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CARATTERISTICHE DEI NEGOZI GIURIDICI
I negozi giuridici possono essere distinti in diverse categorie sulla base di diversi
criteri, in base alla struttura del negozio, ossia considerando quali sono i soggetti che
partecipano al negozio perfezionandolo, rendendolo esistente dal punto di vista
giuridico. Questo primo criterio porta a distinguere negozi con un'unica parte
(unilaterali) e negozi con più parti, bilaterali o plurilaterali. Ciò che interessa non è la
verifica del numero delle parti in senso formale, ciò che interessa è verificare le parti
in senso sostanziale, i centri di interesse, le sfere su cui si producono gli effetti
dell’atto. Data questa nozione di parte in senso sostanziale, se la parte è un centro di
interessi, è possibile che in alcuni negozi la parte veda più soggetti convergere nel
realizzare il medesimo interesse rispetto a quell’atto.
X es. Se tre soggetti si accordano di acquistare in comunione un fondo da un altro,
sul piano formale abbiamo quattro parti, ma da un punto di vista sostanziale, i centri di
interesse sono soltanto due.
La nozione di parte in senso sostanziale può quindi trattarsi anche di più soggetti con
un interesse comune. Abbiamo una pluralità di parti solo quando ci sono più soggetti
portatori di interessi diversi. In questi casi in cui ci sono più di due centri di interessi il
contratto si definisce plurilaterale. In questo caso ciascuno è portatore di un interesse
individuale.
Altri criteri attraverso i quali si possono distinguere i negozi giuridici sono riguardo
all’oggetto, per cui distinguiamo tra contenuto patrimoniale o non patrimoniale. Il
contratto è un negozio a contenuto patrimoniale. Un’altra distinzione è la causa, per
cui distinguiamo tra mortis causa o inter vivos, la divisione è basata sulla funzione che
il negozio è volto a perseguire. Il negozio mortis causa è una disposizione di beni in
vista della morte, mentre il negozio tra vivi ha una funzione di regolazione di sfere
patrimoniali in vita, non volto a regolare una successione. Un negozio che sia compiuto
in vita da due soggetti, con il quale decidono le sorti del patrimonio dell’uno e
dell’altro dopo la morte, è un contratto mortis causa anche se interviene tra viventi.
Un contratto mortis causa, è nel nostro ordinamento un contratto nullo perché viola un
principio sentito dal nostro ordinamento come fondante la convivenza civile che vieta i
patti successori, affidando al solo testamento la possibilità di incidere sulla
successione. Il divieto dei patti successori è il divieto di porre in essere atti mortis
causa diversi dal testamento. Essi sono vietati perché il nostro ordinamento vede con
sfavore il vincolo obbligatorio in vita riguardo la sorte dei propri beni dopo la morte. Il
testamento è sempre revocabile perché si vuole lasciare al soggetto la possibilità di
ripensare alle proprie scelte in ogni momento, anche perché il patrimonio potrebbe
cambiare. In altri ordinamenti esistono norme diverse, in Germania, ad esempio, essi
sono validi entro certi limiti.
Dal punto di vista causale vi è un’altra distinzione, tra negozi onerosi e negozi gratuiti.
È una distinzione che riguarda solo i negozi bilaterali, il negozio unilaterale non può
essere oneroso. Il negozio gratuito è quello in cui una sola parte si addossa il peso che
comporta l’obbligazione, mentre l’altra parte non assume obbligazioni principali,
ricava solo i vantaggi. I contratti possono invece essere gratuiti o onerosi. È oneroso
un contratto in cui ciascuna parte assume obbligazioni principali a proprio carico.
Qui occorre distinguere ulteriormente all’interno dei contratti a titolo oneroso: le
obbligazioni principali possono essere tra loro in un rapporto di interdipendenza,
parliamo in questo caso di un rapporto di corrispettività. Una è la ragione per cui
l’altra è dovuta, sono in rapporto di mutua dipendenza, si chiamano contratti a
prestazioni corrispettive. Non sempre in un contratto a titolo oneroso le prestazioni
sono interdipendenti. In un contratto di compravendita, la prestazione di trasferire il
bene e di pagare il corrispettivo sono interdipendenti. La controparte, se una parte non
adempie, può sospendere l’adempimento della prestazione. Questo rimedio si chiama
eccezione di inadempimento. Altrimenti si può chiedere la risoluzione del contratto,
nel momento in cui una parte ha già adempiuto. Questo rapporto si chiama sinalagma,
termine che proviene dal greco ed indica un collegamento necessario. Non tutti i
contratti a titolo oneroso lo sono. Per esempio nel caso di un contratto con cui si
costituisce una società, per cui ciascuno trasferisce denaro a una società, ciascuno dei
soci è tenuto a una prestazione, ad un conferimento che andrà a costituire il capitale
sociale, queste prestazioni non sono in rapporto di corrispettività, se Tizio, uno dei
soci, non presta il suo adempimento, gli altri soci non possono sospendere il loro
adempimento in base all’inadempimento di Tizio.
