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LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL CONSENSO

Si tratta di quelle ipotesi in cui il consenso si forma

progressivamente attraverso una prima fase prodromica

(preannunziatrice) rispetto alla seconda e, in seguito, una fase

finale.

Le ipotesi sono:

1) Contratto preliminare: Contratto con il quale una o entrambe

le parti si obbligano a concludere il contratto definitivo.

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L’art 1351 ---> la forma del contratto preliminare deve essere la

stessa pretesa dalla legge per la conclusione del contratto

definitivo.

L’art 2932 ---> Tale norma riguarda l’esecuzione forzata in forma

specifica dell’obbligo di contrarre.

In caso di inadempimento del promittente il promissario potrà:

a) Chiedere la risoluzione del contratto.

b) Può ottenere una sentenza costitutiva, ovvero una sentenza che

costituisce gli stessi effetti che avrebbe ottenuto qualora il

preliminare fosse stato spontaneamente adempiuto.

2) Opzione: L’opzione è definita dall’art 1331 --> “Quando le parti

convengono che una di essa rimanga vincolata alla propria

dichiarazione di volontà e l’altra abbia facoltà di accettarla o meno,

la dichiarazione della prima vale come proposta irrevocabile”.

NB: l’art 1329 disciplina la proposta irrevocabile, che si ha quando il

proponente si impegna a mantenere ferma la propria dichiarazione

per un certo tempo, in questo caso la revoca è senza effetto.

Ma che differenza c’è tra il contratto di opzione e la proposta

irrevocabile?

L’opzione ha natura bilaterale perché è un contratto, mentre la

proposta irrevocabile ha natura negoziale e uni laterale.

3) Patto di prelazione: prelazione significa preferenza, priorità;

con tale patto una parte (promittente) promette di preferire l’altra

parte detta (prelazionario) a parità di condizioni, qualora in futuro

deciderà di alienare il bene oggetto della preferenza.

Differenza tra contratto preliminare e patto di prelazione: nel

secondo c’è la libertà, nel primo no. Differenza tra patto di

prelazione e patto di opzione: nel primo vi è la libertà, nel secondo

no.

4) Contratto normativo: il contratto normativo è un contratto che

contiene le regole delle future contrattazioni tra le parti.

pactum de modum contraendi

Si tratta di un cioè un contratto che

ha ad oggetto le modalità delle contrattazioni successive.

LA CONDIZIONE NEL CONTRATTO

Agli elementi essenziali del contratto, si distinguono gli elementi

accidentali, ossia degli elementi che le parti sono libere di apporre

al contratto.

La condizione è un accadimento futuro ed incerto dal quale o fino

al quale le parti fanno dipendere gli effetti del contratto; la

condizione non attiene alla fattispecie ma agli effetti. Non tutti i

contratti sopportano la condizione, ci sono infatti degli atti

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cosiddetti puri a cui non sono apponibili né condizione né termine

(es. matrimonio).

La condizione può essere sospensiva (quando l’efficacia del

contratto è subordinata all’avverarsi della condizione) e risolutiva

(quando dall’avveramento della condizione dipende la risoluzione

del contratto).

Essa, secondo un’altra classificazione, può essere:

- Condizione casuale: il suo avverarsi dipende dal caso.

- Condizione potestativa: il suo avverarsi dipende dalla volontà

di una delle parti.

- Condizione mista: dipende in parte dal caso ed in parte dalla

volontà di una delle parti.

- Condizione meramente potestativa: dipende dall’arbitrio,

dalla mera volontà del soggetto. La condizione sospensiva che

dipende dal mero capriccio del soggetto è nulla; non può infatti

ritenersi seriamente vincolante un contratto la cui efficacia

dipende dal mero arbitrio di una parte. Nella condizione

potestativa, al contrario, l’avveramento dipende bensì da un

comportamento della parte, la quale però è spinta ad agire

sulla base di motivi oggettivi, che rappresentano un

giustificato interesse e non un mero capriccio.

La condizione illecita determina la nullità del contratto; quando la

condizione è impossibile invece, si ha la nullità del contratto se la

stessa era sospensiva, si considera non apposta quando risolutiva.

Come possono comportarsi le parti in pendenza della condizione?

Si spiega anzitutto cosa si intenda per pendenza della condizione.

La condizione pende quando l’avvenimento che ne costituisce

l’oggetto e che sblocca gli effetti del contratto non si è ancora

verificato, ma non si esclude che si verificherà.

La norma (art. 1356) distingue il comportamento a seconda che la

condizione sia sospensiva o risolutiva. In entrambi i casi, in modo

inverso, possono essere compiuti atti conservativi ovvero atti utili a

conservare la cosa materialmente e giuridicamente.

L’articolo successivo, il 1357, dispone che l’obbligato condizionato

sospensivamente o risolutivamente può compiere atti di

disposizione che tuttavia producono i loro effetti al verificarsi della

condizione.

