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I REATI SENZA OFFESA A BENI GIURIDICI

Essendo il principio di offensività un principio di rango costituzionale, ne segue il vincolo per l'interprete a

ricostruire in conformità a tale principio tutte le norme incriminatrici, ed in particolar modo quelle che sembrano

discostarsene. Ove invece la norma non si presti ad una interpretazione in conformità alla Costituzione, non rimarrà

che prendere atto della sua illegittimità costituzionale.

Varie sono le classi di reati sulle quali grava un'ombra di illegittimità costituzionale per violazione del principio di

offensività:

1. In alcune ipotesi il legislatore avrebbe operato un'inammissibile anticipazione della tutela; svuotando i

fatti incriminati di ogni contenuto offensivo (reati di pericolo astratto; reati di pericolo indiretto; reati di

possesso).

Bisogna distinguere tra reati di danno e di pericolo. I primi comportano la lesione del bene giuridico

tutelato, i secondi l'esposizione a pericolo di tale bene. Bisogna distinguere tra:

a) Reati di pericolo concreto . Sono quelli in cui il giudice deve accertare nel singolo caso concreto

se il bene giuridico ha corso un effettivo pericolo. Si tratta di un giudizio prognostico ex ante in

concreto. Il giudice dovrà tener conto di tutte le circostanze presenti al momento in cui si è

compiuta l'azione o si è verificato l'evento.

Es. scienziato vuole uccidere collega. Veleno in condotto aria. Perito deve accertare

l'effettiva pericolosità della sostanza. Se per errore veleno entra in circolo di notte, no

pericolo incompatibilità pubblica, no strage.

b) Reati di pericolo astratto . Reati nei quali la sussistenza del pericolo non deve essere accertata

dal giudice, ma è il legislatore, che, sulla base di leggi di esperienza, ha presunto che una classe

di comportamenti è, nella generalità dei casi, fonte di pericolo. I reati di pericolo concreto sono

pacificamente conformi al principio di offensività i reati di pericolo astratto, nelle cui previsioni

rientrano anche fatti concretamente inoffensivi. Ai reati di pericolo astratto si rimprovera di

contrabbandare sotto uno schema apparentemente imperniato sull'offesa a un bene giuridico,

un tipo di illecito penale nel quale si reprime in realtà la mera disobbedienza a un divieto o a un

comando legislativo, o addirittura un mero sintomo di pericolosità individuale.

Alcune figure di reato sono descritte dal legislatore con termini il cui significato è così pregnante, da

consentire già sul piano letterale la selezione come fatti penalmente rilevanti dei soli comportamenti

concretamente pericolosi.

Art. 423 c.p. - Incendio. 1. Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.

2. La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per

l'incolumità pubblica.

Il carattere pregnante dell'espressione incendio è tale da inglobare l'esposizione a pericolo di un numero

indeterminato di persone, da accertarsi con riferimento al caso concreto.

Art. 430 c.p. - Disastro ferroviario. Chiunque cagiona un disastro ferroviario è punito con la reclusione da cinque a quindici

anni.

Art. 438 c.p. - Epidemia. Chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l'ergastolo. Se

dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte.

La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1 del D.Lgs.Lgt. 10 agosto 1944, n. 224.

La doverosa interpretazione della norma incriminatrice come strumento di tutela dei beni giuridici

impone di utilizzare il bene giuridico quale criterio per estromettere dal tipo legale i fatti concretamnete

effettivi.

Art. 443 c.p. - Commercio o somministrazione di medicinali guasti. 1. Chiunque detiene per il commercio, pone in

commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non

inferiore a euro 103.

Ove il legislatore, per un uso scorretto della tecnica legislativa, non dia espresso rilievo nella norma

incriminatrice al pericolo per il bene di volta in volta tutelato l'interprete è tenuto, in base alla

Costituzione, a porre in risalto il bene giuridico, espellendo dal tipo legale i fatti non pericolosi.

Non sempre è possibile al legislatore nella formulazione della norma incriminatrice o al giudice in via

interpretativa inserire nella fattispecie l'elemento del pericolo concreto. Ove questa possibilità sia

preclusa, il ricorso da parte del legislatore allo schema dei reati di pericolo astratto è obbligato: non si

tratta perciò della repressione di mere disobbedienze o di personalità pericolose, bensì dell'unica forma

possibile di protezione dei beni giuridici.

La forma del pericolo è l'unica praticabile allorchè la presenza nella fattispecie del pericolo concreto è

interdetta dallo stato delle conoscenze scientifiche.

Vi sono beni collettivi (es. beni ambientali) che per le loro dimensioni, non possono essere lesi da una

singola condotta se non in casi del tutto eccezionali. Di regola, la lesione di quei beni può essere il

risultato di attività seriali, cioè del cumularsi di una molteplicità di condotte.

Se il legislatore si attenesse allo schema dei reati di dannno o di pericolo concreto, la tutela penale di beni

giuridici di grande importanza verrebbero irragionevolmente confinata ad ipotesi eccezionali. L'unica via

per assicurare a quei beni una protezione penale a largo raggio.

