momento della
domanda; Pertanto, è necessario verificare se vi è lesione nel
momento in cui la domanda è proposta.
Disciplina della rescissione
La disciplina è comune ad entrambe le fattispecie elencate
precedentemente.
Il contratto oggetto della rescissione è provvisoriamente efficace
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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