Il contratto a titolo oneroso si ha quando ciascuna parte assume un obbligazione
principale perché in un contratto a titolo gratuito può accadere che una parte assuma
un’obbligazione principale e l’altra un’obbligazione accessoria, ad esempio un onere,
con cui si impone al beneficiario di un atto gratuito un dovere di prestazione
necessario a realizzare una finalità ulteriore. Fintantoché rimane obbligazione
accessoria, non può assorbire il valore del lascito, non intacca la natura gratuita
dell’atto, dunque quella prestazione non è in rapporto di corrispettività rispetto a
quella principale.
IL CONTRATTO
Il contratto è un esempio di negozio giuridico bilaterale o plurilaterale, è l’incontro di
più manifestazioni di volontà che si realizza nell’ accordo. Il contratto con se stesso
apparentemente è un contratto senza accordo, perché un unico soggetto emette la
volontà. Tuttavia se guardiamo alle parti in senso sostanziale, il contratto con sé
stesso è un accordo. Non qualsiasi accordo è un contratto, esso è anche caratterizzato
dall’ oggetto, esso è destinato a regolare rapporti giuridici patrimoniali. Il codice civile
nell’Art. 1321 definisce il contratto “ l’accordo di due o più parti per modificare,
costituire o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale ”. Non è detto che il
contratto faccia sorgere obbligazioni, vi sono contratti che producono anche altri
effetti, oppure contratti che non producono per niente obbligazioni. Vi sono rapporti
assimilabili alle obbligazioni che trovano fonte nel contratto. Esso è comunque la
principale fonte di obbligazioni, ma il rapporto tra contratto e obbligazioni non può
considerarsi un rapporto di esclusività: non è detto che un contratto produca
obbligazioni (contratto di donazione con cui si trasferisce la proprietà tra due parti),
non è vero nemmeno che il contratto sia l’unica fonte di obbligazioni (lo è anche
l’illecito, ed altre fonti). Il contratto ha ad oggetto rapporti patrimoniali. Vi possono
essere accordi di natura non patrimoniale, ad esempio il matrimonio è un accordo di
natura non contrattuale, anche gli accordi familiari sulle scelte di vita non sono
contratti. Una particolare categoria di accordi la cui natura contrattuale è dubbia sono
i rapporti patrimoniali tra coniugi sul regime patrimoniale. Vengono regolati da
convenzioni, e si discute questi accordi se siano contratti oppure no. Il legislatore lo
disciplina nell’ambito familiare, con delle norme speciali dettate nel libro I.
Il contratto è oggetto di una disciplina generale che si applica anche a atti unilaterali.
È la massima espressione di autonomia riconosciuta ai privati. Nell’ambito
patrimoniale non è l’unico strumento per regolare le sfere giuridiche patrimoniali tra
vivi, possono esserci anche atti unilaterali a regolarle. Tuttavia mentre il contratto è
uno strumento di carattere generale che può spingersi anche laddove la legge non ha
previsto nulla, ha una portata generale nella regolazione degli interessi, il negozio
unilaterale in materia patrimoniale ha invece una funzione secondaria. I negozi
unilaterali obbligatori sono tipici, producono effetti obbligatori solo nei casi previsti
dalla legge. I contratti possono essere anche atipici (art. 1322), e questo è un indice di
grande apertura verso la creatività dei privati nella regolazione dei propri interessi. La
pratica ci dimostra che nel tempo nascono sempre nuovi contratti leasing e
franchising ad esempio. Spesso accade che il legislatore successivamente li regoli con
norme che individuano un nuovo tipo. Per quanto riguarda i negozi unilaterali che
producono effetti obbligatori, l’ordinamento è ispirato a una regola più severa che si
desume dall’art. 1987, con cui si apre il titolo IV del libro IV “delle promesse
unilaterali”, esse non producono effetti obbligatori se non nei casi previsti dalla legge.
La primazia del contratto si spiega perché il contratto, proprio perché accordo, è lo
strumento ideale per regolare rapporti giuridici che per loro natura mettono in
correlazione due parti. Poiché i negozi incidono su rapporti, per modificarli è
necessario il consenso di tutti i soggetti coinvolti, che si perfeziona normalmente
attraverso il contratto. Anche la promessa di assumere un’obbligazione con terzi
implica un vantaggio nell’altra parte, ma introduce comunque un rapporto con l’altra
parte. I casi di atti unilaterali che producono effetti obbligatori non sono limitatissimi,
ad esempio uno strumento con cui si assume un’obbligazione unilateralmente sono i
titoli di credito , promesse unilaterali, in un documento cartaceo che incorporano il
diritto. In questo caso si giustifica l’ammissibilità della promessa unilaterale per
rendere più agevole il trasferimento del diritto di credito, particolari esigenze legate al
commercio. Un altro caso importante è quello della promessa al pubblico, emessa nei
confronti di un pubblico di destinatari, come chi promette una ricompensa a chi ritrova
un bene smarrito. La promessa al pubblico è un esempio tipico di vincolatività di una
promessa unilaterale, in quanto vincola colui che l’ha emessa nel momento in cui un
soggetto del pubblico compie l’azione. Si giustifica per le particolari finalità cui
risponde e per la forza che all’assunzione obbligatoria viene data dalla pubblicità. Lo
sfavore dell’ordinamento verso l