Il ricorso del legislatore allo schema dei reati di pericolo astratto è conforme al principio costituzionale di

offensività, non segnando alcuna frattura con il modello del reato come offesa ai beni giuridici: le norme

che configurano reati di pericolo astratto, ove la condotta tipica sia pericolosa secondo sicure regole di

esperienza, svolgono una specifica funzione di protezione di beni giuridici; il soggetto agente non viene

punito, quindi, né per una mera disobbedienza, né per una pericolosità soggettiva.

Il reato di pericolo astratto, per essere pienamente conforme alla Costituzione, deve rispecchiare una

effettiva regola di esperienza. Tutti i giudizi di pericolosità formulati dal legislatore soggicciono al controllo

di ragionevolezza imposto dall'art. 3 Cost.: e in effetti la Corte costituzionale ha sottolineato che nei reati

di pericolo astratto è riservata al legislatore l'individuazione delle condotte alle quali collegare una

presunzione assoluta di pericolo, purchè non sia irrazionale o arbitraria, ciò che si verifica allorquando

non sia collegabile all'id quod plerunque accidit.

Da tempo la dottrina ha individuato nella disciplina dei fatti tenui o esigui un problema fondamentale sia

per l'interprete che per il legislatore (esiguità quantitativa come indice di inoffensività del fatto).

L'interprete, facendo applicazione del principio costituzionale di offensività, deve individuare all'interno

dei reati di pericolo apparentemente astratto una soglia minima di offensività, al di sotto della quale vi

sono classi di fatti che, per la loro oggettiva esiguità, sono inidonei a offendere il bene o i beni tutelati.

È indubbio che dietro le norme incriminatrici che fissano secondo paramentri quantitativi la soglia della

rilevanza penale di certe condotte vi sono regole di esperienza che enunciano la normale pericolosità

delle condotte che oltrepassino quella soglia. La rigidità di norme così strutturate non ha impedito alla

Corte costituzionale di valorizzare il principio di offensività, indicando all'interprete la strada per

rimodellarle secondo lo schema del pericolo concreto.

L'offensività deve ritenersi di norma implicita nella configurazione del fatto; può verificarsi divergenza tra

tipicità ed offesa a causa della necessaria astrattezza della norma: in altri termini, l'utilizzazione di criteri

quantitativi rigidi può riportare a considerare sempre pericolosi fatti in concreto inoffensivi.

Questo scarto tra tipicità e offesa è senz'altro presente, secondo la Corte, in tutti i casi in cui l'eccedenza

rispetto al limite di tolleranza si presenti in termini quantitativamente marginali, o comunque modesti si

presenti in termini esigui. In questi casi rimane precipuo dovere del giudice di merito apprezzare, alla

stregua del generale canone interpretativo offerto dal principio di necessaria offensività della condotta

concreta, se la eccedenza eventualmente accertata sia di modesta entità così da far ritenere che la

condotta dell'agente sia priva di qualsiasi idoneità lesiva concreta dei beni giuridici tutelati e

conseguentemente si collochi fuori dell'area del penalmente rilevante.

In tali ordinamenti l'irrilevanza penale di classi di comportamenti solo apparentemente ricompresi entro

reati di pericolo astratto, ma così esigui da risultare inidonei a offendere il bene, si fonda ipotesi di reato.

Il principio di oggettiva esiguità è già presente e operante nel nostro ordinamento rispetto ai reati che

sono stati configurati secondo lo schema del pericolo astratto per sceltà legislativa, potendo invece il

legislatore adottare una formulazione aperta alla valutazione del pericolo da parte del giudice nel singolo

caso concreto. Anche in relazione ai reati di pericolo astratto per scelta legislativa, la lettera della legge

rappresenta soltanto il limite esterno imposto all'opera dell'interprete; entro questo limite, è il bene

giuridico che rappresenta il criterio selettivo indispensabile per individuare i fatti vietati, determinando

l'espulsione dal tipo legale della classe dei fatti che, per la loro oggettiva esiguità, sono inidonei a

offendere il bene o i beni tutelai.

2. In altre ipotesi il legislatore (esplicitamente: reati a dolo specifico – tacitamente: reati di attentato)

avrebbe rinunciato ad ogni reale offesa: il rapporto con il bene giuridico vivrebbe soltanto nella mente

dell'agente, come volontà di offendere.

Tali reati si caratterizzano in quanto la lettera della norma incriminatrice esige che l'agente si rappresenti e

voglia la realizzazione di un fatto con lo scopo di provocare un ulteriore evento, il cui verificarsi non è però

necessario per la consumazione del reato.

In alcune norme incriminatrici compare la formula “allo scopo di”, che assume diverso significato:

a) Finalità di azione od omissione .

b) Movente .

c) Carattere esclusivo della finilità dell'agente .

In alcuni reati a dolo specifico l'agente deve prendere di mira un evento dannoso o pericoloso il cui

verificarsi è un'eventuale conseguenza naturalistica dell'azione.

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
84 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flyinadream di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Paliero Enrico.