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Il bene giuridico è un criterio per l'interprete. Dal momento che il
bene giuridico è un po’ il nucleo dell’atomo, è la parte sommersa
della fattispecie, è inespressa, riconoscete questo nucleo
sottostante utilizzando la funzione metodologica del bene giuridico
cioè a seconda di dove sia topograficamente collocata, questo
ovviamente vale solo per i reati intra codicem e per tutta la
galassia di reati extra codicem il discorso, la chiave metodologia è
meno sensibile meno utile perché evidentemente non avete un
riscontro preorganizzato dove è già l’interprete qui a dover trovare
attraverso analogie l’apparentamento di una determinata figura
collocata extra codicem con altre intra codicem, che tutelino
determinati beni giuridici.
Essendo il dato inespresso all'interno della fattispecie del bene
giuridico l'interprete una volta che lo abbia ricavato lo utilizza come
criterio di interpretazione della fattispecie incriminatrice. In buona
sostanza per ricavarne rilevanti segnali, anzitutto della ratio legis; è
evidente che nel momento in cui io identifico l’oggettività giuridica
di una fattispecie identifico anche le ragioni per cui il legislatore ha
incriminato quel comportamento e nei limiti di interpretazione di
questa ratio legis orientata al bene giuridico sono in grado anche di
interpretare la fattispecie soprattutto sotto un profilo del suo
perimetro applicativo, cioè della possibilità di effettuare
quell'ermeneutica particolarmente delicata e anche particolarmente
pericolosa che è la così detta ermeneutica o interpretazione
estensiva della fattispecie.
Perché pericolosa e delicata?
Perché evidentemente esorbita dall’interpretazione puramente
formale e letterale della norma che anche normalmente è
l'interpretazione restrittiva, quella da preferirsi alla luce del
principio di stretta legalità, ma non è ancora evidentemente
interpretazione analogica, però vi confina pericolosamente . La
tensione di una norma penale e quindi dei limiti di punibilità di un
determinato comportamento o di una serie di comportamenti riesce
meglio se orientato o agganciato al bene giuridico tutelato. Con un
rischio però in sé; il rischio della fuga verso l'analogia.
L'aggancio ermeneutico al bene giuridico da un lato può essere un
freno, cioè il legislatore con questa norma ha voluto tutelare questo
bene x ; una condotta che in qualche misura sia leggibile tra le
pieghe del fatto tipico descritto che però sappiamo essere a tutela
del bene x che però palesemente non sia connesso a una tutela del
bene x; in altri termini condotta che in qualche misura è leggibile
tra quelle vietate con un’interpretazione analogica e non estensiva
ma palesemente è una condotta inoffensiva rispetto al quella del
bene x che io identifico come l'oggetto della tutela; questo mi
consente di scartarla e di dichiararla non punibile e questa è la
funzione garantistica in chiave ermeneutica del bene giuridico. Ma
allo stesso modo qui scatta l’ambiguità, l'aggancio al bene giuridico
potrebbe consentire fughe verso l'analogia nei limiti in cui si
cercasse di fare rientrare nello schema più rigido quel tipo
delittuoso. Sulla base del ragionamento in cui una determinata
condotta sembra esulare o comunque forzare il perimetro di tipicità
della norma x ma sicuramente aggressivo dello stesso bene
giuridico che tutela la norma che io cerco di forzare, ecco questo
uso ermeneutico del bene giuridico mi porta ad un risultato opposto
e non restrittivo della punibilità ma di fuga in avanti verso una
punibilità più ampia.
Questo fenomeno è presente nella giurisprudenza con due percorsi
ermeneutici distinti, ma entrambi in buona sostanza puntano allo
stesso risultato:
da un lato all'introduzione della categoria dei c.d reati
• plurioffensivi, cioè reati che aggrediscono più beni giuridici e
che quindi consentono l’ampliamento del loro perimetro di
applicazione mutando il bene giuridico di volta in volta offeso.
Dall'altro lato quell’ermeneutica che è chiamata, per esempio,
• a risolvere il problema dell’antagonismo tra concorso formale
di reato e concorso apparente di norme(2 norme in rapporto di
specialità tra cui quella con più elementi specializzanti
prevale).
Qual’è il principio in estrema sintesi che regola questa materia? Il
principio che la cassazione ha finalmente conquistato ma che a
volte si dimentica è il principio strutturale di confronto tra
fattispecie governate dal principio di specialità. Nella giurisprudenza
soprattutto in passato ma ancora tuttora in certe sezioni della
Cassazione proprio il recupero del bene giuridico serve a far saltare
questa chiave interpretativa appunto passando attraverso il
concetto di reati plurioffensivi quando si dice che queste due norme
sono dal punto di vista strutturale due norme in rapporto di
specialità, quindi dovrebbe prevalere la norma speciale però in
definitiva questo comportamento offende beni giuridici diversi e
quindi bisogna applicare due reati, non basta uno solo.