Inoltre, la buona fede è necessaria a stabilire un vincolo fra le parti

al fine di fare in modo che l’evento desiderato si verifichi e si

producano gli effetti del contratto.

La condizione ha efficacia retroattiva e pertanto gli effetti liberati al

suo avverarsi si estendono dal momento in cui è stato stipulato il

negozio. L’articolo 1360 del codice civile infatti conferma che “Gli

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effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in

cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o

per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione

debbano essere riportati a un momento diverso”.

L’articolo 1359 infine afferma che “La condizione si considera

avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che

aveva interesse contrario all’avveramento di essa”. Questa è

un’ipotesi di finzione di avveramento in cui, chi impedisce il

verificarsi della condizione deve agire con dolo o colpa, non

essendo sufficiente il mero comportamento inerte. In tal caso la

condizione si considera ugualmente avverata.

IL TERMINE

Le parti nel contratto possono inserire una clausola, chiamata

termine, per limitarne nel tempo gli effetti oppure per stabilire il

momento entro il quale dev’essere adempiuta un’obbligazione. La

disciplina dunque distingue due tipi di termine:

- termine di efficacia: è di efficacia se incide sugli effetti del

contratto ovvero se e da quando questi si producono o se e da

quando questi cessano di prodursi. Sarà, dunque, un termine

iniziale o un termine finale. Si distingue dalla condizione

essenzialmente per la certezza dell’evento futuro a cui

corrisponde, che può essere una data o appunto un

avvenimento certo.

- termine di adempimento: il termine è di adempimento se

stabilisce il momento di esecuzione dell’obbligazione o delle

obbligazioni dedotte nel contratto.

Quando è impossibile, perché materialmente (la data non esiste) o

giuridicamente inesistente (contrario alla durata prevista dalla

legge) si ha la nullità del contratto se si trattava di termine iniziale,

la non apposizione del termine se era finale.

L’apposizione di un termine in contrasto a norme imperative di

legge determina la nullità del contratto.

IL MODUS

Del modus il legislatore non ha dettato una disciplina organica. Le

uniche norme si rinvengono in materia di donazione e di

testamento.

Il modus o onere, “è un peso imposto dall’autore di un atto di

liberalità (donazione, legato, istituzione di erede) che grava sul

beneficiario”. 13

L’obbligazione oggetto del modus è secondaria rispetto a quella di

liberalità cui è apposta e di cui costituisce un limite.

Il modus si distingue dalla condizione, perché forma un precetto

autonomo rispetto alla disposizione principale per la cui attuazione

non è necessario attendere che venga adempiuto l’onere.

Se il modus non viene adempiuto gli interessati possono agire per

chiedere l’adempimento dell’obbligo oggetto dell’onere senza che

cada l’atto.

Il modus impossibile o illecito è considerato come non apposto,

salvo che abbia costituito l’unico motivo determinante, perché

allora è nullo. Risoluzione e rescissione

Risoluzione

La risoluzione contrattuale è lo scioglimento del vincolo

contrattuale.

Il CC distingue 3 ipotesi di risoluzione:

1. La risoluzione per inadempimento -> riguarda i contratti a

prestazioni corrispettive. Presupposto è l’inadempimento, ossia

la violazione di una obbligazione contrattuale. A seguito

dell’inadempimento, l’altra parte ha due possibilità: può

scegliere di richiedere nuovamente l’adempimento, oppure

può richiedere la risoluzione del contratto. In entrambi i casi,

se l’inadempimento ha prodotto un danno, la parte

danneggiata avrà diritto ad un risarcimento; nel primo caso, il

danno e il conseguente risarcimento corrisponderanno al

ritardo dell’adempimento, nel secondo caso, corrisponderanno

alla prestazione mai adempiuta.

Nel caso in cui venga richiesta l’azione di adempimento, la

parte proponente, ha comunque la possibilità di chiedere in un

momento successivo la risoluzione; se, al contrario, si è deciso

di agire con la risoluzione, la parte non potrà poi

successivamente chiedere nuovamente l’adempimento.

Perché? perché richiesta la risoluzione, la parte inadempiente

potrà in un momento successivo non essere più nelle

condizioni di poter adempiere alla prestazione (es. un bene

che, in seguito alla risoluzione, è stato venduto a qualcun

altro).

Invece, nel caso in cui sia stato già posto l’atto di risoluzione e,

nel mentre, la parte inadempiente abbia adempiuto in ritardo,

la parte può rifiutare la prestazione.

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Affinché il giudice accolga la richiesta per la risoluzione del

contratto, è necessario che l’inadempimento sia di non scarsa

importanza.

La giurisprudenza si è pronunciata in merito alla prova

dell’inadempimento ed ha ritenuto che il creditore debba

soltanto provare l’esistenza del contratto dal quale sorge il

diritto alla prestazione (non è tenuto a provare anche

l’inadempimento); dovrà invece, in caso, essere la parte

inadempiente a dimostrare di aver adempiuto.

La risoluzione del contratto, pronunciata con sentenza dal

Dettagli
A.A. 2021-2022
20 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

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