Esempio: truffa ai danni dello stato e frode fiscale, sono due norme
in rapporto di specialità per cui di volta in volta dovrebbe prevalere
l’una o l’altra a seconda che la frode sia all'interno del rapporto
fiscale o sia all'esterno, sempre fermo il concetto che il danneggiato
è sempre lo Stato. In passato pacificamente queste due condotte
sono state considerate concorrerenti tra loro. Solo di recente la
corte di Cassazione è intervenuta dicendo che solo una di esse si
può applicare proprio sulla base del bene giuridico; in definitiva si
diceva i beni giuridici sono diversi: da un lato il patrimonio sia pure
dello stato, dall'altro il rapporto di fedeltà fiscale tra contribuente e
Stato e quindi bisogna applicare entrambe le norme per una tutela
complessiva. Queste sono le criticità della tutela ermeneutica del
bene giuridico, ma ciò non toglie che il bene giuridico continua ad
essere una sorta di stella polare per l'interprete, per interpretare di
volta in volta le norme e per circoscrivere il perimetro.
Le due funzioni ora ricordate sono funzioni del bene giuridico
endosistematiche cioè sono tutte all'interno di un dato ordinamento
penale positivo, cioè seguono pedissequamente le scelte del
legislatore, le commentano e le organizzano in termini categoriali.
Critica:
3)
La terza funzione è l'unica esosistematica, che sta al di fuori e
prima dell'intervento di un legislatore positivo. È solo questa
funzione quella che ha un effetto e una validità legittimante o
deligittimante dell’opzione criminale-penale.
Essa è la verifica di determinate norme incriminatrici, di
determinate fattispecie incriminatrici date, positive esistenti
nell'ordinamento positivo ovvero di determinate pretese punitive,
cioè richieste di pena.
Esempi: da questo momento in poi occorre punire il teppismo da
stadio con pene severe configurando il reato di teppismo da stadio
(questa figura non esiste) oppure occorre incriminare condotte di
pericolose molestie alla persona sotto il nome di stalking. Fino a ieri
lo stalking non esisteva però c’era la pretesa punitiva di questo
reato. Attualmente, si dice, è opportuno punire tutte quelle condotto
all’estero note con il termine mobbing. Esiste nel nostro
ordinamento? non esiste però ci può essere un’opzione punitiva.
Questo è l'oggetto della verifica:
la funzione critica del bene giuridico interviene in questi termini:
data una noma punitiva esistente ovvero un opzione punitiva
richiesta è compito di un entità esosistematica, di un osservatore
esterno al sistema penale vigente che non si identifichi con quello
del legislatore vigente, che verifichi due cose:
identifichi il bene giuridico che attraverso questa richiesta
punitiva si vuole tutelare
e se questo interesse in cerca di una legittimazione come bene
sia legittimato ad assurgere a bene giuridico penalmente
tutelabile.
Questo comporta evidentemente una dialettica che rispetto alle
altre due funzioni non c'è. Cioè una verifica di legittimazione, un
freno alla libertà di scelta da parte del legislatore.
Due problemi che ne conseguono:
1) chi è legittimato a fare questa verifica?
2) qual è la tavola di raffronto?
Se noi facciamo un ragionamento di omologabilità di una
determinata entità a una certa categoria: un dato x può entrare
nella categoria y, cioè è omologabile per la categoria y, dobbiamo
aver preindividuato le caratteristiche fondamentali di quella
categoria, cioè quali sono i criteri che distinguono il bene giuridico
da ciò che in termini penalistici bene giuridico non può essere
considerato.
Primo quesito, chi è legittimato a fare questa verifica a parte il
giurista come tale in termini di analisi di politica criminale. Nel
nostro sistema c'è un attore sociale che ha questo potere ed è la
corte cost. che lo ha fatto pochissimo. Questo è l'attore
istituzionale. Un secondo attore è l'unione europea, che utilizza il
concetto di bene giuridico e di necessità di tutela come strumento
di valutazione anche critica delle scelte di criminalizzazione dei
singoli ordinamenti consociati. Questo è un attore che entra in
scena di recente.
La comunità sociopolitica a sua volta è legittimata(funzione
legittimante del consenso sociale).
Sono attori che dicono la loro in chiave critica del bene giuridico.
Secondo quesito : in che misura questo topos del bene giuridico può
assurgere a una funzione critica. In che misura deve essere definito,
qual’è la tavola di valore che lo condiziona. Il dibattito è stato
complesso in Italia e Germania.
Punto di riferimento essenziale(anche nel dibattito americano) è di
nuovo la carta costituzionale cioè le singole tavole di valori
cristallizzate all'interno della carta costituzionale, che hanno questi
due vantaggi:
Hanno rango espresso, esprimono dei valori e dei diritti
1. espressi da fonte suprema non ulteriormente criticabile se non
alla base. È criticabile la tavola di valori della corte
costituzionale? Non è criticabile salvo tramite la grundnorm
kelseniana, fonte di tutte le norme dell'ordinamento.
La tavola di valori costituzionali, oltre a esprimere nuclei di
2. diritti valori o di valori, in s